Passa ai contenuti principali

GIUSTIZIA DI PIAZZA

Guarda che faccia che ha

GIUSTIZIA DI PIAZZA
Ne parlerò sul Faro, da una diversa prospettiva, ma due parole, dato anche quello che faccio, l'attualità le impone a ferro caldo. Sallusti, naturalmente, non andrà in galera anche se adesso si atteggia a martire - dal suo punto di vista, fa bene: ha subito una ingiustizia odiosa (e pericolosa), è comprensibile che tenti di volgerla a suo vantaggio, chi non lo farebbe? La casta dei giudici, da parte sua, ha commesso uno svarione formidabile, tipico di chi si crede molto intelligente e non si accorge che la sua presunzione la sta perdendo. Perché questa sentenza, che non vuol riconoscere neanche le attenuanti, sa di rappresaglia anche al più sprovveduto dei cittadini, e non basta cavarsela ironizzando sulla faccia di Sallusti (belle quelle di molti colleghi), sul suo berlusconismo, sul giornale che dirige, sulle Santanché che si scopa. È con tutta evidenza una sentenza contro uno dei pochi direttori che, a ragione o a torto, diciamo pure per ragioni di “bottega”, non pratica atto di sottomissione alla casta giudiziaria. Sottomissione che assume le tinte virtuosiste di tutela della democrazia: senonché Travaglio non difende i giudici (né questo dovrebbe essere il suo lavoro) ma difende i suoi amici giudici. C'è una bella differenza. Lui difende, sostiene, gli amici di ombrellone e di verbale. E questa sentenza darà un'altra insperata mano a Berlusconi, aumenteranno quelli che dicono che lui è un perseguitato e l'Italia un paese di merda e la cosa grave è che tanto accanimento è per l'appunto accanimento, che non si giustifica in una prospettiva democratica, che c'è una sproporzione tra il fatto e la “punizione”. Se i giudici con questa sentenza volevano punirne uno per educarne cento, rischiano di ottenere l'effetto opposto: ne “diseducano” migliaia, li allevano al culto di una sfiducia che d'altronde va compresa, atteso che uno che stermina la famiglia, un pirata della strada che fa fuori persone come birilli, in galera ci restano poche ore o neanche ci passano, e un direttore che copre un suo collaboratore rischia un anno e due mesi di carcere. Senza nessuna clemenza. Una condanna così, in Italia, non la sconta neanche un pedofilo conclamato. La cosa più grottesca, è che adesso gli stessi magistrati tentano di metterci una pezza. Se sono davvero convinti che giustizia dovesse essere fatta, e a quel modo così antitaliano, così drastico, perché non vanno fino in fondo? Temono, anche loro, la piazza? E se i giudici considerano la piazza più del codice o della decenza, come sempre più spesso pare constatare, quanto possono restare tranquilli i cittadini? I tifosi, quelli che valutano l'equità del diritto a seconda delle posizioni politiche, dovrebbero provare a mettersi, classicamente, nei panni. Non pensare “è un infame, gli sta bene”, ma “potrebbe capitare anche a me”.

Commenti