Inutile girarci attorno, inutile imburrarsi da soli: è brutto, è devastante arrivare alla mia età, 54 oggi, senza sapere chi si è. Io non so chi sono. Non so che ho fatto. Tanta fatica, e mi par solo un libro bianco. Io sono come il frinire delle cicale, monocorde, ottuso, senza senso, sono come questo mio computer che non funziona – niente funziona mai nella mia vita. Ormai ho rinunciato perfino a chiedermelo, cosa trovo nello specchio. Non ho mai capito i soddisfatti, gli orgogliosi, quelli che si godono la vita: non l'ho mai fatto, non mi è mai successo, c'è sempre una sorta di pudore, di paura. Di rinuncia. C'è questo viale a due colonne di piante, lo percorro e infilo il mio dolore come grani di un rosario, l'entusiasmo di mio padre, la disperata speranza, l'immaginare d'esser altro, la cacciata d'un Dio che non c'era e m'ha ingannato, la fatica sprecata dell'esilio, il limbo dell'odio, lo spasmo di raggiungere chi è la fuo...