Sotto
le piante a guardare le gemme ancora chiuse. Aspettandole come si
aspetta Natale o il proprio compleanno, con la trepidazione di un
bambino. Ne ho bisogno più di prima, e ne ho bisogno come non mai.
Non cerco altro che questo, la silenziosa poesia della natura che
scoppia in coriandoli colorati di vita che m'inondano. Sotto le
piante come un vecchio botanico, uno scienziato pazzo, indifferente a
tutto il resto, la gente mi spia, sorride, compatisce, non capisce
che solo questo risveglio cerco, solo questa vita fuori di me può
accendere la vita in me. Non ho mai visto un viale di piante
accendersi tutte insieme, dev'essere uno spettacolo che può anche
uccidere. Non ho altro che questo e non mi manca che questo, bevo il desiderio che mi nutre e mi
sento galleggiare mentre seduto su una panchina fermo questi pensieri
che non sono pensieri, sono sensazioni, ansimare dell'anima e cercare
con gli occhi qualche cosa che sta dentro, troppo ingombrante per
esserci davvero, troppo presente per non esistere.
Catturo
me.
Riporto
in me tutto il fuori di me che mi sconvolge. Resto immobile e volo
via, aggrappato alle mie impressioni, sospeso in un altrove da dove
mi osservo. Il mondo è vicino e remoto, coi suoi motori, con le
vanità dei passi. Li sento scorrere, ne scorgo le ombre, ma non li
seguo, non li amo, non sorrido per loro. Fuori di me, io sono
prigioniero di una gemma che domani esploderà scagliandomi nell'urlo
muto della gioia che niente potrà arginare. Neppure la vita.
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