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CHEAP WINE - FACES


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Questo disco ho dovuto comprarmi un masterizzatore per conoscerlo, siccome non dispongo più di un impianto e ormai ascolto tutto per via digitale. Ora, io non voglio ripetere quello che dicon tutti, che i Cheap Wine sono un'anomalia, che somigliano a questo e a quello, e fanno musica americana, e suonano come nessuno, e sono indipendenti, e mi sono rotto i coglioni. Lo facciano altri. Io so solo che loro a questo punto potevano costringersi in una dorata routine e invece vanno ancora oltre: hanno inserito nuovi suoni, nuovi rumori, soluzioni più ardite ancora e il disco ha una resa sorprendente per un disco italiano. Fatto in casa, per di più. Io so, e ho le prove, che non c'è un attimo superfluo in questo nuovo Faces: ancora più vero, se mai era possibile, ancora più sincero. Io so solo che questo è un sabba, e puoi trovarci tutte le tue inquietudini. Quelle che vuoi, quelle che ancora non sai. Quelle che non ammetti. È come se loro suonassero per te. Non più per chi sono, come hanno sempre fatto. Per te, sì, proprio tu. Per dirti di cosa hai paura. Io so che questi sono cinque virtuosi che, insieme, fanno qualcosa di diverso, di superiore ai loro virtuosismi. Io so che queste composizioni non lasciano eredi, e non trovano uguali. So che vanno al di là dell'incubo, non più facce sfigurate dalla vita ma facce dell'anima deformate da un mondo inanimato. Io so che ogni canzone finisce di colpo, però non è che si tronca, è che vieni rapito e non sei preparato a lasciarla. Però ne arriva un'altra, e lo scenario cambia, ma è sempre il caleidoscopio di un labirinto senza luce. La luce sta dentro, ed è malata. Io so che non hanno bisogno di effetti speciali, trucchi del cazzo: hanno questa clamorosa capacità di suonare, la scatenano tutta. Io so che il sabba è puro rock and roll, duro diretto aspro ossuto eppure così raffinato, così irraggiungibile. La semplicità come punto di arrivo, non di partenza, che è dei grandi. Io so che non me ne frega niente se qui non siamo in America e tutto il resto: c'è solo da sedersi ed ascoltare. Poi riascoltare. E poi ascoltare ancora. E ancora, e ancora. Del resto, viene da sé. Tutta la tensione che scorre ad alto voltaggio, ma non fa mai cortocircuito. Tutta la verità di chi non mente. Niente stronzate, niente compromessi. Io so che questa vostra libertà è una benedizione da scontare. Ma so anche che nessuno suona come voi. 39 minuti e neanche un momento da perdere. E le canzoni finiscono senza aspettare, come si fossero rotte i coglioni, e un'altra preme dietro. Quanta notte c'è qui, quante luci di lampioni, e semafori, e incroci e aerei che partono arrivano li guardi sparire. Quanti cavalcavia e strade che muoiono in nulla. Quanta gente che ti sfiora, la sfiori, la perdi. Quante periferie di morte e quanto mare che urla. Quante lacrime di rabbia, di rabbia. Quanti anni della tua gioventù che poteva essere diversa. Quanto del tempo che ti resta. Tutto, la chitarra di sostegno implacabile, la solista con quelle cavalcate in tutte le direzioni, gli archi e le tastiere lugubri e abbaglianti, la base ritmica spietata. Un disco forsennato dove niente va in testacoda, una parte che pensa, l'altra che sente. C'è una cosa, lì dentro, si chiama Disguise, che andrebbe inchiodata tra le cinquanta, anche meno canzoni da non perdere al mondo per la vita. Se tu lo ascolti, ogni volta ti stupisci, perché ogni volta capisci. No, non voglio ripetere che i Cheap Wine, voglio dire che mi ci perdo. Vaffanculo, cazzo. Un vortice, un capolavoro dopo vent'anni di musica straordinaria. Potevano tirare i remi in barca, ma questi ragazzi non sono niente senza la loro creatura. Non si fermeranno per niente al mondo. Nel booklet, i ringraziamenti a tutti quelli che, col crowfunding, hanno reso possibile questo. E invece sono loro che dovrebbero ringraziare: hanno contribuito a qualcosa di prezioso, qualcosa che non va via. Qualcosa che non c'era e adesso c'è e rende tutto diverso. Oh, così vero da essere ingenuo: non ci si scopre così, non si fa. Poi t'inculano. No, non dirò che dischi così non se ne fanno più perché questa è gente che non ha niente da perdere né da vincere, le rimane solo la brutale verità del rock and roll. Io dirò che io so. Che questo disco non guarda in faccia nessuno, ma è stato fatto anche per me. Per noi perdenti, che non abbiamo niente tranne quello che siamo, ma quello che siamo è la rabbia che non si doma. E possiamo essere meglio di così, se solo osiamo. Io so che mai acquisto di un piccolo masterizzatore fu più necessario: avessi perso questo disco, avrei perso un pezzo di vita strappata dall'osso. Una occasione che passa una volta, non ritorna. Come quando una figa che non osi sperare ti aspetta a gambe larghe e tu non lo sai e resti a casa a tirarti una sega davanti a youporn.

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