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INDOVINA CHI NON VIENE A CENA


Orbene ammetterò, forte e chiaro, poffarbacco, che io mi sarei anche arcistrarotto i coglioni della pornografia sociale da “adotta un migrante, invitalo a cena, tienilo con te”, dal papa in giù (o in su). Ma invitalo tu, se ci tieni tanto. L'imperativo categorico non lo sopporto più, non spetta a me pareggiare i peccati del mondo, per questa storia il mio Paese succhia già adesso 14,7 miliardi l'anno, destinati a triplicarsi nei prossimi due decenni, altro che corridoio umanitario, e, naturalmente, il grosso rimane a chi li gestisce pro tempore, istituzioni pubbliche, laiche, religiose, tutti ci fanno su delle creste colossali, e il resto mancia elettorale. Mi spiace per chi se la passa male, e nessuno può capirlo più di me, ma, d'altra parte, ne ho altrettanto piene le balle di veder gente che mentre mi pretende l'obolo mi ride in faccia, considerandomi con tutta evidenza un coglione (ogni etnia è razzista a mamma soia, viaggiare per credere, basta avventurarsi a qualsiasi latitudine, probabilmente avranno anche ragione a disprezzarmi in quanto italiano, ma non per questo io debbo stare al gioco del cretino). Allo stesso modo, non ne posso più della pressione eticoestetica dei vari offesi, dalla vita o da un fidanzato balordo, che perciò stesso debbo sorbirmi ogni momento nelle loro pretese, escandescenze o moralismi, che non mancano mai, neppure nei casi, apparenti, di allegro cazzeggio da “viva la vita”. Non è così, e non vedo ragioni per cui dovrei occuparmi io della vostra campagna elettorale con cui il cinismo dei partiti, non mio, vuol trasformare le Camere in una sorta di sanatorio. Infine, non tollero oltre il mammismo imbecille di quelli che... “sì, avrà tirato 20 coltellate a un bambino per rubargli il cellulare ma bisogna dargli una possibilità perché potrebbe essere nostro figlio”. Nostro, no: casomai tuo, e allora vuol dire che, come genitore, sei, oltre che idiota, una merdaccia e meriti di svernare in Siberia insieme al tuo pargoletto. Perché mi hanno scassato irreversibilmente la minchia questi discorsi e/o comportamenti? Perché rappresentano nient'altro che ricatti morali, ipocrisie alla moda, perché la cosiddetta solidarietà la si predica sempre col borsellino degli altri e il mio ormai è talmente estenuato che non regge più neppure un pensierino; l'unica cosa che so, è che, oltre che insopportabile, questo ricatto non è giusto, non è conveniente, è una stronzata; non la faccio difficile, non sto a scomodare i padri del liberalismo, non citerò il mitico “I pericoli della solidarietà” di Sergio Ricossa, non chiamerò in causa Milton Friedman (tirato in ballo, in modo sgangherato, da Berlusconi) o Bastiat, da non confondere con Basquiat, il graffitaro, me la cavo con Vasco Rossi: “Quando c'ho il mal di stomaco, ce l'ho io mica tè, o no?”. Io il mal di stomaco ce l'ho sempre, anche la mia ulcera ha l'ulcera (cit. Stan Lee), e nessuno mi invita mai a cena. Non rivendico niente, mi sono stufato anche di questa impotenza nella tensione, tutto è sterile, tutto è vano per chi non trova cane che gli abbai, d'accordo ma anche questi ricatti demenziali, no, eh. Un tempo tendevo ad imputare tutto questo, dati causa e pretesto, ad un cattocomunismo due volte fumato, adesso mi sono disilluso, non c'è via di scampo, pure la destra fa gli stessi sragionamenti, solo trova capri espiatori diversi. C'è questa paranoia del ricco, dei soldi, che sono troppi per pochi, pochi per troppi, che dovrebbero essere spesi meglio, distribuiti meglio (e chi lo decide: una commissione planetaria presieduta dalla Boldrini?), che due maroni. Non mi disturba il jet privato di Briatore o di Bonolis, invero mi indispettisce la montagna di soldi di quelli come Zuckerberg, che sono solo dei colossali spioni/censori e non fanno mai un cazzo da mane a sera, tranne trescare con Obama, ma insomma posso sopravvivere, e poi è anche un po' colpa mia: basterebbe togliermi, o meglio toglierci, tutti e quanti, dalle loro seduzioni, e quei padreterni di felpetta cascano subito. Quello che davvero mi manda al manicomio, sono queste maschere di finta virtù che pretendono sempre di fare gli splendidi con le chiappe degli altri, le mie nella fattispecie, è questo pietismo in saldo, questo continuo invito, che poi è un diktat, a elargire, donare, offrire, spendermi, farmi carico, prendermi a cuore, prendermi cura, prendermi in culo, impegnarmi, giustificare, giustificarmi, sentirmi in colpa, rimediare, aggiustare, risolvere, cambiare, perdonare, capire, comprendere, mettermi nei panni, accogliere, aderire, condividere, compatire, consentire, concedere, confrontarmi, ascoltare, migliorare, equilibrare, parificare, livellare, bilanciare equalizzare, su le mani! Quando è chiaro che non si equalizza un cazzo. Si può dare di più, ma si può anche dare di meno. Nessun uomo è un'isola, nessuno ce la fa da solo, nessuno tocchi Caino, ma anche nessuno rompa i coglioni e così sia.

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