Uno dei mestieri e dei
talenti in via d'estinzione in Italia è quello del poeta musicale.
Del paroliere. La musica popolare da noi ha espresso per decenni pezzi unici, dei quali non è necessario essere appassionati
(io lo sono), ma sul cui valore non è lecito discutere. Piccoli
capolavori in 4 minuti, irripetibili per gusto, fantasia, inventiva,
in una parola: il genius loci, quell'italianissimo artigianato delle idee, delle intuizioni che non si trova quasi più. Tra i
parolieri, Valerio Negrini dei Pooh se n'è appena andato, mentre giusto
un anno fa scompariva Giancarlo Bigazzi, probabilmente il migliore di
tutti. Mi sono divertito a prendere una canzone che fu un'occasione
sprecata, e che nelle sue sapienti corde liriche avrebbe potuto
diventare un successo. È un brano sconosciuto, di una quindicina
d'anni fa, lo cantava Umberto Tozzi ma il testo era di Mogol,
principe dei parolieri che però in questo caso, firma un
compitino da garzone, frettoloso e spoetizzato. Allora, per puro divertimento, e
perché quella del poetar suonando è una delle poche cose che ancora mi
mancano nel mio piccolo bagaglio di parole, ho provato a riscriverne le
liriche. Seguendo il gusto mio, naturalmente, ma con un occhio allo
stile di Bigazzi (che di Umberto Tozzi fu l'altra metà). Di seguito
metto il mio testo, sotto al quale riproduco l'originale. È solo un
gioco, e non gli ho dedicato più che una mezz'oretta distratta. Una sola
avvertenza. Nel brano inciso, l'introduzione è di un coro femminile
mentre nella mia versione parla, ovvero canta, solo e sempre il protagonista. La
storia è completamente diversa. Per chi avesse voglia di verificare
metrica e accenti, il brano si può ascoltare al link NAVI
SO CHE CAPIRAI
Amore mio ciao
Dimmi oggi come stai
Io scontento, no
Debbo dirti qualcosa però...
Nel mio mondo che non ritrovo più
Scavo e vivi tu, manchi e ci sei di più
Anche adesso sotto il temporale
Dei miei passi asciutti di parole
Non sai com'è fredda questa lapide
Del mio pianto si aprono le rapide
Non voglio stare ancora qui a parlare
Se la foto mi sembra sorridere
Via dal mio novembre fitto d'ombre devo
andare
Mi distrugge sai, il coraggio avuto mai
So che capirai, se ti dico che ora
lotterei
E lo specchio lo voglio guardare
Se lo spacco non potrò tornare
Fammi evadere dalla tua fotografia
Mi sorriderai, una volta ancora se puoi
Non voglio stare ancora qui a parlare
Prigioniero della mia voragine
Primavere senza glicine ho visto
passare
Raggi su di noi dell'amore gli occhi
tuoi
Macchie di poesia, fari per i marinai
Da domani sarò un altro uomo
Saprò meritarmi il tuo perdono
Raggi su di noi dell'amore gli occhi
tuoi
Macchie di poesia, fari per i marinai
Da domani sarò un altro uomo
Saprò meritarmi il tuo perdono...
----
NAVI
Questa nave va
Non si ferma proprio mai
Altre navi là luci rosse fra le stelle e noi
Questa nave va, non si ferma mai
Altre navi là incrociano intorno a noi
Quanta solitudine sul mare
Quanta voglia fragile di amare
Non si ferma proprio mai
Altre navi là luci rosse fra le stelle e noi
Questa nave va, non si ferma mai
Altre navi là incrociano intorno a noi
Quanta solitudine sul mare
Quanta voglia fragile di amare
Chiusi in una bolla impermeabile
Sospinti da quel vento imprevedibile
Ma come fare a credere a sperare
Batte dentro al petto inesauribile
Un palpito normale questa musica vitale
La nebbia si alzerà e andrà via vedrai
Limpida oramai questa notte è più chiara sai
Luccica la luna sopra il mare
Ora puoi tornare a respirare
Mai più sola mai te lo giuro non sarai
Ancorata a me solo quando la tempesta c'è
Ma come fare a credere a sperare
Chiusi in una bolla impermeabile
Vedere il mare grosso che ti assale fa un po' male
Mai più sola mai te lo giuro non sarai
Qui vicino a me un piccolo riparo c'è
Quanta solitudine sul mare
Quanta voglia fragile di amare
Mai più sola mai te lo giuro non sarai
Qui vicino a me un piccolo riparo c'è
Quanta solitudine sul mare
Quanta voglia fragile di amare...
Commenti
Posta un commento