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HO PERDUTO IL MIO CORAGGIO


Io non ho mai chiesto molto alla vita, e dalla vita non ho mai ricevuto molto. Occasione sprecata o nessuna occasione da sprecare, non lo so, non ci penso. So però che non sono mai stato competitivo, se non con me stesso: la mia corsa la faccio su di me, e non farei a cambio con nessuno. Mi basta riuscire a tradurmi, esprimendo i miei stati d'animo con una accettabile approssimazione. Sono felice quando mi scopro soddisfatto di una pagina, e conservo lettere che non sacrificherei su nessun altare di gloria: non credo di conoscere altri che possano vantarle, e il merito, al 99%, è di chi me le scrive, non di me che le ricevo. Ogni tanto, qualche cretino mi provoca scomodando inesistenti “nemici giurati”. Ma io sono troppo pigro e troppo orgoglioso per provare invidie di sorta, sapendo poi i fili invisibili, ma non a me, che muovono certi burattini, conoscendo i prezzi, per me intollerabili, di arrampicarsi fino a una notorietà che anche solo sfiorare mi mise a disagio, sentendone l'odore di posticcio. Avrei potuto cavalcarla: non era quella che volevo. L'ho già scritto che mi piace perdermi nelle foglie? No, non farei a cambio con nessuno, ho troppo da scavare in quello che faccio e non so proprio come si possa desiderare di ridursi a proiezioni di chi si è (o non si è). Quello che se mai mi fa incazzare, e non poco, sono gli usurpatori, le pippe spacciate per talenti, i guappi di cartone che sono come quei pugili che gonfiano i muscoli ma in realtà tremano, scappano e nel giro tutti lo sanno. Per i pochi, pochissimi dei quali invece riconosco il valore, non c'è ombra di malanimo, tutt'altro: allora qualcuno che merita ciò che ottiene, ancora c'è. Ma, lo ribadisco, sono meno che pochissimi. Ho avuto anni tremendi, e un ultimo inverno che non so come non mi abbia soffiato via come una foglia polverizzata, e che non è ancora finito. Mi è servito per lasciarmi alle spalle le ultime illusioni, gli ultimi rimpianti, gli ultimi rompicoglioni; per decidere di rintanarmi nella mia assenza, da sociopatico, da sconfitto, quello che volete, ma finalmente libero, leggero, ritrovato. Il silenzio del tempo è amico mio, un discorso che oramai so capire. Il concerto delle piante è il canto mio e coi miei animali io so scherzare. Quanto sono cambiato! O forse sono tornato alla mia base, a quello che avrei sempre dovuto essere, io non lo so, non so più niente, se sia la fola della volpe con l'uva, questa che vi racconto, stabilitelo voi. Per quanto mi riguarda, le mie poche luci le ho spente praticamente tutte: ho dovuto accettarlo o imparare a farlo. Per esempio, certi incontri con i ragazzi, dei quali ho già parlato, che della lezione avevano giusto il nome, di didattico appena il pretesto: erano spettacoli, non molto diversi da quei reading che amavo fare, e per i quali ho pur dovuto capire l'antifona: se i presupposti non ci sono, è inutile a un certo punto incaponirsi, insistere. I miei modi umili e ambizioni di cercarmi compagnia sono andati, io ho perduto il mio coraggio: non è una tragedia. Solo che, ed è qui che volevo arrivare, a quelli come me, che si accontentano sempre, che colgono dal vuoto la gioia che rimane, vengono tagliati via pezzi d'anima e questo davvero non lo meritiamo. La scorsa notte l'ho spesa tutta a leggere, a un certo punto ho sentito freddo come a gennaio ed era giugno, ho alzato la testa ed era un nuovo giorno: il solito cielo livido con dentro un sole anemico. Mi sono sentito rapinato di una cosa che mi piace tanto, levarmi al mattino e trovare un sole caldo, quello giusto per la sua stagione. E qui davvero scendo in polemica col Padreterno, perché un povero cristo senza storia può fare a meno di tutto, se se lo merita, ma togliergli anche il sollievo più innocente, questa è davvero una divina cattiveria, l'indifferenza più sprezzante, come a dire: non puoi pretendere niente, non sei niente, non lo sento il grido dei tuoi occhi. A me rende la vita trovare il mondo acceso, sono una lucertola che alla luce calda si ricarica, il sole è tutto, forza, ottimismo, speranza. Me lo sono dimenticato. Ogni giorno mi alzo ed è già finito, un altro giorno sprecato, non vissuto, abortito. Ed io sento il mio coraggio che ancora una volta si rannicchia, chiude gli occhi, non chiede più niente come un gattino abbandonato e troppo debole.

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