Passa ai contenuti principali

L'URLO MUTO DEL DOLORE


L'URLO MUTO DEL DOLORE
Se ci fosse un giornale così, vorrei scrivere solo di chi soffre. Perché chi soffre vive, e chi vive è destinato a soffrire. Vorrei scrivere della gente che ho visto negli ospedali, nei reparti psichiatrici, in quei manicomi che sono le strade di ogni giorno, nei reclusori chiamati comunità, nelle galere che spesso sono le case. Vorrei raccontare i sommersi che mi hanno raggiunto da un carcere o semplicemente dalla prigione della propria vita.
Vorrei scrivere dell'urlo muto del dolore, della disperazione sommessa, del mondo visto dietro il vetro tremolante delle lacrime. Non perché mi piace, ma perché non lo fa più nessuno. È diventato un insulto, l'unica mancanza di pudore che non viene perdonata. I sentimenti di chi affoga sono stravolti e dirottati, sono sempre più in funzione di qualcos'altro. Servono a fare soldi, purtroppo col consenso, quasi sempre, di chi li prova, e non sa cosa sta facendo, cosa gli fanno fare. Io vorrei raccontarli per quelli che sono, in tutta la loro nuda oscenità e nobiltà. Chi soffre ha sempre lo stesso volto, gli stessi occhi, sia un uomo o una bestia.
Ma di spazi così non ce n'è. Se mi azzardassi a proporli, mi caccerebbero subito. Forse chiamerebbero un'ambulanza per me. Non fanno notizia queste cose, si dice. Non fanno notizia da nessuna parte, mentre le notizie sarebbero la politica, il sesso, il gossip. Se una puttana chiamata showgirl scende dalle scale mostrando l'inguine, i giornali si riempiono di cronache su quel particolare tipo di mutande che non appaiono, e chi le ha inventate diventa ricco, viene quotato in Borsa. La missione dell'informazione è compiuta: una messinscena, la pubblicità, i soldi che girano. E ce n'è per tutti. Cosa volete che importi il dramma di uno che si lascia andare?
Più notizie, si ripete ossessivamente, sempre di più, le tecnologie sono qui apposta. Più notizie, per essere liberi. Liberi d'impazzire per cose vuote, false, alle quali anche io debbo adeguarmi. Cerco di proporre punti di vista non confortevoli, non rassicuranti. Ma la verità è che non ne ne frega niente e invece dentro scoppio della commozione che ho attraversato e mi attraversa.
Ho conservato tutte le lettere e i messaggi ricevuti negli anni. Parlano sempre di dolore. Alcuni sono incredibili, e non penso di meritarli. Ma sono così sublimi, nella loro sincerità ferita, che non rinuncio a leggerne qualche stralcio nei miei reading, ormai sempre più rari. Vedo la gente crollare, sempre, sempre. Perché quegli sconosciuti sono loro. Quelle voci sono le loro, anche se è la mia a cucirle insieme, facendole evadere almeno per un attimo.
Vorrei esistesse un giornale disposto a raccontare la tenerezza della rinuncia, lo strazio di chi non ce la fa più, la dignità di chi si arrende, anche se forse non lo leggerebbe nessuno, perché non si possono sempre mangiare lacrime.
Ma se un giornale così non esiste, chi raccoglierà lo sgomento?

Commenti

  1. ci sono sempre certe aggggenzie che parlano de sociale...

    MADAMATAP

    RispondiElimina
  2. Magari tu vorresti un giornale, a me bastano le tue parole.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie. vorrei potere arrivare più in là, raggiungere più persone e allora mi basterebbe anche un blog.

      Elimina
  3. Massimo non esagerare, di dolore se ne parla in TV pero' subito dopo si ammazzano dal ridere...(...)

    RispondiElimina

Posta un commento