Passa ai contenuti principali

E IO CHI SONO?


Inutile girarci attorno, inutile imburrarsi da soli: è brutto, è devastante arrivare alla mia età, 54 oggi, senza sapere chi si è. Io non so chi sono. Non so che ho fatto. Tanta fatica, e mi par solo un libro bianco. Io sono come il frinire delle cicale, monocorde, ottuso, senza senso, sono come questo mio computer che non funziona – niente funziona mai nella mia vita. Ormai ho rinunciato perfino a chiedermelo, cosa trovo nello specchio. Non ho mai capito i soddisfatti, gli orgogliosi, quelli che si godono la vita: non l'ho mai fatto, non mi è mai successo, c'è sempre una sorta di pudore, di paura. Di rinuncia. C'è questo viale a due colonne di piante, lo percorro e infilo il mio dolore come grani di un rosario, l'entusiasmo di mio padre, la disperata speranza, l'immaginare d'esser altro, la cacciata d'un Dio che non c'era e m'ha ingannato, la fatica sprecata dell'esilio, il limbo dell'odio, lo spasmo di raggiungere chi è la fuori, la demenza di mia madre, il frinire di cicale. Non ero depresso per gioco, non lo ero per genetica: era la vita che schiacciava senza tregua e resistivo come potevo. Qualche volta ho resistito anche per te. Ma che bisogno di urlare, quanta voglia d'andarmene. Io finché muoio resterò sempre la voce dei perdenti, perché non ne conosco altra.

Commenti