IL
CESTO
Voi
lo vedete che non si salva più niente. Che dove peschi, trovi ladri.
È un ladrocinio assoluto, non c'è oasi di normalità, solo pantano,
fango, melma. Voi lo capite, che quanto affiora nel Lazio, in
Lombardia, sono solo punte emerse di una malavita sotterranea come
una falda criminale. Non dubitate, che così è in ogni singola
regione, provincia, comune, circoscrizione, villaggio. Non è più
possibile salvare niente, bonificare niente. È tutto andato troppo
oltre, troppo incistato, troppo metastatizzato, troppo geneticamente
modificato. È tutto irreversibile. Noi stiamo qui, a sperare neppure
sappiamo più cosa, a constatare, a fingere di disperarci, ad
accettare tutto, e tutto continua e tutto peggiora oltre
l'incredibile. Oltre l'impossibile. Voi lo sapete, che non cambierà.
Nessuna palingenesi, nessuna pulizia. Nessuno si farà da parte, e
non avrebbe senso perché non è questione di pochi, o molti, ma di
un cesto di sole mele marce. Quelle stesse che forse siamo anche noi,
che certamente saremmo entrando nel cesto, che regolarmente
diventiamo una volta entrati. Troppi privilegi, troppa onnipotenza,
troppo di tutto nel cesto. E chi mai vorrebbe rovesciarlo e
svuotarlo? Basterebbe cancellare tutto, certo, dimezzare gli enti,
dimezzare chi vive di politica. E chi lo farà mai? Si continuerà
con l'omeopatia di qualche finto giovane, già più famelico e ladro
dei vecchi mentre inneggia all'onestà, alla legalità, pur che tutto
continui come prima. E continuerà. C'era una scritta storta, a
pennarello, su un muro, ieri: “Se votare servisse a qualcosa non ce
lo farebbero fare”.
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