Thyssen, la Germania
comanda. E la magistratura corregge se stessa. Da una sentenza
esemplare ad una che lascia senza parole. Ma con tante lacrime e
stavolta non sono vittimistiche le urla dei parenti dei morti,
stavolta la rabbia e la disperazione sono vere e pienamente
legittimate: non è questione dei sei anni in meno, ma della diversa
configurazione del delitto: non più omicidio volontario, ma una
leggerezza, per quanto pesante. Signori in toga, non la smetteremo
proprio mai con certo cavillare, non onorevole, sulla pelle dei
cadaveri? Giudicare imprudente chi permise una strage è comprensivo,
è offensivo, è uccidere di nuovo gli uomini arsi vivi, e uccidere
chi li piange. C'è o non c'è un problema giustizia, al netto della
faida con Berlusconi? Ma sì, rifatevi la verginità con lui, con le
sue festicciole con puttane di consolidata professione, con le sue
corruzioni a De Gregorio, sostanzialmente vere ma giudiziariamente
non sostenibili. Ma non è così che i piccoli Ingroia crescono? C'è
un dolore nel dolore, nel constatare la constatazione della
ingiustizia, della giustizia ingiusta, del braccio violento della
legge. C'è angoscia nell'angoscia di quelle urla dalla furibonda
impotenza. Per cosa? Per chi? Noi non crediamo alla colpa attiva,
“cosciente” dell'amministratore delegato di un massacro, è
qualcosa che ci lascia senza fiato, che ci fa sentire alla mercè di
uno Stato cinico, indifferente. Legale in modo molto, molto
discutibile.
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