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SAVIANO E' 'NU CIUCCIO


SAVIANO E' 'NU CIUCCIO
“Qual'è (sic!) il peso specifico della libertà di parola?”. Chi lo sa, quello di Saviano comunque è nullo. Sgamato su uno strafalcione che poteva anche essergli sfuggito, il coraggioso eroe ha reagito come una stizzita ragazzina: “E io continuerò a scrivere qual'è”. Bravo ciuccio. Non contento, ha citato Pirandello a suo sostegno. Che miseria, che infantilismo da saccente stupidello. E un chiachiello così dovrebbe far paura alla camorra? Ma figuriamoci, si esprime perfino peggio di loro, è ridicolo, i malamente manco se lo filano, tant'è vero che a menarla con le minacce ricevute c'è rimasto solo lui medesimo. Bisogna credere alle millanterie di un ragazzo dalla traballante ortografia. A meno che l'apostrofo non sia un'altra proditoria manovra della grammatica camorrista. La sintassi è la vera macchina del fango, l'analisi logica il regime. Ma che apostolo delle regole può essere uno che non osserva neanche le regole dell'italiano elementare?
Viene in mente l'episodio in cui un lugubre don Camillo, nascosto dalla nebbia, scrive col lapis sotto una bacheca di proclami comunisti: “Peppone è un asino”. Una, due, tre volte, finché Peppone se ne accorge e... finisce che, a modo suo, gli chiede aiuto. Non senza avergli fatto capire che è meglio smetterla, perché ha conservato un certo randello. Saviano invece non ha bisogno di nessuno e trova schiere di lustracrani, da Severgnini a Riotta, pronti a ribaltare la grammatica pur di salvarlo. Pessimi anche loro: ogni tanto il moccioso ha bisogno di una bacchettata, non di caramelle. Questo indorargli anche gli sbagli grossolani ha molto di antimeritocratico, di mafiosetto, di banda dei mediocri (che fanno le bucce alla Casta però sono amici di quelli che contano e, com'è come non è, ad onta dei loro fiaschi rimbalzano da un posto di lusso all'altro). E poi, basta mettersi al posto della bara ogni volta che un giornalista (vero) viene ammazzato. Quando si dice fare il martire con le morti degli altri.

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