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Visualizzazione dei post da marzo, 2014

IL VOSTRO E' MIO

Ma se il dolore ti bussa alla porta tu che fai, fingi di non sentirlo, non ti fai trovare oppure gli apri? Se ti stana, ti prende per l'anima e chiede ascolto scapperai via oppure provi a rispondere, come puoi, con quello che hai, sapendo che il tuo cerotto non ferma niente? E il dolore non manca mai di chiamarmi. Non ce n'è di evitabili, anche il più infantile non lo puoi trascurare, fa male per definizione, toglie il fiato oppure non è. Il dolore che non ha forma, che scava dentro, si maschera, si stordisce, si disperde ma è sempre lì, impalpabile come una montagna d'acqua e non bastano parole per spiegarlo. Il dolore che sta in un messaggio, una fotografia. Un ricordo o una attesa. Un momento o una vita. Una scommessa o una rinuncia. Il dolore che lo maledici perché c'è, ti viene a cercare, ma poi capisci che non ha colpa, lui è solo un urlo, a volte un urlo muto, un mormorio o un'allusione, lui è così, lacrima del mondo e non può esserci mondo senza di lu

LEGGENDO FONTANE

Leggo "fontane di dolore", capisco il tuo stato d'animo, abbasso lo sguardo e mi raccolgo nel mio di dolore. Q uesta primavera è più malinconica che mai, sarà che l'anno scorso mi ha portato via una persona troppo giovane e preziosa perché possa abituarmi alla sua assenza, sarà che c'è sempre qualcosa per cui disperarsi e mai un attimo di tranquillità pura, sarà che la pioggia continua a scendere come a ricordarti che non c'è consolazione in questa vita ... Sara Eppure, nonostante tutto la vita ci sfida. Ieri ho visto un albero, vecchio, malandato, ma anche lui non rinunciava a mettere nuove foglioline. Ho pianto ancora, ma erano lacrime diverse.

GLI ULTIMI

Non sono credente, ma non posso non provare una stima e una ammirazione quasi lacerante per questo papa che, con assoluta naturalezza, con la confidenza davvero di un padre, dolce e virile allo stesso tempo, riesce a portare il sorriso negli sguardi della sofferenza. Spero di non essere arrogante o sconveniente se mi permetto di dedicargli questo pensiero, già pubblicato, già letto in pubblico, ma che oggi, vedendolo accogliere tanti bambini malati, tante persone sfortunate, mi preme come non mai. Li riconosci subito. Hanno laghi negli occhi, di dolore, di sgomento, di stupore. Li riconosci quegli sguardi vacui in apparenza, che tradiscono il disagio di sapersi in ritardo, sempre compatiti, sempre tenuti un po' indietro, a volte troppo avanti. Si portano addosso un odore patetico, denso e inconfondibile. Nessuno vuole stare con loro. Vivono rinchiusi in una fotografia, c'è un cantante che li abbraccia, e ingiallisce ogni giorno, ad ogni sguardo. Momenti d'ingenua b

Jannacci, un anno senza Enzo - CULTURA

Jannacci, un anno senza Enzo - CULTURA

Twin Peaks, Laura Palmer e la sua profezia - CULTURA

Twin Peaks, Laura Palmer e la sua profezia - CULTURA

NEVER STOP - I ROLLING STONES OLTRE I CONFINI DEL TEMPO

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FONTANE DI DOLORE

Ieri no, ma ormai mi manda in frantumi vedere un animale morto sul ciglio della strada. Sparpaglia tutto dentro vedere passando in Vespa una piccola trattoria in attesa inutile, tovagliette candide di carta su ogni tavolo, e sono tutti vuoti e il padrone in grembiule ti tramortisce con le sue onde di sconsolata attesa. Così come ti ammala il sole che cade nel mare di un molo al tramonto, due ragazzini si abbracciano nel riflesso e tu vorresti chiedere ai pescherecci indifferenti e immoti i segreti di una vita bugiarda. Quante volte mi sono arreso alla sconfitta, atleta distrutto che s'accascia sul prato. L'ultima volta che mio padre abbassò la saracinesca di un'aziendina che era tutta la sua vita. L'ultimo suo saluto, nel bar d'ospedale più squallido del mondo, dopo la sentenza: “Non ho paura di morire, solo di lasciare la mia bella famiglia”. E non aveva avuto un cazzo dalla vita, e io in silenzio bestemmiavo Iddio. Fuori era maggio, e c'era un sole, un so

L'UOMO DA UN MILIONE DI EURO

“Vi sembro io un uomo da meno di un milione l'euro l'anno?”, chiede retoricamente il boss delle Ferrovie Mauro Moretti, ex sindacalista, uomo di D'Alema. Dovessero giudicare quelli che viaggiano in treno, non avrebbero dubbi. Alla fine dello scorso settembre io ho avuto netta la percezione di un pericolo esistenziale, cioè che si rischia la pellaccia anche solo a prendere un convoglio in Italia. Saliamo a Padova, io e mio fratello, reduci da uno spettacolo a Castelfranco la sera prima. A Bologna in stazione ladri e drogati da tutte le parti e la sensazione antica di doversi continuamente guardare le spalle che gli sbirri in borghese, riconoscibilissimi, non possono attenuare. Neanche una tavola calda, uno straccio di ristorante ma in tanto squallore hanno aperto un banchetto della crema Nivea dove due ragazze annoiate offrono campioni omaggio che quasi nessuno accetta. Piove che Dio la manda e dalle grondaie bucate ti travolgono docce proditorie e dalle piazzuole inter

IL FARO 11/2014

Quando un titolo dice tutto. All'interno, tutto si spiega con dovizia di notizie. Il Faro vi fa male ma vi fa bene perché vi fa godere. Il Faro, l'eletrtorivista di MDP, ogni sabato nella vostra casella di posta elettronica. Per un finesettimana libero, ma libero veramente. Il Faro.

SINFONIA

Primavera mi germoglia parole. Guardo le foglie e mi vien voglia di scriverle e una panchina va bene, un viale quieto va bene. Un tuffo al contrario per esplorare il mondo di un albero in apnea. Quel verde che s'affaccia, che rinnova la pianta, l'inesorabile gioia ostinata del tempo, della natura che torna, che non si arrende mai, vive per morire, muore per rinascere. E la gente non sa, non avverte che è parte di tutto questo, nei sorrisi storditi, nei suoi occhi accesi. Non siamo piante che vivono, che sentono la luce, non sono foglie forse questi pensieri nuovi? Primavera germoglia ricordi tinti di sempre: il vento porta mite una fragranza di pranzo, esce da una finestra e sto tornando da scuola in uno dei mille sabati; io mi trovo bene in questa sorpresa attesa per un anno, inaudita se arriva, che si ferma un istante. Pianta che si pensa, s'illude di pensare ma quello che fa è vibrare, protesa nel futuro. Pianta che guarda piante, le respira, le adora, ci si tuffa d

ENNIO FLAIANO

Andate a scoprirvi Flaiano. Scoprirvi, scoprirvi, tanto non lo conosce nessuno, come tutti quelli troppo citati. Andate a cercare Flaiano nei diari, nelle recensioni, nel guazzabuglio di riflessioni spicce. Tre frasi. Una riga. Una lunga cronaca teatrale. Flaiano scrive femminile, con morbosa sensibilità femminile, basta una foglia d'autunno ad annientarlo. Allo stesso tempo è cinico, vulnerabile e vissuto. Illuminazioni di un lampo. Riflessioni come arabeschi e poi, alla fine, sempre, una morale ch'è una crepa al cuore. In questo abruzzese geniale, la malinconia albergava. La solitudine si acuisce nel girare, girare per non sentirsi solo e poi scoprire che sei stato peggio che solo, sei stato in compagnia. Girare per sentirsi più solo, più staccato. Ma la sua prosa trasuda intelligenza (e il genio anche di quella è fatto, non solo d'intuizione, l'intuizione va poi sistemata, sistematizzata), ed è salutare scorrerla per imparare a scrivere chiaro, leale, incisivo.

GOLFINO

Ha avuto fortuna esagerata l'intuizione del protagonista del film La Grande Bellezza, il Gambardella che dice, più o meno, d'aver scoperto a una certa età che non deve perdere tempo a far cose che non si sente di fare. Complimenti. Se trasporto la faccenda sul personale, mi accorgo d'esserci arrivato in anticipo: a cinquant'anni quasi suonati, per esempio, mi sono sgravato del problema di cosa mettermi. Se non hai un soldo in tasca e tre vestiti nell'armadio, far quadrare lo specchio è una missione impossibile, qualsiasi straccio ti butti addosso resterai sempre uno stracciarolo. Fino a ieri m'incazzavo, ma possibile mai qualcosa di decente? E me la prendevo di più vedendo, per esempio ai concerti, i fighetti che vestivano finto povero, oggi ribattezzao vintage. Costosissimo, tutti gli accessori rigorosamente sciupati al posto giusto, il calzino in armonica disarmonia e via dicendo. Una rabbia. Stronzi. Poi, di colpo, l'illuminazione: chi se ne frega. A

IL FARO 10/2014

Distruggere tutto: questa sembra essere l'ultima missione rimasta ad un Paese che si va autodistruggendo. Distruggere tutto, le cose, le emozioni, la fiducia, la speranza. Distruggere e non ricostruire: no a tutto, distruggere tutto, rinunciare a tutto. Ne usciremo? Chissà, forse distrutti. Il Faro 10, agli abbonati, via email da sabato 15 marzo. Il Faro, l'elettrorivista di MDP.

IN FACCIA AL MARE

Forse Dio è solo una disposizione dell'animo e su quella mi sono naufragato. Ma sento che più cammino e più mi faccio fragile; chissà mi disperderò nella polvere delle mie orme, di questa tenerezza fatta di ferite, dell'esercito di mancanze che mi perseguitano. Di stanchezza. Svanirò senza avvertirlo... Arrivo in faccia al mare che affoga nella notte: sento il mistero del tempo. Lo sgomento. L'assenza di ogni scopo. Questo mare è un muro, un capolinea, tutti i miei cambiamenti, le mie stagioni si fermano qui, la risacca della vita mi ha scaricato qui. Quietamente terrorizzato ne scrivo, ma non guarisco. Mi sento più solo, più inutile, una scheggia di dolore senza voce. Senza interlocutore. Non più vivo degli scafi che insabbiati mi guardano. Non più degno. Quanta stanchezza c'è nella rinuncia, nella consapevolezza della resa. Quanto vuoto c'è nel vuoto. Il mare nel buio è uno specchio in attesa, un cuore minaccioso, la pace che non ti raggiunge, l'emergenz

CHIEDI DI LUI

CHIEDI DI LUI Daniela Tuscano – Cristian Porcino Daniela Tuscano, sorcina. Di professione sarebbe professoressa, a Milano, ma la missione è sorcina. Violentemente sorcina. Non conosco nessuno più sorcino, e so anche che, arrivata a questo punto, si sarà messa a urlare, in quel modo che i suoi studenti conoscono bene. Allo stesso tempo, Tuscano è un'antisorcina, distinguendosi consapevolmente per l'alta cultura e il senso critico. Con queste credenziali, Daniela ha cofirmato un libro, naturalmente su Renato Zero. Rectius, su di lei che parla di Renato Zero. Approccio in potenza indisponente, ma aspettate, prima leggete il libro: così capirete come ha fatto questo cantante che non è mai stato solo un cantante, ma un altro pianeta, a entrare nel dna di così tanta gente. Perché non era possibile altrimenti, o lo snobbavi o te ne innamoravi. La memoria di Daniela, costellata di aneddoti rigorosamente sorcini, strappa alla polvere l'affresco di una generazione: quella

Rolling Stones, le maledizioni del gruppo - CULTURA

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Rolling Stones, polemiche sulla tappa italiana - CULTURA

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LA VITA STANCA (PIERO CIAMPI)

Quando una domanda ti disperde Uno sguardo pesa come il mondo Perfino un bambino è una carogna E due spalle alzate una montagna E una piuma un gancio che ti scanna Un sospiro lancia una sassata Dritta addosso all'anima che aspetta Attillata da troppa coscienza Non ti lascia, non puoi farne senza La foresta di sogni di carne Ogni cosa strappa, è lacerante Specchi la tua fronte nel dolore Che risale da vapori assenti Questo lo sai fare, coi tuoi occhi Per vedere dove non c'è niente D'apparente eppure tanto chiama Col vigore d'un fiore che sboccia Tra le suggestioni di giardini O un tramonto in faccia che t'intona Piogge di canzoni su ragioni Che rintracci eppure non accetti Mentre il terremoto invade il vuoto E aspetti la fine dell'estate Su un cuscino di foglie cadute Dove la tua mente resta ferma Nell'incanto del verde e del verme Basta che ti guardi intorno e trovi Covi d'emozioni in mezzo ai ra

Neneh Cherry torna con Blanck project - FATTI

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MIA MARTINI

Ogni volta che la televisione manda un ricordo di Mia Martini. Se uno vuol capire cos’è la disperazione, deve sentire cantare Mimì. Deve guardarle gli occhi quando canta. Era grande Mimì. Tutte belle le ha cantate. E in braccio alla sua voce diventavano ancora più belle.  C’è del vero nella spiegazione che la sorella, Loredana Bertè, dà di quell’atroce scherzo, quel marchio che la voleva jettatrice: quando uno è troppo, quando va oltre, bisogna pur farlo fuori. Quello, esoterico, così improbabile, impalpabile, volgare era anche il modo più efficace, tant’è vero che l’ha uccisa. “Loro”, hanno portato male a lei. La gente crede sempre volentieri al peggio, anche se è folle. Renato Zero è buono: arriva a “garantirla”, nel 1989, quando lui stesso va cercando un complicato rilancio, con tanto di firma contro assurdi incidenti al festival di Sanremo. Pazzesco, non è vero? Poi le voci di jettatore hanno lambito anche lui, si direbbe per osmosi. E invidia: forse nel desiderio d’annientare

INDIFESA E' LA PAROLA: IL VIDEO

Madamatap: Indifesa è la memoria: Massimo Del Papa omaggia En... :    Indifesa è la parola : Massimo Del Papa non poteva scegliere titolo più adatto per riassumere l’esperienza umana e giudiziaria de...

Iggy and the Stooges, le strade si dividono - CRONACA

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ULTIMA SERA

Volevo andare sono andato a salutare l'inverno, ultima sera nel solito viale di panchine deserte coi treni che passano a fianco, la strada impedita da muri di rami tagliati ma su quelli sani migliaia di gemme, piccoli missili carichi di vita, grammi di esplosioni che verranno tutte insieme e sarà primavera. Volevo salutare l'inverno ma l'aria se n'era già andata. Poi, poi il tepore è crollato e risaliva il gelo che contiene il buio, ascoltavo Brunori le sue malinconie, lui canta spesso la malinconia, come da ragazzo altri dischi mi portavano via dall'inverno ma la musica è cambiata, questa età non guarisce, la primavera non entra più in me. Come un cane cercavo per terra il coraggio di cambiare, quel che serve, quel che va stravolto, per ricominciare, celebrare quest'altra primavera. Ma non si trova quello che non c'è. Avevo fretta di tornare a casa, scrivere tutto, invece l'ho tenuto stretto nella testa. E camminavo. In cielo s'affacciava la pr

CHI SONO IO? (LOU)

Chi insegna al mare a obbedire alla luna? Ai pesci a nuotare, alle piante a soffrire? Chi insegna ai leoni a fare l'amore, a un bambino a giocare a pallone? Chi ci inietta la violenza nel cuore, la voglia di morire, il seme di un verso? Chi sceglie le parole, pensa i terremoti, fa cantare la pioggia, danzare la neve? Quale forza trasforma i villaggi in città? Chi inventa il destino che si inventa da sé, le occasioni perse, i morsi della noia? Chi ci fa bere sorsi di amarezza e ancora addolcirli con zucchero di gioia? Cosa fa gli uomini uguali e diversi, cosa li spezza tra sciocchi e sublimi, cosa ci ha fatto polvere di stelle che specchiamo negli occhi la sera e l'azzurro si scioglie in un sudario nero e niente sembra vero e tutto è un gioco oscuro? Chi ci ha messo in corpo nostalgia d'infinito, e i fulmini nell'aria, e l'aria nei polmoni? Chi mai inventa sculture di vento, e mari di fiori e sogni e pensieri, e fa sentir male per una canzone, parlar

LO SGUARDO DI MIO PADRE

Tutto ho dovuto scontare, specie la presunzione. Rimproveravo mio padre, senza sapere che chi è sconfitto ha giusto la forza di restare a letto, peso morto, cosa deanimata, immobile non essere battuto da se stesso. Lui invece si alzava, batteva sui vetri della vita come un colibrì impazzito chiuso in un emporio abbandonato. Adesso capisco. Adesso sperimento sulla pelle dell'anima, della coscienza questo non trovare coraggio, orgoglio della mia umanità, dei miei diritti, del mio posto al mondo. E ho solo due gatti, non due figli da difendere. C'è tutto un percorso da fare: parte dalla caduta, prosegue nella spoliazione delle ambizioni, passa per una mitezza sconosciuta, non conquistata ma accettata, insiste nel distacco delle foglie dei sogni, atterra a una calma che non è pace, è mancanza di voglia. Dalla scomparsa della tensione consegue il cancellarsi, l'annullamento di chi sei stato fin qui. Di chi credevi d'esserti. Allora le albe assumono fragranze sconosciute

TUTTI UCCIDONO TUTTI

Stavo per scrivere un pezzo sui femminicidi che crescono sempre, che travolgono anche la festa delle donne, poi mi sono fermato. Tre uccise in un giorno, ma poi anche le due che a Cesano Maderno finiscono a martellate il marito e padre, e la albanese che per un'assurda rappresaglia fa fuori tutte e tre le figlie, avute da uno che lei stessa ha lasciato e che ha avuto il torto di rifarsi una vita. Non chiamateli depressi: non lo sono. Non credete loro quando dicono: non so cosa facevo: lo sapevano benissimo, uccidere qualcuno non è così facile. Eppure, allo stesso tempo non è mai stato tanto semplice. Tutti uccidono tutti, tutti distruggono tutto. La logica è quella della cancellazione, se finisce una storia, se tu non stai al mio gioco, alle mie pretese, io non solo rimuovo te ma per sovrappiù elimino tutti i figli del tuo grembo, del nostro amore. Sono infanticidi perpetrati da mani infantili, gente senza capacità di un pensiero logico, razionale, responsabile. Per un branco

Musica, David Crosby torna con Croz - CULTURA

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IL FARO 9/2014

Per parlare (anche) di fuffa senza diventarlo. Svelarla, la fuffa, è un lavoro ingrato ma qualcuno deve pur farlo. E chi, se non il Faro? Il Faro, l'elettrorivista di MDP ogni sabato pomeriggio nella vostra casella di posta elettronica.

UN GIORNO PERFETTO (LOU REED)

La solitudine di un treno che arriva Sulla riva di destini si ferma Che salgono come condannati Si disperdono nei suoi vagoni E' un attimo, già sulla banchina E' un deserto d'onde di ricordi Penzolanti da ganci d'assenza Noi continuiamo con le nostre gioie Da niente, con il nostro dolore Tra i denti, sta tutta in un tonfo La solitudine di un treno che parte E' la stessa dei denti che perdi Sta nei grani di un rosario rotto Nella scia trafitta dal tramonto Di un giorno perfetto ma per finta E lo stesso ucciso troppo presto Sei tornato a vuota prigionia Gli animali dormono allo zoo

INDIFESA E' LA PAROLA - SAN GINESIO, TEATRO LEOPARDI, 7-3-2014

E' forse troppo facile, dopo una serata riuscite, ringraziare chi l'ha resa possibile. È facile, ma allo stesso tempo è un piacere inevitabile questo condividere una scommessa vinta. Perché è una scommessa. Portare un monologo, su una tragedia lontana, nudo, soltanto una voce e un pianoforte, in una notte gelida di marzo, è una scommessa. Non sapevamo se e quanta gente l'avrebbe raccolta. L'argomento era spinoso. Faticosa è la memoria, ingrata è la tragedia, indifesa è la parola. Alla fine, il teatro era quasi pieno. Due ore. Tanti momenti che, usciti dal teatro, staranno dentro di me per sempre. Io non ho un traino mediatico, ho solo questa faccia, questa voce. Dobbiamo ogni volta convincere. Andare oltre le aspettative. Ripagare chi ha scelto di rischiare accogliendoci. Proponendoci. Io penso che ieri sera siamo ci siamo riusciti: si sente, quando succede. Si sente nel silenzio, nel respiro di chi non vedi, sotto di te. E poi questo teatro ha qualcosa. Sarà l'

INDIFESA E' LA PAROLA

Luca Casarini, dalle Tute Bianche a Tsipras - POLITICA

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Manlio Sgalambro, vita di un pensatore pop - CULTURA

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LA CONVENZIONE EUROPEA

Siamo invecchiati dentro l'Europa respirandone le diffidenze dall'interno: unione artificiosa, monetaria, continente bancario senza un comune sentire, senza una appartenza condivisa, senza una occasione per mostrarsi nella sua fondatezza di casa comune. Bene, l'occasione è arrivata, è la più grave crisi geopolitica del dopoguerra e dalla fondazione unitaria. Occasione puntualmente sprecata per mancanza di presupposti: Putin occupa, invade, disloca le truppe e l'Unione Europea dice: ne parliamo giovedì. E non potrebbe essere altrimenti, perché l'Europa delle nazioni è come tante macchie che non fanno un leopardo: macchie di egoismo, di europeismo a parole ma di localismo nazionale nei fatti. A quasi un quarto di secolo dalla costituzione della casa comune, ciascuno degli inquilini mantiene obiettivi, problemi, condizioni incompatibili con tutti gli altri e solo la genericità di una crisi globale maschera e, in modo molto parziale, attenua le spinte centrifughe.

IO SO DI VOI

Io so di voi, dei vostri tradimenti Dei vostri giorni vuoti e troppo lenti So dei letti occupati a casaccio Con le lenzuola dall'odore ghiaccio So delle vostre tessere sbagliate Che non combaciano neanche a tagliarle Io so di voi, dei vostri fallimenti Dei vostri denti bianchi, sorridenti Di fottuta paura d'esser niente E non più di questo, col rosario di sforzi Di fioriture inutili di marzo E di dicembre, che rinchiude le ombre Di Natali lontani, millantati Io so di voi, più che immaginate Perchè nel silenzio me lo dite Di un'ammissione che non vuole parole Non pensa voli, ha le ali sconfitte Dalle fitte di quel sottovivere Che un profumo d'incenso non asciuga Io so di voi, delle vostre fughe Di biglie ubriache, colpite di taglio Dalla vita, sempre nelle buche Che bagliori ingoiano di gioia Io so di voi, delle vostre rughe Posso indovinarle una per una Come rivoli d'umido dolore Solchi di perle acide dal mare

CARO PAPA'...

Caro papà, oggi è il 5 marzo e avremmo festeggiato il tuo compleanno, io come sempre in un'ombra di pensiero: eri uno scriteriato, anche se pieno di vita. Quella vita che hai mangiato e ti ha mangiato, fino a che gli ultimi compleanni preferivi non ricordarli più. Oggi sono qui, fuori è inverno tardivo e traditore, mia moglie tossisce a letto con una influenza fuori tempo massimo, io mi faccio un caffè in un'ombra di pensiero: ho più dell'età che avevi tu quando ci portasti qui e sembravi finito e invece ti rialzasti per garantirmi ancora una scommessa, questo mio sogno diventato incubo di fare il giornalista. Ho più della tua età, ma mi rialzo? O mi trascino nell'irrilevanza di compleanni impacchettati in una rinuncia? Mi avevi insegnato a non arrendermi mai, ma mi risuona solo un cliché, un luogo comune senza presupposto, senza prospettiva. Forse è meglio tu non sia più qui, da sei anni e passa, e non mi pare possibile. È tutto uno schifo, e non te lo dico per consol

QUASI BLU (CHET BAKER)

Tu sei il mostro bambino senza età La spugna di tristezza quasi blu La nostra compagnia di gente sola Filo di suono che si stende e evade Dalla gabbia della prigione, su Per varchi nella nebbia parigina D'arabeschi, su fino alla luna La mattina più livida e truce Sei la notte spesa a lavorare Senza posa, a piangere e fumare Dentro la luce nera di candele Mare grigio di spuma che si sfascia In vapori di schiuma sullo scoglio Lascia sospiri che nessuno coglie L'occasione avuta tardi, morta Nella tempesta quieta dei rimpianti Sei la rassegnazione senza sconti Nuda festa per noi che abbiamo in serbo Laghi di gocce ferme, commozioni Pazze, pozzanghere di lacrime Un dolore ruvido e straziato A cascate. Tu sei l'infinito Tuono d'un sussurro, il buffo lusso Di dirlo in un soffio: mi fai schifo Mondo ma ti amo, amore e ti amo Tetra solitudine bendata Dall'umanità che m'hai bandito Dei normali. T'amo, vita i