Intervistato da Piero
Vietti sul Foglio, l'esperto di strategie Marco Lombardi ha detto che
"l'Europa non ha una governance forte contro il terrorismo".
Tradotto dai tecnicismi diplomatici significa che l'Europa di vetro
non sa che cosa fare e, nell'incertezza, continuerà a far niente di
fronte alle stragi che si susseguono. Tra quella di Nizza e quella di
Berlino 5 mesi, ma sembrano di più in parte per l'effetto rimozione
che la mente scatena di fronte ai traumi, in parte perché i traumi
si susseguono farcendo il tempo, che acquista prospettiva falsate,
bergsoniane. Un'altra chiosa che si potrebbe fare all'opinione dello
stratega è che i singoli Stati, a forza di sentirsi paralizzati, a
forza di delegare la propria azione ad una Europa che non c'è, hanno
perso la convinzione per agire in proprio. Un sistema di sicurezza
appena decente avrebbe ipotizzato un attacco suicida via camion
nell'area dei mercatini di Natale; un sistema penoso non ci ha
pensato e i sistemi dei singoli Paesi europei sono tutti penosi,
prova ne sia che nel centro di Milano, egualmente pieno di mercatini
natalizi, si sono affrettati ad installare barriere e blocchi subito
dopo la strage tedesca, il che dimostra se non altro una bella coda
di paglia.
Di cose da fare ce ne
sono e possono essere fatte. La politica dell'accoglienza crescente è
suicida, in Germania, come ha dimostrato il reporter di guerra Fausto
Biloslavo, quasi tutti gli attacchi interni, sventati o portati a
termine, provengono da rifugiati, a conferma che il sistema a maglie
larghe finora vigente non è più proponibile. In città d'arte e di
turismo come Firenze, che è un colossale bed and breakfast
spezzettato, si possono nascondere gli individui più strani e
pericolosi e nessuno andrà mai a cercarli per quei palazzi cadenti
reinventati in pensioni, lungo quelle scalinate anonime e lugubri.
Chi scrive è stato ospitato quasi un anno fa in una sorta di ostello
a una stella e ha dovuto lui registrarsi, nella totale incapacità
dell'addetto russo o ucraino che non parlava una parola di italiano e
non aveva alcuno scrupolo di alcuna procedura. A Milano, domenica
scorsa, per il centro stavano almeno duecentomila persone ma le
divise dei carabinieri o dell'esercito, le camionette in
stazionamento apparivano pura coreografia, un attentato avrei potuto
scatenarlo anche io con mezzi di fortuna. Ho preso 6 treni in due
giorni, su nessuno ho intravisto elementi di polizia: anche a voler
immaginare soggetti coperti, non si capisce che funzione possano
avere se non quella, eventualmente, di constatare il disastro. Per i
metrò, a Milano come a Roma, è facilissimo passare al punto che
episodi di violenza spicciola accadono tra indigeni e tra diverse
etnie che si vorrebbero assorbite, urbanizzate. Ma di integrazione
resta poco e niente, come dimostrano le faide in piena Milano da via
Padova a piazzale Loreto, ovvero si integra da sè, spontaneamente,
chi ha interesse ad omogeneizzarsi spinto da una occupazione, gli
altri restano a covare la loro rabbia fanatica e i loro propositi
malsani. E gli altri sono in numero di migliaia e nessuno sa come
arginarli, cosa puntualmente confermata dai retroscena delle stragi.
"La sicurezza
assoluta non esiste" è una banalità politica replicata da
mille bocche, ma in un 1016 che ha visto almeno 20 attacchi letali di provenienza jihadista il punto è che siamo semmai
all'insicurezza assoluta o quasi. E siccome l'incertezza comincia
dalle parole, e contagia le idee e da queste le soluzioni, forse sarà
il caso di cominciare a guardare in faccia la realtà e a definirla
come tale: la integrazione non funziona, il multiculturalismo non
funziona, Francia Belgio e ora Germania pagano pesantemente le loro
illusioni, le dissonanze cognitive, gli imperativi politicorretti
provenienti dall'Europa che non c'è; in Germania sono emerse
agghiaccianti lacune nelle forze di sicurezza, che a distanza di 24
ore dal macello non hanno saputo dire se il responsabile fosse stato
preso, hanno scelto uno forse estraneo, non hanno saputo dire dove e
come fosse fuggito l'attentatore materiale, né chi lo coprisse, né
se sussistessero ulteriori pericoli immediati. Esattamente come in
Belgio e in Francia, e, allo stesso modo, la cancelliera Merkel la
pagherà.
Perché è inevitabile:
va inesorabilmente a finire che da una data condizione, devastante,
sorge per rigetto una condizione opposta che è precisamente quella
dei muri e dei fili spinati, in base alla vecchia regola "dove
non c'è controllo subentra isteria". Per scongiurare i muri
(che a volte ci vogliono), i ghetti e i fili spinati si renderebbe
necessaria una maggiore penetrazione dei servizi di sicurezza, che
non possono sempre constatare la matrice terroristica di soggetti
benevolmente lasciati andare una volta fermati. Ma è indispensabile
anche una nuova politica, selettiva degli ingressi, più severa dei
reimbarchi, così come - è sempre lo stratega Lombardi a proporla -
una israelizzazione delle nostre città: cavalli di Frisia, posti di
blocco, militari in assetto di tiro dalle postazioni. Situazione
sgradevole, certamente, ma anche male necessario, non più
rimovibile. Israele è abituata ad una situazione emergenziale e
contiene i danni, l'Europa ha prospettive di terrorismo endemico a
lunga durata, almeno dieci anni, e non sa risolversi ad adottare le
misure minime di prevenzione e di reazione, resta ancorata al
fatalismo estetico, ai giocattoli sentimentali, i fiori, i disegnini,
i girotondi, le cantilene là dove il sangue asciuga. E agli appelli
deliranti del papa, di alcuni prelati zelanti come Galatino e degli
intellettuali: più accoglienze, più fiducia, più distinguo
fuorvianti, più assurdi mea culpa. Certo, che gli uomini sono tutti
uguali: ma le culture, le credenze, i retaggi li cambiano. Un
occidentale polacco fino all'ultimo cerca di impedire la strage, un
fondamentalista del mondo islamico lo uccide e scaglia il camion
sulla folla. Non vedere questa differenza significa disprezzare
l'estremo sacrificio di un uomo coraggioso e spegnere la dignità
dentro noi stessi. Perfino alcuni intellettuali di estrema sinistra,
sentendosi chiudere intorno la morsa del terrore, hanno cominciato a
rivedere le loro convinzioni al limite della complicità con gli
stragisti islamisti.
Mi ha colpito (in negativo) la reazione della Merkel, sbrigative parole di condoglianze e giretto per il mercatino sfasciato e poi la preoccupazione più urgente: "se l'attentatore fosse un rifugiato sarebbe orrendo".
RispondiEliminaMi ha commosso invece il sacrificio del camionista polacco, come a Nizza l'incoscienza coraggiosa di 3 persone che provarono a fermare il camion in motorino, in bicicletta e a piedi...