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IL MIO MARE FINISCE QUI

Colpa mia. Che ci avevo creduto fino in fondo. Che avevo promesso tante emozioni. Che avevo scordato dove vivo. Non si può fare una cosa come la nostra con metà gente che urla, che ride, che si comporta come in una bettola. Provocatori, ubriaconi, nullità che rendono tutto impossibile. E così, sarebbe stato meglio non scomodare nessuno a cominciare da Paolo. E né lui né io siamo in condizioni di poter perdere tempo, energia e ulteriore salute. Mi sono sentito dire che “parlo solo di morte, quando ammazzano due donne al giorno”. E a dirlo è stato probabilmente qualcuno che la sera, in mancanza d'altro, va a puttane. A quel punto si era già oltre il surreale (come ha commentato più di un ascoltatore tra il pubblico, sconvolto), si era al delirio puro e sarebbe stato anche più delirante fermarsi a discutere. Io avevo da offrire le cose che vado proponendo dappertutto, da anni. Storie di suonatori di blues derelitti, della vita che sale dalla morte, di anziane sole che ricordano una valle, di lupi dolci e feroci che gli uomini non sanno onorare, di gattini che tornano in paradiso, dell'angoscia di una coppia che in un centro commerciale non può comperarsi neppure un piccolo sogno, di ballerine massacrate e azzoppate perché sono travestiti, dello sguardo profondo come un lago che sempre hanno gli ultimi... ed altre ancora, che non c'è stato modo di leggere. Storie successe veramente, lette dappertutto. Ma qui non aveva senso, il rumore copriva tutto, perfino il suono che usciva dalle casse. Chi doveva intervenire non ci ha affatto tutelato. Ci è stato risposto che “tutti possono entrare”, e non è vero o almeno non si risolve così. Ci è stato detto che non dovevamo “guardare negli occhi” la teppaglia che ci minacciava, che provocava, e davvero se ho lasciato perdere, se sono riuscito ad impormi rassegnazione, è solo perché lo ha preteso Benvegnù, al quale non potrei mai dire di no. Lui ha mediato, probabilmente mi ha salvato perché i vigliacchi, le nullità non viaggiano mai soli. L'unica cosa positiva, di tutta questa faccenda, è che proprio Paolo, mio fratello acquisito, ha capito in due ore quello che non ero mai riuscito a fargli capire in anni: dove è, cosa è la mia vita. Per inciso, nessuno dei due ha visto un euro di quanto pattuito. Ma Paolo preferisce non avere neppure un pretesto per ricordare certi luoghi, e forse, ancora una volta, ha ragione lui. Colpa mia. Però, siccome io sono uno che le sue colpe le sconta, allora basta. Basta rompersi i coglioni e soprattutto rompere i coglioni. Basta scomodare un fratello che viene e va nottetempo, distrutto, e tanta, tanta gente che arriva da ogni parte, e riempie un locale e non capisce, davvero non capisce. Doveva essere un Natale cupo, alla Tom Waits, ma anche con tanto calore. Quella luce negli occhi, piena d'amarezza in tutti, non la dimenticherò. Colpa mia. Basta con tutto, dappertutto e una volta per tutte. E questa volta senza ripensamenti. Il mio mare finisce qui.

Commenti

  1. mi dispiace molto, ma non devi mollare. un'altra platea è possibile. e non sto scherzando. ho appena ricevuto una telefonata da una signora incontrata per caso a Intanto l'anno scorso, che mi ha detto cose bellissime. i doni arrivano, certo, inaspettati, ma arrivano.
    che si fottano i rozzi e i maleducati

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  2. Pensi che il vecchio Tom si sarebbe dileguato davanti a qualche vigliacchetto ? E allora ?
    Avanti, un'altra piazza ,altra gente. Tu vai avanti a parlare il tuo blues.
    Mentre ti scrivo sto ascoltando Blind Willie Johnson e l'impressione è che questo canti prima di tutto per se stesso.
    Hai incontrato qualche contestatore o spirito contrario ? Beh ? Allora? Sai che novità.

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    1. No, non è certo questo. E' constatazione della mancanza di senso e di alternative. Qui, dico da questo posto in cui vivo da 28 anni, il Fermano, è impossibile tirar fuori qualsiasi cosa. Non c'è niente, non c'è correttezza, non ci sono i presupposti. E mi sono stufato di sbatterci l'anima. Detto questo, c'è un problema più grande, più serio. Non posso andare avanti a "parlare il mio blues" (immagine stupenda, della quale ti ringrazio). Senza, per carità, volermi accostare a Tom Waits, o a chicchessia, penso sinceramente che quello che propongo abbia fatto il suo tempo: un tempo che non è mai venuto. Io parlo di mari di dolore, che sta dentro, che esce fuori, posso raccontare il grottesco di un reparto ortopedico dove una vecchia suonata prima urla "Porco Dio" (scena epilettica di un cialtrone che tutto era meno che un cattolico, pareva più un magnaccia, e ne ha approfittato per andar via senza pagare), e poi piangere per un gattino al quale scoppia il cuore. Io non mi vergogno di piangere, di ridere, di inveire in scena. Credo in quello che scrivo, perché quello che scrivo è tutto vero. Io sono un violento in scena. Ma questa violenza, mi accorgo, non piace. Turba, sconcerta. Indispone. Rende aggressivi. A prescindere dal suo valore - sono convinto che ne abbia, ma non è questo il punto. Chi c'è va a casa ferito, oppure diventa a sua volta violento con me. Perché questa mia è violenza dei sentimenti. Oggi viviamo in un'epoca inzuppata nella violenza, ma di tutt'altro genere. Da romanzo pulp, da film di Tarantino, da fumetto. O da telegiornale. Non dico sia peggiore, è solo diversa. Le cose che propongo io, così come le propongo io, danno un gran fastidio, e non mi riferisco alla faccenda di ieri notte. Lo danno in genere. La gente, anche giovane, si nutre di dischi oscuri, di libri cupi, ma a sentire uno che vive questa roba, che la vomita in faccia così, non è pronta. Forse ha ragione la gente. Di questo ho dovuto prendere atto.

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  3. per quel poco che vale, ti mando, da lontano, il mio abbraccio. e mi associo ai commenti di chi mi precede. al diavolo i bifolchi.
    vit.

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  4. Tu parli, nello specifico, del Fermano,ma posso assicurarti che dalle mie parti ,provincia di Cremona , non è tanto differente.Il fatto è che ognuno è quello che è , e non ci si può fare quasi niente.Chi minaccia e provoca senza voler affrontare anche un breve contraddittorio risponde alla propria debole natura di vigliacco,sperando magari di restare nel tempo e nei ricordi dei presenti ,come quelli vanno ad una "festa" per rovinarla. Chi come te sente il bisogno di scrivere e rendere noti i propri pensieri risponde alla propria natura di osservatore (e rompiballe) che anche se smettesse continuerebbe mentalmente.Si,sei un rompicoglioni,ieri probabilmente sei stato il loro "Grinch",il mostriciattolo che rovina i natali.

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    1. Vero (e lusinghiero per me, ti ringrazio). Ma commento di Paolo, ieri notte, a casa mia, dopo la serata assurda: "Massimo, adesso ho capito. Qui c'è gente davvero cattiva. Come puoi resistere? Mai più. Scusami, sei un fratello ma io qui non voglio starci un altro minuto". E se n'è andato, alle 4 passate. Paolo conosce ogni angolo d'Italia, ha suonato in ogni posto.

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    2. Mi dispiace Max, mi dispiace davvero. Ti abbraccio forte, anche se forse non serve a nulla.
      Michele Trotta.

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    3. Un abbraccio serve sempre: e lo ricambio.

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