UN PO' DI LUCE
Mattinata insolita, quasi un anticipo di primavera. Gente con il sorriso sulla faccia. Eccitati, vestiti leggeri. Bambini in corsa. Come siamo fragili, però: affamati di speranza, ci basta il surrogato di un'illusione. È una stagione anomala, entrata regolarmente dopo un autunno mite, e il suo freddo non punge. Non c'è mai quella foschia che spegne tutto, non c'è quel gelo che ondeggia e stordisce, dal cielo pulito scende luce, l'aria, almeno qui in provincia, conserva i suoi profumi. Non si rientra in casa intirizziti. Con la Vespa sono arrivato fino al porto, a vedere i pescherecci addormentati. Ho sempre amato i piccoli porti, coi loro muri di mattoni, i viluppi delle reti corrose, tutta la vita che trasudano, il senso di inquieto che racchiudono, le barche così diverse, come gli uomini, straccione o lussuose, vissute o fatte per non lasciare mai il molo, i loro nomi mistici come preghiere o maledizioni, misteriosi come le donne che lasciano immaginare. Dal porto salivano le onde dell'acqua, delle cose, delle poche figure senza niente da fare, delle barche stesse, immobili e sospese. Mi suonavano in testa le solite vecchie canzoni. Poi, tornando indietro, mi ripetevo che non devo lasciarmi ingannare, perché non siamo neanche a metà dell'inverno.
Mattinata insolita, quasi un anticipo di primavera. Gente con il sorriso sulla faccia. Eccitati, vestiti leggeri. Bambini in corsa. Come siamo fragili, però: affamati di speranza, ci basta il surrogato di un'illusione. È una stagione anomala, entrata regolarmente dopo un autunno mite, e il suo freddo non punge. Non c'è mai quella foschia che spegne tutto, non c'è quel gelo che ondeggia e stordisce, dal cielo pulito scende luce, l'aria, almeno qui in provincia, conserva i suoi profumi. Non si rientra in casa intirizziti. Con la Vespa sono arrivato fino al porto, a vedere i pescherecci addormentati. Ho sempre amato i piccoli porti, coi loro muri di mattoni, i viluppi delle reti corrose, tutta la vita che trasudano, il senso di inquieto che racchiudono, le barche così diverse, come gli uomini, straccione o lussuose, vissute o fatte per non lasciare mai il molo, i loro nomi mistici come preghiere o maledizioni, misteriosi come le donne che lasciano immaginare. Dal porto salivano le onde dell'acqua, delle cose, delle poche figure senza niente da fare, delle barche stesse, immobili e sospese. Mi suonavano in testa le solite vecchie canzoni. Poi, tornando indietro, mi ripetevo che non devo lasciarmi ingannare, perché non siamo neanche a metà dell'inverno.
che importa se arriveranno giorni più freddi? almeno questo privilegio di vivere vicino al mare godiamocelo... ciao
RispondiEliminaE' vero, il mare è sempre bello, una consolazione.
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