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MI SCOPRIVO

Diventare pozzanghera io stesso

MI SCOPRIVO
In questa primavera che non c'è ancora debbo andare a cercare un regalo e ne approfitto per perdermi un po' con mia moglie. Arriviamo a San Benedetto del Tronto, che è un paese già grande, con alcuni viali centrali adornati dalle celebri palme e da negozi di tutto rispetto. Ma i negozi sono vuoti, che tristezza guardarli. Le commesse, dentro, che si annoiano, inutilmente sexy. I proprietari che escono fumando rabbiosamente il sigaro. Anche le librerie sono semideserte o proprio disertate, non parliamo di boutiques e gioiellerie. Sarà l'orario non proprio da shopping, ma la sensazione è che il giro delle spese sia morto da un pezzo, che anche il commercio di fascia alta sia in prognosi riservata. Osservo la gente, quelli della mia età ancora imprigionati nei piumini, nei cappotti pesanti, nelle sciarpe che li strangolano. Le ragazzine invece più sono giovani e più si spogliano, le tettine che occhieggiano da magliette sottilissime, una cartavelina, i jeans leggerissimi che ovviamente scoprono la biancheria intima, anche se la mania dei pantaloni con vita sotto al culo mi pare un po' tramontata. Resto colpito dalla soave stupidità con cui ragazzotti e fanciulle sfidano gli ultimi rigori, in una irragionevole pretesa estiva. “Marzo, adagio; aprile non ti scoprire”, me li risento ancora nelle orecchie, con la voce di mia madre, questi detti consunti che mi esasperavano: ci vedevo un sadismo genitoriale, inutile che t'illudi, che vai sperando con la tua gioventù incontro al primo sole: finirai per bruciarti, perché la vita è solo una promessa tradita.
E per dispetto mi scoprivo di più, non ammettendo con me stesso di rabbrividire. Il sole di marzo è traditore, sembra tiepido ma non scalda, in giro è un'ecatombe di gente fregata da malattie respiratorie, antibiotici a pioggia, convalescenze infinite a guardare la primavera che sboccia oltre il vetro. Mi scoprivo, amando particolarmente girare per la città sotto il temporale senza riparo. Mi faceva sentire più libero, più incosciente e di libertà mi sono sempre drogato, la libertà non dagli obblighi, dai doveri, anzi, ma come sensazione inebriante, stato interiore, dimensione privatissima. Ero libero di immaginarmi libero, la pioggia sulla testa era la mia fuga dalla realtà, la bugia che recitavo a me stesso, il mio trasformarmi in un eroe da fumetto, il salutare la bella stagione attesa per mesi. Anche se la bella stagione non c'era.
Quante volte sono tornato a casa come avessi ricevuto tutta la pioggia del cielo, come appena riemerso dal mare, zuppo e gocciolante come un gatto felice. Il massimo era una intera partita di pallone nella tempesta, quello sì che era eroismo. E guai a farmi vedere il phon, se non mi asciugavo naturalmente non ero un uomo. Operazione che in inverno poteva non finire mai, e infatti ancora il mattino dopo il cuscino era fastidiosamente umidiccio.
Adesso, naturalmente, ne pago le conseguenze. Tutte, e qualcuna di più. Ho fatto l'abitudine ai reumatismi, la mia impalcatura d'ossa dev'essere un palazzo fatiscente, finirò per sbriciolarmi di colpo e di me resterà polvere. Inoltre mia madre infierisce sui miei poveri capelli che hanno assorbito spavaldamente tutti gl'inverni di una vita: “Perché non dici a Claudia di farti una bella tintura, non di quelle aggressive, che poi si vede che sei finto, giusto un biondo castano, tanto per coprire tutto quel grigiume?”. “Ma mamma, dovrei mettermi in testa uno scopino di merda?, e poi non mi frega niente dei capelli grigi, fossero questi i problemi”. Ma mia madre non si rassegna. Io invece sì, se mai mi tingessi i capelli non sarebbe per bluffare sulla mia età, per riavvolgere il tempo ma solo per vedere l'effetto che fa, così come si indossa un vestito, un tatuaggio o un orecchino. Non ho preclusioni di sorta, è solo che non mi attira e colorarmi per accontentare mia madre sarebbe una costrizione, una rinuncia alla mia libertà.
Ridiventare giovane poi per cosa? Per scoprire che non serve, che non ce la fai? Per correre dietro alle ragazzine mentre tua moglie non ti vede (o ti compatisce)? Per correre ancora sotto l'acqua come nei miei quindici anni? Per rinunciare al dolore faticosamente messo insieme vivendo?
Eppure non riesco a non provare un sentimento controverso, di compatimento struggente, per quei fringuelli così scoperti, ingenui e insopportabili. Non per la loro età, ma per la loro incoscienza rosa.

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