Le classifiche militanti
sulla legalità, come quella di Transparency, non sono una cosa seria
– chiedetevi sempre chi le stila, dove va a parare, chi li
finanzia, e non resterete mai delusi. Ma, ammettendo per un attimo
che lo siano, viene fuori che i paesi più corrotti coincidono, vedi
caso, con gli ex comunisti, quelli cioè dove la legalità, in forma
di eguaglianza, veniva insufflata a mezzo di dittature; Bulgaria,
Romania, eccetera. Il paese più corrotto al mondo è la Corea del
Nord, solo per caso l'ultima macchia di comunismo integrale, con
buona pace dei somari che equiparano mercato a “dio denaro” a
corruzione, copiaincollando le fregnacce di Toni Negri di 40 anni fa.
Fermo restando che non esiste sistema immune alle tentazioni degli
uomini, è vero il contrario: dove non c'è mercato, concorrenza,
libertà, dove lo Stato si estende a coprir tutto, la corruzione si
allarga e discende ai livelli più bassi, come per ottenere una carta
d'identità o un qualsiasi certificato. È la preponderanza
soffocante dello statalismo ad alimentare la corruzione più di ogni
altra cosa. Ora, prendendo un attimo per buona la classifica di
Transparency, si vede che l'Italia figura proprio a ridosso di questi
ex regimi: ciascuno ne tragga le conclusioni che crede, o che vuole,
o che può. Certo, qui non c'è un regime socialista, c'è però un
concetto di statalismo assistenziale che non ha eguali in Europa, e
che conferma quanto segue: che lo Stato, quando riconosce qualcosa,
non lo fa perché magnanimo, buono, onesto, sagace, prudente,
appartenente ai cittadini, cui risponde, e soprattutto non lo fa a
costo zero, ma si fa pagare, esige i suoi tributi anzitutto in forma
di libertà compresse, non ultima delle quali la corruzione. Più
Stato uguale più corruzione: non lo dice questo blogger,
garantiscono Von Hayek, Von Mises, la scuola austriaca, Frédéric
Bastiat, Carl Menger, Wilhelm Ropke, Bruno Leoni, Luigi Einaudi,
Sergio Ricossa, Milton Friedman, Deirdre McCloskey, solo per
l'economia, e poi, se non vi basta, Raymond Aron e François Furet
per la sociologia e la storia, Kenneth Minogue per le scienze
socioeconomiche, e ancora tutta una schiera di autori liberali di
pensiero rigoroso e ricchissimo. Tutti, senza eccezioni, concordano
su questo assioma, confermato dalla storia senza eccezioni.
Studiateli: non sono autori facilissimi, ma almeno sono chiari, e vi
salveranno dal rinciuchimento ideologico di certi cretini sul
mercato, lo stesso che a parole maledicono.
Sempre prendendo per
buona, solo per un attimo, la classifica moralistica di Transparency,
ong di lotta e di stipendio che si arroga il diritto di assegnare i
rating etici agli Stati.
Commenti
Posta un commento