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KEITH RICHARDS NON C'E' PIU'


KEITH RICHARDS NON C'E' PIU'
E' da allora che lo osservo, come un figlio in ansia dopo la grande paura del 2007 quando rimase sospeso tra la vita e la morte per giorni. Non che non ci fosse abituato, ma quella volta forse è stata proprio fatale a Keith Richards, che non è tornato davvero più. Tre mesi dopo l'operazione a cranio aperto, sette placche di titanio per tenergli insieme il cervello, spappolatosi chissà come (la storia della caduta dalla palma non ha mai convinto nessuno), era già a San Siro a suonare: e ha concluso il tour come ha potuto, cioè in modo straziante. Certo, sempre lui: un altro se ne sarebbe stato buono in un letto a vegetare con mille tubicini che gli spuntavano dappertutto, Keith invece era lì a reggere cinquantamila persone sera dopo sera. Ma non era più lui. Quindi, troppi anni di vacanza, una autobiografia pluripremiata, anche se di un grand guignol un po' troppo autoreferenziale, e un futuro sempre più misterioso per i Rolling Stones, che intanto hanno raggiunto le loro 50 candeline. Quando e come spegnerle, però, è un altro discorso, che nessuno sembra conoscere e forse la causa sta proprio nell'impotenza di Keith. Che ogni tanto torna, per qualche comparsata estemporanea, e convince sempre meno. Già nello scorso tour era parso a volte stanco, in debito di ossigeno ancora prima dell'incidente. Dopo, aveva praticamente rinunciato a suonare mentre cantava, come se la mente non gli consentisse più le due cose insieme. E in questi anni, quando ha imbracciato una chitarra, è sempre sembrata un corpo estraneo, una protesi artificiale in un uomo che si era completamente fuso col suo strumento.
L'ultima apparizione è di ieri, il 24 scorso all'Apollo Theatre di New York per celebrare l'appena scomparso Hubert Sumlin. Keith Richards si è prodotto sia da solo, con l'acustica, che in compagnia di Eric Clapton. Ma, ancora una volta, ha fatto finta di suonare. Cantava discretamente, questo sì. Come il crooner che ormai ha imparato ad essere. Ma si limita a strimpellare, senza più vigore. Esanime. Nell'ultimo tour, da quel grande musicista che è, aveva imparato ad asciugare lo strumento, volgendo a proprio favore le penalità imposte dall'età, dall'artite reumatoide, dagli stravizi e da quella dannata, benedetta operazione al cervello. La furia lasciava il posto all'essenzialità delle poche note, ai passaggi rallentati e melodici, ad alcune astuzie di gran gusto ma di poca sostanza e, in ogni caso, perennemente ripetute, in modo inquietante, come se le mani altro non potessero fare. Adesso anche quell'ultima, disperata riserva sonora sembra essersi esaurita.
Keith Richards, quando suona, lo fa come un principiante e questo non ha più nulla a che fare col suo modo, scarno e personalissimo, di interpretare il blues. È pura impotenza e basta. Non lo dicono, nessuno lo scrive. Ma è sotto gli occhi di tutti. E mette una pena indicibile vederlo così, vedere il vecchio leone tutto bianco che finge di mettercela tutta, ma, di fatto, non riesce a spremere niente di ascoltabile. Le notizie degli scorsi mesi non sono interessanti: si è ritrovato col suo gruppo alternativo, gli X-Pensive Winos, per un nuovo album: ma poi non se ne è saputo più niente. Si è ritrovato con Ron Wood e Charlie Watts, per sgranchirsi un po' insieme, prima di Natale. Nessuna ripresa è trapelata, il che suggerisce prospettive allarmanti. Francamente, è difficile oggi pensare ad un ritorno dei Rolling Stones: non certo per un intero tour mondiale, ma neppure per un singolo concerto. Keith Richards non offre nessuna sensazione di potercela fare, sembra un musicista e un uomo finito. C'è qualcosa nei suoi movimenti, nelle sue rigidità, nell'espressione improvvisamente da vecchietto suonato, nel rispetto un po' eccessivo con cui lo guardano gli altri sul palco, nel suo modo di non-suonare, che è impossibile non vedere. È la pietà, che suscita oggi quest'uomo che è stato per 40 anni un demonio sul palco e nella vita. Non c'è rimasto più niente, Keith Richards non c'è più.
Io ho scelto di ammetterlo, gocciolando lacrime sulla mia tastiera.

Commenti

  1. difficile e bellissima dote trovare sempre le parole giuste, dote che ti invidio però pochissimo...
    Matteo Statale

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    1. io stavolta spero di sbagliarle, le parole. ma non m'illudo...

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  2. le tue, lacrime sulla tastiera. le mie , lacrime sulla chitarra ...

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    1. che debbo dirti? speriamo solo che il vecchio ci smentisca ancora una volta. ma mi pare impossibile. non avrei mai pensato di vederlo ridursi così, sopravvissuto a se stesso.

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  3. purtroppo anche io in questi ultimi anni ho dovuto constatare che le cose stanno così.hai detto tutto.. compreso il fatto che tutti quelli con cui suona sul palco lo guardano sorridendo e gli dicono bravo anche quando sinceramente non fa niente(c'è un nuovo filmato con costello) .
    sembra quasi che , da vero erede di chuck berry, stia ereditando anche i ltriste fine carriera. i concerti di chuck berry sono uno strazio e la gente fa finta di niente, applausi e urla.
    e lui ride, sorride, cammina, ma non suona.
    speravo si riprendesse ma a quanto pare non sta succedendo.
    a questo punto meglio non facciano nessun tour.
    al massimo un ultimo concerto.. magari con wyman . e non se ne parli (purtroppo) più.
    che peccato.. Giorgio

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    1. sono d'accordo. meglio un concerto solo, secco, e addio. ma forse non faranno più neanche quello...

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    2. http://www.youtube.com/watch?v=Z3qo1fAupI4 agiungiamo anche questa.
      (sottolineo che io dentro di me sogno ancora..) al momento la realtà è questa.

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    3. proprio così. a forza di tributi, sta diventando un tributo a se stesso.

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  4. Caro fratello Stoniano,
    Non sono d'accordo con la tua visione delle cose.
    Ho trovato un Keith invecchiato, ma che mi ha regalato ancora una volta emozioni fortissime con la sua versione di Little Red Rooster.
    Prova ad ascoltarlo con il cuore e con gli occhi chiusi. Lascia da parte ogni aspettativa sull'icona che conosciamo. Concentrati sulla musica che è la vera essenza di Mr. Richards. La sostanza che gli pervade l'anima, l'humus da dove proviene. Lasciamo le apparenze e il personaggio da parte. Cosa ci resta? Del buon Blues, quello dei maestri, scarno e vissuto, intenso e sofferto.
    Un tributo sentito a uno dei suoi tanti modelli, Hubert Sumlin.
    Non era la serata di Keith, era un'altro Bluesman a rendere omaggio al vecchio maestro scomparso.
    Secondo me ti sorprenderá presto in positivo, perché Keith c'è ancora, eccome se c'è.
    È solo questione di tempo, vedrete Mr. Rock'n'Roll vi stupirá ancora.

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  5. Grazie, hai fatto spargere lacrime anche a me, scrivi con il cuore in mano e te ne sono grato dal profondo.
    Stefano Sala

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    1. e come si fa a non scrivere col cuore quando si parla di keith? grazie.

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