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TABU' (e vivrai di più)


All'insegna del politicamente stronzo, si aggiornano e si moltiplicano le domande-tabù che non è lecito fare, le questioni di rigorosamente non affrontare: laddove non affrontare significa peggiorarle. Per mero esempio: perché non mollare finalmente la Grecia al suo destino, atteso che il senso dell'Europa per quel Paese-cicala è unicamente quello di sprecare fondi per pretenderne degli altri, nel più completo e pertinace senso d'irresponsabilità? 
Perché non dire una volta per tutte che non basta farsi crescere la barba su un vestito da sposa farcito da un pisello per fare l'artista (la variante è: non basta riempirsi di droga e poi piangersi addosso, eccetera)? Perché, mentre tutti rompono i santissimi con la qualità nell'informazione, a qualcuno basta il curriculum dell'Isola dei Famosi per passare da un giornale considerato gossipparo di ultradestra ad uno manettaro di sinistra, e nessuno dice niente, tanto meno dopo la verifica di una imbarazzante attitudine, davvero da parrucchiera, con tutto il rispetto per quelle oneste artigiane della qualità? 
Perché, nel tripudio generale del diritto a sposarsi senza distinzioni sessuali in Irlanda (benvenuto, a proposito), nessuno si occupa dell'aspetto economico, ovvero quanto costerà a un singolo Paese questa innovazione? Perché lungi dalle smanie ideologiche pro o contro, il punto che a tutti preme è quest'ultimo: accedere alle agevolazioni fiscali e finanziarie previste per chi contrae matrimonio. Tutto bene, ripetiamo, il liberale libertario pensa che non debbano sussistere veti & divieti, ovvero che lo Stato debba starsene al suo posto quanto più possibile; però il medesimo soggetto si pone pure il problema della conta della spesa: ebbene, in tempi di fine welfare, non provocato dall'egoismo umano ma dall'esatto contrario, irresponsabilità protratta alle estreme e non più rinviabili conseguenze, qualcuno la può, la sa fare questa conta? O ce la caviamo – vedi sotto – vestendoci di bianco e straparlando da una finestra? 
Perché debbono circolare inconfutate per Facebook le fregnacce degli accorati appelli dell'Ocse sulle disparità “mai così evidenti” (e sopra, immancabile, il faccione di Marchionne), cioè un falso problema, anziché considerare che il punto decisivo non è se io debba elevarmi al tenore di vita del sultano del Brunei ma se io posso rendere la mia povertà gradualmente più accessibile, meno estrema? Nell'immediato dopoguerra un miliardo di persone era sotto la soglia di sopravvivenza, nella proporzione di uno su due; oggi c'è ancora (circa) un miliardo sotto quella soglia, e sono certo aumentati i jet executive, ma i miliardi di umani sulla faccia della terra sono 7,2 e sei di essi, in un modo o nell'altro se la cavano: non è il migliore dei mondi possibili, una infinità di cose va corretta, ma vorrà pur dire qualcosa, come minimo che le esecrate dinamiche del mercato, del capitalismo, della globalizzazione hanno portato sì squilibri, ma - facendo i conti con una esplosione demografica incontrollata (e incoraggiata da una Chiesa irresponsabile) - tutto sommato qualche risultato positivo lo hanno sviluppato; o aspettavamo l'altro mondo possibile delle felici rivoluzioni cambogiane o sovietiche che abbattevano sì gli squilibri, ma nella forma “niente a nessuno”, tranne la burocrazia eminente del Partito? Aspettavamo il fancazzismo parassitario, da centro sociale, le inesistenti ricette demenziali  e populiste dei rapper milionari figli di Maria? 
Perché – questione distinta, ma analoga – ci si avvita sulle corruzioni dell'Expo di turno e mai sui benefici effetti, speriamo, per un sistema-Paese? Conoscete voi un solo grande evento nella storia dell'umanità che non abbia sortito sprechi scandali e pastette? Perfino nelle gloriose società comuniste la corruzione ha sempre allignato, con la lieve differenza che scendeva fino ai piani bassi e bassissimi della burocrazia, i quali  nelle società evolute ne sono ragionevolmente immuni: nessuno paga mazzette per denunciare il figlio appena nato all'anagrafe. Questo non porta, certamente, al fatalismo dell'accettazione, ma vuol dire una cosa: che gli uomini sapendo che son fatti come sono fatti, si danno regole per sorvegliarsi (poche, possibilmente, tanto sono inutili). Ma se si avvitano alla loro attitudine, tralasciando gli effetti che comunque possono sortirne, sono spacciati. 
Perché sull'anniversario della strage di Capaci debbono interpellare a ripetizione gente come don Ciotti, unica a ricavare qualcosa dalla mafia in forma di terreni confiscati? 
Perché ai “preti sociali”, qualsiasi cosa voglia dire questa tautologia, nessuno fa mai i conti in tasca e le verifiche fiscali opportune, così magari scoprirebbero che certi fra loro sono preti-palazzinari?
Perché nessuno prende atto che le giovani risorse che stamburano e sfumacchiano “contro la mafia” sono in realtà degli imbelli, dei mafiosi, degli omertosi che coprono la morte violenta di un compagno? Perché non si ammette che dietro il sacro sdegno non tanto dell'ultima, ma di qualsiasi riforma della Scuola degli ultimi 70 anni c'è la pervicace volontà del clientelismo ideologico-sindacale affinché nulla cambi, a partire dalle rendite di posizione, dalla materiale gestione di uno sfascio che poi, grottescamente, si invoca e sempre proprio perché nulla abbia a mutare? Perché non si dice, forte e chiaro, che i volonterosi giovani idioti che scendono in piazza agli ordini dei loro insegnanti sono galoppini nati il cui unico orizzonte è il servilismo e una burocratizzazione deresponsabilizzata a vita? 
Perché sull'ennesimo, orrendo, vomitevole giro di pedofilia su ragazzini rom alla stazione Termini di Roma nessuno stavolta si sdegna, essendo coinvolti, come sempre, preti in attività e pure già sospesi?
Perché si vuol negare che i terroristi sui barconi ci salgono eccome? Perché, si tace d'altra parte, l'impasse della sinistra sulla clandestinità colpevolmente minimizza quanto la destra colpevolmente amplifica, e nel mezzo sta un “che fare” che nessuno risolverà mai? Perché non si dice, una volta per tutte, che il problema non sta nell'etnia (anzi: abbiamo bisogno di entusiasmi freschi, noi asfaltati), ma nella collocazione culturale e sociale? Che senso ha, quando un italiano delinque, andare subito a provocare Salvini, e quando una banda di rom distrugge la sede della Protezione Animali di Torino ci si affretta a dire che non bisogna generalizzare? Parole senza sostanza, atteggiamenti visionari: non è questione di generalizzare, ma di capire, anzi di accettare che certi nuclei la convivenza la rifiutano per cultura e per principio: quella spedizione rom è una rappresaglia perché gli animalisti di Torino, come quelli di altre città, si battono contro le torture sugli animali dai finti invalidi balcanici, e basta scorrere un poco gli appelli su internet per scoprire situazioni insostenibili, traumatiche. Possibile debbano essere proprio gli isterici legalitari a difendere l'ostinata e fiera illegalità di certi soggetti? Di conseguenza, il punto è o non è accogliere certamente, salvare certamente, ma anche verificare se ci sono poi i margini per una integrazione che deve essere anche accettata, non solo offerta, ottusamente, senza il benché minimo riscontro? Domandina semplice semplice: quali altri Paesi si regolano come taluni esaltati pretenderebbero si facesse in Italia, cioè senza neppure la parvenza di un controllo in entrata? Risposta? Zero. Neppure i tanto compatiti Paesi africani, per loro parte tra i più razzisti. In Africa, i bianchi sono spesso considerati meno dei maiali. Ora, se noi doverosamente ci interroghiamo e reagiamo contro le discriminazioni, siamo davvero “peggio” di quel livello?
Perché si debbono sentire sproloqui senza fine su bio, ogm, energie, da gente che non sa pallidamente di cosa parla? Ma bisognerebbe o no perdere qualche sera almeno ad impostarli certi problemi, anziché dar sempre fiato alla bocca modello Alba Parietti? Infine, e a proposito: perché se un papa dice una bestialità somma come “il welfare non è un costo” nessuno si sente in dovere di cristianamente mandarlo a studiare un poco di economia, di quella basilare? Il rispetto che si deve al religioso vegliardo va benissimo, ma dovrebbe sussistere anche il rispetto che si deve alla scienza, alla realtà, alla logica. A meno di non voler vivere di nuvole e novene, cosa che peraltro nessun papa, compreso l'attuale, si è mai sognato di fare. 

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