Non c'è vita senza musica |
UN CONCERTO
L'altro sabato era
l'ennesima giornata esangue di un periodo esangue e volevo rintanarmi
in casa a rifiutare il mondo, poi alla fine ho convinto me stesso a
partecipare al piccolo saggio musicale in cui era coinvolto mio
fratello. Che a 43 anni ha deciso di rimettersi a studiare musica,
secondo un metodo innovativo. Mi ricordo le nostre lezioni da
bambini, nozioni faticosamente messe insieme per lasciarle quasi del
tutto evaporare. La vita toglie più di quanto non consegni, a volte.
Ma lui voleva ricominciare, e a Fermo ha trovato un Maestro, Guido
Mallardi, giovane, più giovane di lui, che prometteva di tirargli
fuori la musica che non sapeva di avere. E siamo andati.
Sotto alcuni gazebo
profumati alla citronella, per tenere lontane le zanzare, ho visto.
Ho sentito. Ho assistito allo spettacolo di un bambino di pochi anni
che inventava una acerba ma convinta melodia. Di una bassista
elettrica di 12 anni. Di una barista che nel tempo libero suona Bach
(e compone). Di un pianista dilettante con un tocco straordinario e
un sorriso contagioso e stralunato che ricordava Tom Waits. Di una
ragazza che pareva gelida e invece aveva un fuoco dentro. Di un altro
ragazzino, quindicenne, musicalmente ispirato dalla Bibbia. Di una
improvvisazione jazz tra il Maestro pianista, la bassista dodicenne e
mio fratello, che mai si era seduto a una batteria. E poi ancora di
mio fratello che mi ha commosso con un tema di poche note. Lì ho
capito che il metodo di questo Maestro era una cosa seria, perché
mio fratello ed io ci siamo sentiti strimpellare milioni di volte, in
quasi 40 anni, ma era la prima volta che io da lui sentivo un pezzo
vero, fatto e finito, con una personalità, vorrei dire quasi una
coscienza di sé.
Sto dicendo che ho
assistito ad uno spettacolo vero, ingenuo, appassionato, commovente,
serio, difficile, preparato, aleatorio. Con momenti diversi. Con
atmosfere che si succedevano. Con momenti di follia e di poesia.
Presentato dalla moglie di Guido, Elisa. Ricavato in un garage
trasformato in palcoscenico. Quelle favole minime, che minime non
sono, che non ti aspetti, che forse solo lontano dalle allucinazioni
delle metropoli puoi ancora vivere, che ti fanno sospettare che la
vita non sia tutta in un computer, in un'attesa sprecata, in un'altra
giornata esangue. C'era più vita nell'abbracciarsi di quei
dilettanti, meno che dilettanti a volte (mio fratello stesso
partecipa da due mesi appena), che si congratulavano, si disperavano,
si incoraggiavano abbracciandosi, che in tante rutilanti liturgie del
nulla. D'incanto c'è bisogno, e di musica vera. La musica è una
forza immensa, gigantesca. La musica cambia le anime e cambia gli
uomini. La musica può perdere gli uomini e renderli migliori. E
questa scuola, il cui metodo vi rimando a scoprire nel sito della Scuola ma soprattutto a verificare personalmente, che vi troviate a Fermo,
a Civitanova Marche, a Macerata o nei rispettivi paraggi, debbo
ammetterlo, è riuscita a sorpendermi. Per l'entusiasmo, i risultati
e quella miscela di rigore e familiarità.
Sono tornato a casa con
le farfalle nel cuore, e una aveva il colore della tenerezza, una del
rimorso (quanto tempo spreco a compiangermi) e una della curiosità:
quasi quasi, a settembre mi iscrivo anch'io.
E DAI!!!!
RispondiElimina:-)
non vedo l'ora di fotografare anche te al prossimo saggio ;-)
e poi, chissà... magari mettete su un duo
e chissenefrega dell'età
un abbraccio di cuore per le tue parole. ti rilancio subito tra i miei contatti
Caro Massimo, ti segnalo questa pagina http://metodo-brainarm.webnode.it/opinions/
RispondiEliminain cui abbiamo pubblicato il tuo articolo "Un concerto" dopo averlo tradotto in inglese.
Spero ti farà piacere.
Un saluto. Con stima.
Guido