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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

IN PISCINA

IN PISCINA La piscina è un supplizio che cerco volentieri, prima che alla schiena dà sollievo alla mente. Mi è sempre piaciuto il suo microcosmo umido di vapore, che m'imbozzola, mi separa dal mondo. Poi, una volta dentro mi annoio, perché il soffitto di una piscina non è il cielo del mare, mi provoca nostalgia d'estate, di altra acqua. Eppure amo quel benefico torpore che mi resta addosso quando ho finito ed esco all'aria aperta. Ma c'è una sensazione che si stende sopra il relax, ed è pesante, ed è fatta di solitudine. Specialmente qui dentro. Io non parlo mai con nessuno, nessuno conosco, a volte qualche faccia, di sfuggita, ma è raro scambiare più di un saluto. Gli altri vanno e vengono e sono tutti amici, tra di loro discorrono in dialetto si raccontano posti, situazioni, terze persone comuni e non hanno tanto bisogno di spiegarsi. Li sento, che si ritemprano. Sono vissuti sempre qui, nel vernacolo ritrovano la loro intimità. Se qualcuno si rivolge a me, invece,
La trovata celentanesca di devolvere in beneficenza i 750mila euro percepiti per la comparsata a Sanremo chiarisce definitivamente il senso che la beneficenza ha per i ricchi. Qualcosa da dirottare, di cui vagamente ci si vergogna. Celentano sa benissimo che la pagliacciata prima di accettare non è stata seria, non è degna di un artista serio, anche perché si ripete immutabile ad ogni epifania. E sa che un simile prezzo per presentare due canzoncine e un sermone sgangherato è un insulto alla miseria. Sa pure che va, di fatto, a fare da foglia di fico, da specchietto per le allodole di una Rai che lui per primo definisce lottizzata e censoria. Non c'è alcuna coerenza, né dignità. E allora la soluzione qual è? Sbarazzarsi di soldi e polemiche con la beneficenza, a riprova che i poveri, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. Altrimenti, i divi dello sport e dello spettacolo fanno carità differita, ci mettono la faccia e invitano la gente comune a provvedere. C'è un episodio i

MANOVRE INTORNO A UNO SFACELO

MANOVRE INTORNO A UNO SFACELO Non è così strano quanto sta coagulandosi attorno al governo: i partiti, le coalizioni, semplicemente guardano alle elezioni, quando saranno. Forse prestissimo, ma se anche arrivassero alla fine della legislatura, politicamente è un giorno (e, di norma, il risultato di una consultazione matura, e si conosce, in anticipo nelle segrete stanze). La sinistra PD appoggia Monti per calcolo e per convinzione: conta di inglobarlo, riuscendo finalmente a prescindere dalla compromissione con la sterile sinistra radicale di Vendola e di Di Pietro (che è, in realtà, un neofascismo di sinistra). D'altra parte, non le pare vero di avere una banca, anzi più banche: l'intero sistema che conta. La sinistra PD, ricordiamolo, è fortemente indebitata ma è anche quella che stravede per i predicatori milionari, i Jovanotti, i Fazio, i Saviano, col contorno di cantanti d'ordinanza (addirittura Celentano) e comici organici, tutti ben facoltosi. Le masse, i precari,

UNA PROFONDA AMAREZZA

UNA PROFONDA AMAREZZA Internet è fatta come è fatta, e ingigantisce propositi inesistenti. Se qualcuno si aspetta da me pettegolezzi e, come oggi usa dire, fango, partendo dai miei personali casi lavorativi, resterà deluso. Anche se maldestramente ci prova. Mi spiace, ma non mi appartiene questo modo di agire. Le cose, me le risolvo nelle sedi adatte. Fatto è che girano, a proposito di ambienti da me frequentati a lungo, accuse reciproche, nelle quali ci si rinfacciano somme che a me sembrano, considerato il contesto, davvero eccessive. Sono girate dappertutto, non sono un mistero per nessuno. Le accuse le lascio a chi se le rimpalla, non mi riguardano: ma ci sono cose che, a sentirle, a leggerle, ingenerano profonda delusione. Mai pensato che le intraprese debbano essere opere di carità, ed è giusto che chi più si impegna, ottenga di conseguenza; ma le proporzioni, così come vengono rinfacciate oggi, suonano davvero incredibili, e ne ho appreso con molta amarezza, visto che la parola

MA QUELLE FOTO, NO

MA QUELLE FOTO, NO Detto dei tedeschi che dovrebbero pensare ai casi propri, torniamo a parlare di quelli nostri. Rigorosamente poco seri e ancor meno commendevoli. A Giulino di Mezzegra metteranno le foto di Mussolini e della sua amante Claretta Petacci sul muro dove furono fucilati ormai quasi 70 anni fa. “Atto di rispetto alle persone non al fascismo” dice il sindaco leghista Claudia Lingeri. Ma no, atto di ossequio a un'ideologia, ai reduci saloini che ancora restano e non si rassegnano, e a chissà che altro, pensando alle elezioni che verranno (c'è sempre un'elezione all'orizzonte, maledizione). L'atto di rispetto lo possono fare come credono, ma le foto martirizzanti proprio no. Mussolini, è incredibile doverlo ancora ricordare, era un dittatore, alleato con un tiranno anche peggiore di lui, con l'Hitler propugnatore della razza che nel suo delirio criminale aspirò anche l'Italia (e la Petacci fu la donna che volle seguirlo fino alla fine). La si pen
O santo cielo. Tutti possono fare le pulci al tg uno per le non-domande a Monti, tutti, ma non Scanzi (sul Fatto, solo il Fatto quotidiano). Uno che non ha mai fatto una domanda con un punto di domanda in fondo.  
Com'è come non è, lo Spiegel sì è rimangiato quella copertina delirante, più che offensiva. In Italia quasi nessuno aveva protestato, a cominciare dalle istituzioni. L'unico che si è permesso, l'ha fatto con toni sbracati. Ma nella sostanza non aveva torto. Tutti gli altri dov'erano? In questo modo, hanno finito per confermare quello che dicevano i tedeschi: non abbiamo orgoglio nè dignità.

QUARANTENA

Carlo Carrà, Uscita dal teatro QUARANTENA Dove siete adesso Dove siete andati Tramutato un sogno Tramontato un pugno Io mi guardo indietro Nel teatro vuoto Vedo la mia ombra Non mi sembra vero Ciò ch'è appena stato Sono ancora solo Sono sempre un filo Steso nell'ignoto Piangere il rimpianto Non sarà il mio canto L'infelicità Oso, sono qua Dove siete adesso Io vi aspetto invano Io relitto osceno Più inutile e stanco Più vile e più monco D'una notte attesa L'ultima sorpresa D'una vita uccisa Da un feroce colmo Di luce ferita Che si fa contrario Come questo faro Proprio sopra il palco Fuori qualche passo S'allontana svelto La mia quarantena Torna senza volto Dove siete adesso Mie presenze assenti Coscienze invadenti Stanze del mio mondo Ho vinto e mi perdo Nel nulla più sordo Quello che io sono Quello che ricordo E non mi perdono Quella sete addosso D'essere diverso Quelle sete rosse Per ornare un verso Deli

IL FARO N. 4 - ANTEPRIMA

IL FARO N. 4 - ANTEPRIMA LA (MALA)PARATA DI CORTINA Per la prima volta, lo Stato è andato a stanare i riccastri, facendogliela – è il caso di dirlo – pagare, nella ridicola indignazione dei ridicoli politici di destra, che danno l'impressione di essere quelli che esattamente sono: gente dalla coda di paglia, dalla coscienza imputridita, che difende i ladri, sentendoli organici. Eppure gli italiani non sono così convinti... FIGLI DI UN COGNOME Non siamo mica gli americani, noi. E soprattutto loro non sono mica gli italiani. Chelsea Clinton, figlia di un presidente e di un segretario di Stato, è sbarcata in tivù, alla rete NBC, dove ha avuto naturalmente la carriera spianata come reporter televisiva. Ma dopo un solo mese, quella carriera si era già chiusa, la rete non le ha rinnovato il contratto. Come mai?... CARLALAD(R)A' Un nuovo scandalo fa tremare l'Eliseo. I protagonisti principali di questo nuovo "affaire" sono Madame Carlà Bruni e il "Fondo mo

ITALIANI, CHE RAZZA DI RAZZA

ITALIANI, CHE RAZZA DI RAZZA Ci sarà andato anche giù duro, il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, ma di problemi ne abbiamo già tanti, e qualcuno perfino d'importazione: invece Der Spiegel non trova giorno migliore che quello della Memoria, contro l'Olocausto, roba loro, tutta fatta in casa, per marchiare l'Italia con un epiteto che gronda disprezzo etnico: “Non sono una razza”, dicono di noi. È vero: siamo bastardi, di fuori e di dentro, siamo un crogiolo di razze, meticci come pellirosse, o mulatti, o gitani, il che, se non altro, ci allontana mediamente da certe tentazioni: abbiamo nel sangue 1500 anni di invasioni, contaminazioni, stratificazioni, e, se non bastassero, siamo stati i primi ad andarci a incasinare alla rovescia, in altri angoli di mondo. Le nostre città sono ricettacoli di storia, polveriere e ostelli di genti, siamo impastati di opportunismo e compromesso, siamo i nipotini deformi di Machiavelli. Da cui lo scarso senso dell'appartenenza,

VERSO LA CHIESA

Questo racconto io lo scrissi un paio d'anni fa, ispirato non da un fatto di cronaca in particolare ma da una canzone di Umberto Tozzi, molto vecchia, molto triste e molto bella, “Luci ed ombre”, che mi commuoveva quando ero un ragazzino e che ancora oggi mi suscita lo stesso turbamento quando la sento. Volevo, insomma, lasciar uscire quel grumo che in tanti ascolti avevo accumulato. Allo stesso tempo, con qualche opportuna licenza narrativa, mi pareva un modo efficace per parlare di una ingiustizia che vediamo ogni giorno ripetersi: quella dei cosiddetti pirati della strada, che sterminano intere famiglie senza patire, di fatto, il minimo problema da uno Stato indifferente ed anzi comprensivo verso i loro crimini. Chi scrive lo sa: a volte la penna (o la tastiera) ti prende la mano, e, quando ti rileggi, pensi di essere andato troppo oltre. Salvo scoprire, un brutto giorno, che ti eri addirittura contenuto, poiché la realtà ti ha superato. Dedico questo mio racconto a Baldassarre

VIA CRUCIS

VIA CRUCIS Il vecchio col cappello Cammina in fondo al viale Pieno di foglie gialle Cammina nel suo male Dall'orgoglio redento S'attarda, lento e solo E guarda piano il mare E ci trova suo figlio Che d'acqua gli sorride Lui risponde, ci prova E corrodersi sente Quel che resta del cuore Quel che non fa rumore Non si ferma, va avanti Sulle orme del vento Che gli mormora estati Gli riporta segreti D'una luce lontana Verdi infarti, risate E coperte di voci D'imperdibili amici Tutti quanti perduti Ed il vecchio di marmo Non li cessa i suoi passi Non smette la sua informe Via crucis quotidiana D'inutili stazioni Cammina sotto al cielo Sopra i vetri del tempo Sangue ingoia e le gambe Come tronchi si sente Ladra gioia rivanga Dietro un velo di fumo Che fugge dalla pipa Stanca locomotiva Che trafigge la pioggia Ruba un sospiro, lava Lacrime dagli occhiali E un crimine gli sembra Questa ingrata vecchiaia Che finisce nell'ombra
Torno su un palco. L'entusiasmo non c'è, la convinzione è quella di sempre. Torno, perché ho  ancora nuove storie in versi da raccontare: e belle, forse le più belle mai scritte. In novembre, a san Ginesio, esagerai, consapevolmente, perché un teatro a me capita una sola volta. Fu magico, ma troppo lungo. Questa volta sarà tutto più semplice e contenuto. Reading imperniato più che mai sulla dialettica tra chi manda parole e chi le riceve; spazio ai frammenti delle lettere più belle ricevute in 22 anni di questo sporco mestiere, e le poesie possono essere considerate risposte a quei messaggi. Ne deriva una vita, anche se io stesso non ne ho ancora capito il senso. Scaletta composta quasi completamente da brani inediti, comunque mai letti in pubblico. Solo voce e lieve accompagnamento acustico, niente costumi, maschere, espedienti scenici. Ogni volta può essere l'ultima, a maggior ragione questa. Sono fiero di ciò che propongo, ma non ne ho più voglia, le illusioni a un certo

VIAN'S RAP

VIAN'S RAP Sto guardando “Gli Intoccabili” sui segreti vaticani. C'è il direttore dell' Osservatore Romano , Gian Maria Vian, incalzato da Nuzzi. “Non so, non mi risulta, posso immaginare, possiamo dire così, se lo dice lei, questo non lo so, questo non glie lo so dire, questo non mi risulta, non dico questo, francamente non ho idea, l'avrò incontrato qualche volta, non lo conosco molto bene, la sua è una ricostruzione a tinte forti, beh beh beh, bisogna vedere, bisogna capire, cercar di capire, se si vuole capire, se no vado via, ho altro da fare, qui ci son risatine, eh no così no, se ridete vado via, i giornali ce l'hanno col Vaticano, i blog ce l'hanno col Vaticano, ma quale corruzione, ma quali segreti, queste son chiacchiere, son tutte chiacchiere, ma come si può pensare, ma questi son romanzi, lasciamoli a Umberto Eco, le cose non stanno così, sono più... cioè... complicate, ma quale punito è stato promosso, ma questo latino è un modo di dire, siamo com

UN GANCIO FAVOLOSO

UN GANCIO FAVOLOSO Come non bastassero le cazzate di Monti, quelle di chi gli paralizza contro il Paese, i regimi normativi che cambiano ogni giorno, e la vita in genere grama, gli imbecilli che la peggiorano vieppiù li trovo tutti io, con la lanterna, come il più sfigato dei Diogene. In piscina, giusto quella mezzora per non pensare (e neppure lì puoi farne a meno). Tutte le corsie occupate. Ne scelgo una, m'immergo in punta di bracciate, tengo la destra come in autostrada. Arriva un bestione, si capisce che è tronfio, prepotente da come nuota, ma che dico nuota?, sfascia l'acqua, la piglia a schiaffi, deborda dappertutto. Non riesco a fermarlo e mi arriva una manata in faccia. “Attenzione” dico “se ci stringiamo un po' possiamo nuotare entrambi”. Mi risponde con una gragnuola di insulti e conclude, qui ci sto io, vattene affanculo in un'altra corsia, spastico. Non credo alle mie orecchie, gli faccio notare che tutte le corsie sono già piene e gli dico di stare calmo
Il problema non è se questo signorino, questo Michel (sic) Martone, abbia torto o ragione. Il problema è che un ministro o viceministro non parla così. Specie se è uno dei tanti figli di un cognome: Martone senior, pesco dal Corriere, ex presidente dell'Authority scioperi, finito sui giornali per aver partecipato a un pranzo a casa di Denis Verdini in odor di P3. Michel Martone, già consulente del ministro Brunetta, viene poi considerato politicamente vicino all'ex ministro del Lavoro Sacconi, ex socialista. Tanto che il giovane Michel è finito per diventare perfino membro della Fondazione Craxi. Forse è anche per questo curriculum, che il genietto è diventato ordinario a Teramo senza fare anticamera. Dicono che, genietto, lo sia. Ma uno che, alla prima occasione, se ne esce in questo modo, ricorda più un coglione. Molto tecnico, come usa oggi.

LIBERALIZZAZIONI DELLE TRE CARTE

LIBERALIZZAZIONI DELLE TRE CARTE Francamente non riesco a capire come e perché dalla separazione di Snam ed Eni dovrebbero arrivare risparmi energetici “pari a 400 euro l'anno a famiglia”. Per favore spiegatemelo, perché i giornali non lo fanno ovvero lo fanno così: La novità più consistente del decreto è la separazione tra Eni e Snam: gasdotti, impianti di stoccaggio, rete di vendita di Italgas e il rigassificatore Gnl Italia. La separazione sarà definita entro sei mesi con un apposito decreto della presidenza del Consiglio dei ministri. Dal primo trimestre successivo all'entrata in vigore del decreto l'Autorità per l'energia, con l'obiettivo di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale ai valori europei per i clienti vulnerabili, introdurrà progressivamente, tra i parametri in base ai quali è disposto l'aggiornamento, anche il riferimento di una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. Nel decreto non è prevista la norma su
Bisogna amputarsi delle illusioni. Sono quelle, che ti fanno eccedere la buona fede, la pazienza, la dignità. Bisogna imparare a spezzare i sogni, a soffocare le illusioni. Per restare vivi, per non essere di nessuno. Ogni promessa inflazionata, è disprezzo. Ogni sorriso di compiacimento, è compatimento. Bisogna accettarlo e ricordasene. Questo coraggio lo dobbiamo a noi stessi, e a nessun altro. Dobbiamo trovarlo.

"NON SEI AMATISSIMO... "

"NON SEI AMATISSIMO... " Massimo, volevo invitarti, a parlare di informazione, a presentare i tuoi libri, ho guardato in giro e presso le associazioni culturali che conosco non sei amatissimo, anche perchè non fai parte del loro giro di amichetti e cazzi vari... Firmata Me ne farò una ragione. Mi sento un filino scomodo...

CONSOLATORI

CONSOLATORI Più vivo e più trovo gente ipocrita, scioccamente ipocrita, che non ha alcun rispetto della mia vita. Sono quelli che fingono di non vedere il dolore, semplicemente lo amputano dalla loro coscienza, e pretenderebbero di costringerti alla stessa operazione. Quelli che, senza sapere niente di te, vengono ad insegnarti: se soffri è una tua scelta, te lo sei voluto. Frasi senza senso, ma di un cinismo per me inaccettabile. Ho passato la vita ad incontrare il dolore, l'ho visto dipinto su ogni faccia, l'ho sentito urlare, maledire se stesso, mi è morto fra le mani, mi si è affidato e mai, mai una volta l'ho accolto dicendo: tu non esisti, tu sei la tua causa. Tanti errori ho commesso, ma questa mancanza di rispetto per la sofferenza non credo di essermela mai concessa. E non l'accetto, né nei miei confronti né in quelli del mio peggior nemico. Ma è inutile scomodare Dostojevskji, certa gente non è in malafede: è semplicemente terrorizzata. Di solito è qualcuno c

LA SOLITUDINE DEI NUMERI ULTIMI

LA SOLITUDINE DEI NUMERI ULTIMI C'è una tristezza sovietica in quella foto sfocata di Bersani davanti a un tavolino, chino, un bicchierone di birra dritto come un menhir, mentre cerca ispirazione per il discorso da leggere all'assemblea nazionale. Un leader di cose da dire dovrebbe averne fin troppe. Invece traspare la fatica di mettere insieme quattro concetti, qualcosa di straziante, un Peppone senza entusiasmo e soprattutto senza un don Camillo che, dopo, gli corregga la brutta. C'è tutto il ritardo di un partito in quel segretario troppo segretario, che pare uscito da una cupissima serigrafia del realismo socialista. Come se vent'anni fossero passati invano. Siamo ancora non al 1991, ma alla mistica del 1921, grondante fiducioso squallore. Un raggelante senso di sconforto, di isolamento, di fatica nel mettere insieme la cornice del tutto e il suo contrario in un universo di niente. Questo scatto, “Segretario in birreria”, è l'oscurita del sole di Grosz, il sol

UN PO' DI LUCE

UN PO' DI LUCE Mattinata insolita, quasi un anticipo di primavera. Gente con il sorriso sulla faccia. Eccitati, vestiti leggeri. Bambini in corsa. Come siamo fragili, però: affamati di speranza, ci basta il surrogato di un'illusione. È una stagione anomala, entrata regolarmente dopo un autunno mite, e il suo freddo non punge. Non c'è mai quella foschia che spegne tutto, non c'è quel gelo che ondeggia e stordisce, dal cielo pulito scende luce, l'aria, almeno qui in provincia, conserva i suoi profumi. Non si rientra in casa intirizziti. Con la Vespa sono arrivato fino al porto, a vedere i pescherecci addormentati. Ho sempre amato i piccoli porti, coi loro muri di mattoni, i viluppi delle reti corrose, tutta la vita che trasudano, il senso di inquieto che racchiudono, le barche così diverse, come gli uomini, straccione o lussuose, vissute o fatte per non lasciare mai il molo, i loro nomi mistici come preghiere o maledizioni, misteriosi come le donne che lasciano immag

L'INCHINO

L'INCHINO Ecco qua che, nella migliore tradizione italica, sgorgano le balle sul disastro della nave Concordia i cui “inchini”, eseguiti dal comandante fellone, venivano richiesti, il che vuol dire imposti, dalla Costa, la compagnia proprietaria della nave a sua volta posseduta da una compagnia americana. Per le rotte di tutto il mondo, non solo davanti al Giglio. Ci piacerebbe che dall'inchiesta emergesse la catena a salire delle responsabilità, perché è impensabile che un'attività simile non abbia corrispondenze nelle istituzioni, anche di grado ministeriale. E ci piacerebbe che emergesse la vera sostanza di queste crociere fantozziane, affidate a paesi galleggianti che sono bordelli a mare aperto. Il business della navigazione turistica, come tutti sanno, consiste effettivamente di tre attività economico-criminali: lo spaccio internazionale, il gioco d'azzardo, in mano alle mafie, e la prostituzione internazionale. Sono settori neppure troppo mascherati, i vacanzier
IL FARO N. 3 - ANTEPRIMA UNA SPERANZA DISPERATA PER IL 2012 Nei giorni di fine d'anno è praticamente inevitabile scambiarsi gli auguri. Ma, sorpresa, questa volta durano, insistono. Si stemperano nell'anno inoltrato, quasi a cercare un coraggio, una ragione: mai sentiti di così cupi, ripiegati, rassegnati, ogni formula si conclude fatalmente con un'appendice da leggere al contrario: “Speriamo bene”... LE GRANDI BUGIE Mi colpisce, davvero mi colpisce l'atteggiamento dei cosiddetti grandi per dire politici, banchieri, burocrati europei ovvero in gita in Europa, quando si incontrano. Grandi intese, grandi promesse, grandi cerimoniali, grandi bugie e piccoli slogan (“Camminiamo mano nella mano” ha detto uno straziante Mario Monti riferendosi ai progressi con quelli che lo tengono, ovvero ci tengono, per le palle)... IL  CORRALITO E I CARTONEROS Il Natale è passato, ma la paura no. La paura di cosa ? Di perder il lavoro ? Di vedere svanire i nostri sudati risparmi,

L'INETTO

L'INETTO Il successo dell'invertebrato si direbbe già compromesso: gli ineffabili “osservatori”, cioè i demiurghi delle Borse, ritengono che non riuscirà a fare niente, a parte le distruzioni che ha già provocato e per le quali l'America, travestita da agenzia, ha mostrato al mondo di considerarlo poco meno che irrilevante. Le liberalizzazioni, come volevasi dimostrare, si traducono in farsa, perché in Italia non solo non le vuole nessuno (lo dimostra l'insistenza sospetta con cui vengono invocate), ma non si ha neppure una vaga idea di cosa davvero siano. Non sappiamo concepirle se non come rendite di posizione. E Monti, che vuole salire al Colle, non può indisporre i partiti che campano proprio sulle mille ingessature sociali e culturali che poi si traducono nella solita linfa tossica: raccomandazioni, clientelismi, mafie. Per cui le liberalizzazioni si risolvono in pannicelli caldi, qualche licenza in più (ma anche no), qualche suppostina senza ricetta (eventualment

IL SOLITO ANDAZZO

IL SOLITO ANDAZZO Ciao Max. La strage della Costa Concordia (perché di strage si tratta, non tragedia) si va a sommare a tutte le stragi italiane rimaste senza soluzione. Solo che questa è diventata rapidamente farsa, come è ormai uso comune non in Italia, nel mondo. La macchietta Schettino, il pallone gonfiato De Falco, magistrati esaltati, compagnia giornalisticheggiante e gli italiani in generale (tutti eroi, a sentire come vomitano odio su Schettino) mi stanno dando tutti il voltastomaco. Ci sono tante domande che meriterrebbero attenzione. Dov'erano le altre persone in sala di bordo che lavoravano col comandante? E chi lo sa, come se non esistessero. Perché Schettino appare completamente nel pallone quando parla con De Falco? Possibile fosse drogato, ubriaco o quant'altro? Così tanto da perdere del tutto il controllo? E' diventata roba buona per le barzellette. Le strumentazioni a bordo di una nave, anche di una barchetta, ti permettono di sapere tutto
Ma che roba sarebbe ironizzare, come fa Travaglio, sul nome coincidente delle madri di Berlusconi e di Schettino (Rosa)? Non lo so, non è che uno si scandalizzi, è che pare umorismo proprio piccolo, spicciolo, meschino, peggio: infantile, roba da scuola dell'obbligo. L'offesa non è alle mamme, è alla satira: non fa ridere, non è trasgressiva, non è brillante. È la cosa proprio più scontata, il parallelismo più telefonato. È imbarazzante. Proprio vero che, a volte, chi scrive brilla per ciò che non scrive. E che bisognerebbe accontentarsi di essere chi si è.  

DUBBI MARINARESCHI

DUBBI MARINARESCHI Anche i lettori di questo blog hanno sollevato i loro bravi dubbi: possibile che un bestione come la Concordia possa andar giù abbandonata a se stessa? In effetti, a parte la mol-dava in plancia col comandante nella pancia (chiedo venia, mi è scappata, ma ti pareva che una tragedia nata come cinepanettone non finiva in pecoreccio), di cose da chiarire ne restano parecchie e certe mitizzazioni, che poi sono catartiche, suonano un po' troppo precoci: specie se si celebrano in tivù. La Costa crociere, per cominciare, sapeva tutto degli inchini e del resto. Non è pensabile il contrario, non è possibile che un cialtrone di comandante prendesse da solo e regolarmente l'inziativa di dirottare la nave fino a sfiorare gli scogli, e peraltro la compagnia certe ammissioni già se le è strappate. La domanda è: quanto si riverberava, il potere della Costa? Fino a quali livelli di controllo? Con quali mezzi, metodi e coperture? Mi sembra fondato riportare qui i dubbi esp

IL FUNERALE-REALITY DI UN GIOVANE NORMALE

IL FUNERALE-REALITY DI UN GIOVANE NORMALE E così anche Moresco, questo piccolo borgo antico appollaiato al cuore del Fermano, ha avuto il suo giorno di gloria. Gloria cupa, ci è voluto il sacrificio di un bravo ragazzo, oggi una rarità, di quelli miti, gentili con tutti, che non fanno parlare di sé, ma che adesso celebrano come un martire. C'è fame di eroi in questo periodo. Fosse morto di malattia o di incidente stradale nessuno si agiterebbe, ma qui c'era di mezzo un “giallo”, un mistero inesistente, amplificato dalle circostanze della sparizione e dalla sovraesposizione mediatica, anche dei familiari, anche del sindaco-giovanotto Amato Mercuri che a un certo punto s'era messo a fare il portavoce, l'interfaccia tra chi cercava il figlio e il piccolo borgo antico. E adesso il borgo scoppia, auto a perdita d'occhio fin fuori dal paese, accessi controllati dalla protezione civile, gente che straborda dal sagrato dove lampeggia un maxischermo, facce intirizzite, di