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Visualizzazione dei post da luglio, 2014

L'UNITA' E I COMPAGNI CHE SBAGLIANO

Questa pretesa che un giornale di partito non possa morire, non possa sparire, non debba essere sottoposto alle regole del mercato ovvero dei lettori, pretenda una immunità alle dinamiche della vita che si risolve in una sorta di esistenza blindata, di sopravvivenza al di là di ogni concorrenza, merita qualche considerazione. L'Unità, organo della sinistra istituzionale, chiude (temporaneamente, vedrete) i battenti e lo fa con una prima pagina di raro vittimismo: “Hanno ucciso l'Unità!”. Per dire che è stato il partito, o meglio: è stato Renzi, lo spretato, il bastardo, il disorganico, a non volerne protrarre la sussistenza. Quando si dice buttarla in politica, non in informazione. Dentro, un carosello di pagine bianche, ancora più lamentose. Esempio raro, non unico: il Manifesto, tra appelli e sceneggiate da prima pagina, sono decenni che campa (a spese altrui) sull'agonia. Le colpe sono sempre degli altri, cioè, nell'ordine: di Berlusconi (prima perché c'era,

LE REPLICHE DI NOI

Nel mezzo di un'estate che non c'è Considerando nuvole infinite E massi fissi proprio in fondo al blu Anche noi meritiamo di più Che aspettare ogni giorno che passi Ripetendoci ti sono vicino L'uno all'altro da distanze infinite Ti capisco, a dopo, adesso esco Anche noi meritiamo di più Di un'estate che beffarda passa Senza essere arrivata e arriverà Solo quando sarà tutta passata Nella penombra di raggi a intermittenza Nelle repliche alla televisione Repliche di noi, le nostre vite Allo sbando tra ospedali e bande Di affamati predoni di città Voragini, pedoni, esondazioni Le giornate di colpo già accorciate E i beffardi massi sempre là Specchi delle vite contro al blu Che nel blu non si tuffano mai Ma anche noi meritiamo di più Di questa vita da crocerossine Queste assurde gioie di grissini Che si spezzano anche solo a pensarle Così stanchi, e stanchi d'esser stanchi Dai banchi di nebbia della sera Or

ERAZERO

Zerofobia mi piaceva per la velocità, la corsa musicale, per il suono, per le atmosfere davvero decadenti, con due pezzi inusualmente violenti per la musica italiana, l'isteria de L'Ambulanza e Tragico Samba che era spaventosa. Nessuno cantava roba del genere in Italia, nessuno si permetteva il coraggio della crudeltà di Zerofobia e quello resta uno dei pochi, autentici album rock italiani. Ma il più bello, il più completo per me resta EroZero . Ce l'avevo in cassetta, ce l'ho ancora da qualche parte e per sbaglio mio padre pasticciando col microfono aveva registrato su un pezzettino di nastro la mia voce all'alba dell'adolescenza proprio in coda a Nascondimi . Come un segno, qualcosa che si incide per sempre e attraversa la vita. Non riesco più ad ascoltarmi, perché lui è morto e quel ragazzino è morto anche prima di suo padre. Erano tempi di libertà e EroZero resta l'album più incontrollabile, più imprevedibile, quello che segnava uno spartiacque,

Droga, se la rockstar aiuta nel rehab - CULTURA

Droga, se la rockstar aiuta nel rehab - CULTURA

NEI MIEI OCCHI

Io voglio piangere, lasciatemi perdere Nelle mie sconfitte. Voglio piangere Senza difendere zone più protette Senza dipendere più da nessun sogno Voglio piangere Con le fitte del mio corpo squassato Come sassate contro il vostro ritegno Voi che lacrime avete rinnegate Voi, che non annegate il cuore Nell'imbarazzo della fragilità Di un uomo che muore per risorgere Lasciatemi stare, vi dico Voglio piangere Come fosse un gioco, una preghiera Tutta la commozione mai sfogata L'inondazione arresa di vecchie isole Che poco a poco travolge la mia estate Insincera, riarsa di pensieri Che si vanno a infrangere come onde Contro scogli di sole. Io gabbiano Voglio piangere, non lo fa più nessuno Dietro gli occhiali scuri tra la gente Sicuro che poi se ne accorgerà Voglio piangere come il bambino che ero Come se tutto fosse un addio infinito Per tutto quello che non hai capito Voglio piangere per ogni risata Per le facce andate

IL FARO 28/2014

"Sul Faro si trovano articoli, sia di cronaca che personali, che è un peccato non escano "in chiaro" sul blog; però è anche bello che li possa leggere solo chi sceglie di abbonarsi, perché davvero sono qualcosa in più, e danno il senso del tuo stile inconfondibile...".

QUELLI ERANO TEMPI

ciao max, preso dal desiderio di calcio romantico, ho letto in mezz'ora "quelli erano tempi", e volevo farti i complimenti l'82 non l'ho vissuto, avevo 1 anno. ho vissuto il 2006, ma sembra più lontano di quella vittoria. il 2006 sembra anche più lontano del 1994 con roberto baggio (quella squadra ingiustamente ricordata come forte, non lo era. erano forti i singoli). amo molto i tuoi ricordi della nazionale di bearzot e il tuo libro mi ha fatto respirare quell'aria avventurosa che solo lo sport non sopraffatto dalla pubblicità può avere. l'82 non l'ho vissuto, dicevo, ma mi ricordo l'italia del 2000 allenata da zoff, e mi ricordo per certo che è stata la migliore nazionale che ho visto io giocare. tutti giovani, tutti uniti e tutti pirati in campo. era quello l'anno del mio diploma al liceo, anno dolceamaro, tra successi scolastici e piccoli amori falliti. un esame superato quasi col massimo dei voti, sostenuto da solo: perché mi ammala

MODA E MOTORI D'ALTRI TEMPI 2014

Vi aspettiamo

IL MIO SAFARI

Affondo in un mare di musica nuova. Per la prima volta a memoria d'estate rinuncio a tutte quelle canzoni, e sono tante, e sempre quelle, che mi risucchiavano indietro. Il paradosso, che sospetto apparente, insinua: più invecchi tu, più ringiovaniscono i tuoi gusti. Credo che una spiegazione ci sia, ma ci arrivo tra un attimo. Non sto rottamando i miei gusti e i miei sogni, i miei giorni e le mie estati, certe canzoni saranno mie per sempre e io sarò loro per sempre; mi sono appena concesso, di nuovo, i Rolling Stones, quanto di più memorabile ma un concerto è un evento che esplode nell'attimo, i cavalli selvaggi (di battaglia) scalpitano lì, in quel momento e non sono mai stati così contemporanei. Quanto invece a sentire i dischi è un altra storia e in quest'estate dei 50 anni miei m'aggiro in un safari perenne a caccia di sorprese: ne trovo tante da non riuscire a scartarle tutte, nei miei marchingegni elettronici la musica da scoprire s'affastella. Perchè (s

NELLA CAPPELLINA DELLA STAZIONE

Lentamente ho accettato l'incertezza, poi la convinzione della fine; non sono più credente ma eccomi qui, in questa cappellina della stazione ferroviaria di Ancona. Ci vengo sempre quando passo da questo nodo che mi collega al resto del mondo. Ma dal mondo il piccolo silenzio mi separa, mi salva dallo squallore dello scalo, e, in questo caso, dalla rabbia per il solito ritardo di un'ora. Anche, per la prima volta in anni, constato che una assurda filodiffusione di musica classica contemporanea taglia il mio disperdermi. Mi sforzo di non udirla e mi concentro sulle ondate silenziose di questa saletta più che chiesa: la Vergine in una finta roccia, riproduzione della Madonna di Lourdes, una volta l'han perfino rubata, al suo Cuore Immacolato è dedicata la cappella; il minuscolo altare sbarrato da un cordoncino rosso, le seggiole color nocciola, inginocchiatoi tre. Ma non mi ero mai accorto, l'ho scoperto cercando in rete (neanche una foto però, povera cappellina: e c

SPRAY

E' che sento la vita evaporare Nello spray di giorni senza cuore Nell'assenza di te che non torni Delirante speranza di prodezze Quando a pezzi cadono tramonti Come squame di carta da parati E' che sento la vita morire Nell'eterno incanto circolare Vengono le sere poi le aurore Poi le sere ancora ed altre aurore E deluso ascolto quel passare Di meduse nel mare del Tempo E ogni luna che spunta io la rubo Ma poi mi sento in colpa come un ladro Che ha scampato la giusta punizione E' che sento la vita spaccarsi E un coraggio di schegge di vetro Può specchiarsi infine in questa farsa Ce l'ho messa tutta, non lo so Non so cosa volevo dimostrare Se qualcosa da dimostrare c'era Ma ora nei ruscelli di rimpianto Si consuma l'ultimo pensiero Io so solo che vengono giù uccelli Con il petto trafitto da frecce E' una pioggia dentro la follia Mentre dico addio alla vita mia

IL FARO 27/2014

Tutto sembra non avere più una logica; niente pare conservare un po' di ragione. Il Faro non si arrende, non fosse altro per combattere contro l'assurdità imperante, per metterla nel mirino. Buona settimana a chi sta nel Faro. Il numero 27 in spedizione email agli abbonati da sabato 12 luglio. 

LA VERIFICA DEI FATTI

Capita a volte che qualcuno non si riconosca, cioè si riconosca troppo, in qualche cronaca e allora spedisca commenti inveleniti: niente paura, è l'occasione giusta per mettere in chiaro che il liceo è remoto, i banchi lontani, la crocerossina in pensione e forse è il caso di spezzare le catene di Jacob Marley una volta per tutte. Perché erano catene, quell'età gioiosa per quanto mi riguarda non fu mai. Non sono mai stato felice, non ho mai sfiorato la felicità, neanche in quel cazzo di liceo dove, tutt'al più, mi sforzavo d'illudermi come solo un ragazzo disperato può fare. Zavorrato da un paio di nomignoli che offuscarono ogni giorno di quei cinque anni, il primo era fisiologico e lo accolsi con rassegnazione, la pinna cresciuta al posto del naso non poteva scamparmi il soprannome di “Picchio” col contorno di variazioni sul tema, rifiuti dalle ragazze, caricature volanti. Insicurezza genera insicurezza e non ne uscivo, ma l'altra lettera scarlatta era molto p

Tour de France: Nibali riaccende il sogno italiano - PERSONE

Tour de France: Nibali riaccende il sogno italiano - PERSONE

Mondiale 2014, perché la Germania ha vinto - FATTI

Mondiale 2014, perché la Germania ha vinto - FATTI

RIDATECI UIBEUI' - Il calciatore ben temperato (quindicesima puntata)

In una popolazione di duecento milioni di persone, la più sporca ventina, i più negati nel gioco del pallone, li ha scovati Scolari: compito non facile, impresa irripetibile, se fosse andato a caso, per campetti in cemento, come Oronzo Canà, faceva più bella figura. E adesso, nella considerazione di duecento milioni di connazionali, che lo chiamano affettuosamente “Felipao vecchio stronzo”, è secondo solo alla presidenta (come direbbe la Boldrini) compagna Dilma Roussef, la quale però non demorde: non se ne va e ha annuziato che il prossimo ct sulla panchina verdeoro sarà il suo protetto Cesare Battisti. Così almeno gli avversari ci penseranno non sette ma settanta volte sette prima di fare un gol. Ma comunque non è che sia stato un gran mondiale, anzi diciamolo pure una gran rottura di palle. Partite vere, vibranti, sciolte poche, la solita tattica strozzatutto, campioni senza personalità, come Leo Lessi, o con personalità interessante per il freniatra, come Balotelli col fucile. L

Jon Allen esce con Deep River - CULTURA

Jon Allen esce con Deep River - CULTURA

ORFEO

Siamo noi che non andiamo mai a dormire Siamo noi coi pantaloni stretti in fondo Tiriamo tardi senza più niente da dire Noi fanfaroni buoni solo al girotondo Per una guerra che nessuno può capire Ch'è solo nostra di chilometri e bestemmie Perché di mostri dietro i vetri e di vendemmie D'urla ed applausi non ne avremo mai abbastanza Sull'orlo di un abisso a forma di ogni stanza Che sia d'hotel di lusso o lugubre locanda Con il silenzio lì seduto che t'aspetta Nudo ti guarda poi sorride senza fretta Per questo molti ci si portano le donne Dai volti strani, serial killer, suore, nonne E poi magari non fai che contare i sogni Perché delle mutande sporche ti vergogni Quanto ci mette, benedetta, ad arrivare Un'altra aurora che bisogna già partire Con l'acqua in faccia che schiaffeggia ma non lava L'odor di ieri e ci vorrebbe mai una doccia Leva le tende, giramondo, fra seicento Stazioni d'autostrada un nuovo p

New Christs in Italia, il punk australiano che incanta - CRONACA

New Christs in Italia, il punk australiano che incanta - CRONACA

QUESTA SPERANZA

Ti dico non finirà questa speranza Strozzata, rattoppata, inguardabile Impossibile eppure non redenta Non può finire, è il respiro dei folli Più la umiliano e più lei si ribella Vive con l'arma bianca d'un sorriso Non se ne dà per inteso. Stanca Sconta la condanna a esser chi è Ti dico che fatta a pezzi come l'hanno Non è avvezza a arrendersi, non sa Che altro fare tranne che fiorire Nel deserto d'ogni circostanza Nell'imbuto di sogni in una stanza E' speranza: immagina tu un mondo Che fa senza, che vinto si ferma Un giocattolo rotto nelle mani Dell'immenso che non ha domani Privo di colore, amore, senso Vuoto del dolore che risorge Margine di gioia la speranza Sbaglia sempre, non si compra mai Non si vende, è assurda come il vento Come un bimbo fa quel che non deve Non ascolta il tempo e se lo beve

RIDATECI UIBEUI' - Questione di odio (quindicesima puntata)

Ho fatto un esperimento, ho messo la foto del bambino ricco viziato con gli occhiali da ricco viziato che piange allo stadio per la disfatta del Brasile. Una esondazione di “mi piace”, qualcuno scomoda Erode, altri invocano – giustamente – il manicomio infantile. Tutti sadici? No, secondo me la ragione è più semplice, più terra terra, più di pancia. Non c'entra il possibile moralismo che possibilmente giustappone le tragiche, queste sul serio, condizioni dei bambini di strada, che in Brasile vengono ammazzati a peso, con questo piccolo privilegiato che si scioglie in lacrime per una partita; improbabile anche la variazione sul tema, il senso di rivalsa verso una nazione considerata un po' fanatica, disposta a chiudere gli occhi sui sui drammi veri, condensata in una smorfia infantile: tutto questo sarebbe sociologismo spicciolo ma anche contorto, e difficilmente giustificherebbe una reazione così impulsiva. La quale secondo me ha appunto motivazioni gastriche, beceramente ga

UNA VITA BLUES

Oggi dovevo finire una cosa importante, un libro da consegnare entro il mese per poterlo poi presentare ad ottobre: e sono andato al mare. A lavorare. Adesso con i giocattoli che ci sono lo puoi fare, per il mio mezzo secolo mia moglie mi ha fatto trovare un tablet, che sarebbe un computerino da viaggio, e io l'ho provato in spiaggia. In spiaggia c'era un vento naturale terribile, ma a parte questo c'era il vento della boccaccia di un paio di donnette che vociavano superando le folate. Inarrestabili, implacabili. Mi sono infilato le cuffiette, sparando la musica a tutto volume, e sentivo solo il loro gracchiare. Pazienza, almeno il tablet funzionava benone e ho potuto procedere con la stesura definitiva. Tornando in Vespa, dicevo, anzi urlavo, a mia moglie quanto fossi soddisfatto: il libro è uscito sorprendentemente bene, malgrado certe difficoltà per assemblarlo, e questa faccenda di lavorare senza averne l'aria, in faccia al mare, io l'avevo sempre sognata.

RIDATECI UIBEUI' - Questione di feeling (quattordicesima puntata)

Era già tutto previsto, quando si gioca male, male veramente, prima o poi si becca, abbondantemente (si notino peraltro, qui in patria, le riflessioni di Mancini, autocandidato alla Nazionale: "Ripartirei da Balo, Buffon e Pirlo". E qui a Uibeuì che dicevamo? E da Abete, Carraro, no?... C'è sempre una disfatta altrui che legittima le proprie). E adesso fan fagotto in due: Felipao e Dilma. Gelosissimo l'ammi-raglio Prandelli, quello del Codice Da Perdi: appena visto il Brasile, ha capito che quella è la squadra per lui, fatta apposta per lui. E sta già pensando di ritirare l'offerta del Galatasaray. Questione di feeling. Così saranno contenti a Notti Mondiali, l'unico, il solo programma all'altezza della Seleçao, dove volano domande agli inviati del tipo: “Come l'ha presa il popolo brasiliano?”. Mah, come l'ha presa, tutti felici, ballano la samba insieme a Loew, che con le sue camicie di Moplen e i capelli da Playmobil pare uscito da un episodio

RIDATECI UIBEUI' - Codice Prandelli (tredicesima puntata)

Ma se la finale fosse Olanda Germania come 40 anni fa? Cioè le compagini più solide, più calcistiche. Sta scritto nelle tavole della politica ma mica in quelle divine che questo mediocre Brasile debba per forza arrivare in fondo e lo stesso dicasi per un'Argentina poco più degna. E comunque, che Mondiale scarso. Barboso, partite – le poche che questa Rai a mezzo servizio e canone intero concede – che non finiscono mai. La vera novità mi sembrano i giocatori, complessati, fragili, quelli del Brasile li mandano dallo psicologo: chissà Neymar adesso che qualcuno ha messo in pratica i suggerimenti di Oronzo Canà: ti spezzo la terza vertebra. Roba da galera, ma il ragazzino è talmente odioso – un vero campione mondiale d'antipatia da suggerire la tentazione dell'indulgenza verso chi l'ha fracassato. È un torneo specchio dei tempi, liquido, scorre via e lascia poco e niente, poca personalità nei calciatori, poca negli allenatori. Loew della Germania, che pare un personaggi

IL FARO 26/14

Chi fa il lavoro sporco?

ANCORA E ANCORA

Macchie di città io troverò Nei recessi reconditi del cuore E la sincerità che non mi muore La userò per cantare di te Ancora e ancora, perché voglio così Questa vita è una foglia di tempo Che il fiume della fretta porta via Una fetta di dolce troppo spesso Avanzata per stupido pudore Macchie d'amore ancora caverò Dalle mie ferite più profonde Altrimenti non servono a niente Ma io ti debbo dire ancora e ancora Dell'amore che mi ondeggia dentro Nonostante tutto come un campo Di fiduciosi girasoli che Mentre vivono di luce morranno Io non so guarire la condanna Di gioire di farfalle e ombrelli Di vedere stelle dentro il salto Che nell'aria un gatto spicca e ancora E un'altra volta ancora il mio peccato Sarà non imparare la lezione Del silenzio nella distruzione Del sorriso bruciato da estati Senza mai difesa senza scampo Fermo sulle gambe già in attesa Di un bacio qualsiasi del vento Che si posi sulle cicatrici

Pink Floyd, nuovo disco a ottobre - CULTURA

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PORTAMI

Portami dove non sono mai stato Dove cresce un sorriso di parole Scorre l'acqua di giorni silenziosa E il volo di un abbraccio ha ancora senso Portami nell'incognita riscossa Dove seguo la traccia di te Arrivo ad aiuole che bambini Possono calpestare come in sogno Ed è in sogno che spremo un cuore rosso E ne esce una teoria di fiori Del color del tempo riscattato Tutto brilla nella notte stesa La tua mano tesa che la mia Prende dolcemente, porta via Da spirali stupefatte e folli Mi conduce dove mai non fui Ma ritrovo il fiume, riconosco L'inaudito dove sono stato Ho lasciato spigoli di me E tra vicoli di vita gocce Di momenti rivedo, quasi specchio Nelle trecce di questi frammenti Ciò che resta di una storia a brandelli Luccicare tremulo di stelle Che nasconde più che non si dica Ma non è importante, m'hai portato Dove sono già stato e mi aspettavo Qui c'è pace, più nessuna attesa Solo voce di una luce acce

IL FARO 25/14

Non piace dirlo, ma la nostra vita è un pic nic tra le mine vaganti. Di tutti i tipi. E senza difese. Non piace scriverlo, ma il Faro lo fa. Sempre in vostra compagnia, ogni fine settimana. Il Faro, l'elettrorivista di MDP.

50

Dirò così. Il tempo non ha più tempo, certe atmosfere, certe suggestioni sono troppo distanti, solo a cercarle mettono dolore, inafferrabili lenzuola di luce. Sono i raggi di sole del bambino che adesso conta decadi, e la separazione è vertigine. Passano baleni che subito si bruciano, l'immagine di te la vedi impolverire. Eppure non sei pronto, più senile di tuo padre alla tua età ma continui a sentirti impreparato; l'esperienza è un alibi che crolla, l'incredibile rassegnazione un canto ma io, girasole che piega, archivio serenate antiche, menzogneri eroi. T'aspettavi almeno di vederci più chiaro, ma quello che provi è un gran freddo e lame di stanchezza. Fanciullo dentro, vecchio fuori, e in mezzo l'uomo che hai paura di ammettere. Spaventa per niente questa scadenza, preoccupa al passato. Dirò così. Il tempo non è stato, perfino le ferite ora sembrano vane.

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