Inverno,
maledetto inverno, quando ci lascerai un motivo per dimenticarti? Hai
lasciato le gemme sui rami incastonate in attesa della tua morte, ma
il cielo è di cemento e nel nostro cuore c'è la brina. Inverno,
dannato inverno, quandi ci lascerai un motivo per rimpiangerti? Resti
attaccato alla carne, nascosto nelle ossa, resti ad allagare l'anima
della tua umidità di palude, ti sei già mangiato una settimana di
primavera, sette giorni che non ti spettavano e la luce che ti sfugge
la ammazzi, così buia, così malata. Inverno, fottuto inverno,
quando ci lascerai un motivo per ricordarti? Sembra impossibile la
tua sconfitta mentre la nostra è cosa fatta, irreversibile,
definitiva. Non c'è modo di ascoltare una canzone alla radio, di
indugiare nel tramonto, di sentirsi rinascere dopo di te. Mai così
ostinato, mai così vorace e spietato, tu inverno passi ancora la
falce e raccogli foglie e respiri, sguardi e pioggia, e al mattino il
sole resta nascosto, il tuo vento l'ha soffiato via, la tua neve
avvelenata lo ha raggelato, le tue albe crudeli e immutabili non
lasciano scampo. Inverno, malinverno, che altro vuoi da questi
fantocci che siamo, con le tue cicatrici di ghiaccio dappertutto
sulla pelle, intorno alla bocca, negli occhi e nei movimenti e nei
capelli e nella mente che non sa pensare altro che a te, ammalata di
te, allagata di te?
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