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L'IMPORTANZA DELLE RELIGIONI


Scherzare sulle religioni mi pare salutare come antidoto al fanatismo e al bigottismo (i cui effetti possiamo di nuovo constatare in questi giorni), irriderle mi sembra sciocco come lo è chi si gloria della propria ignoranza: le religioni sono precipitati storici, poderosi sistemi di pensiero da cui discende la filosofia e deriva la politica coi suoi sistemi, per emulazione, per derivazione o addirittura, a contrariis, per distacco, per impostazione polemica. In larghe parti del pianeta le dimensioni mistica e politica restano inscindibili, con gli effetti che tutti sperimentiamo, il che pone una serie di questioni e di problemi sconfinati, sul dialogo plausibile, sulla tolleranza, sulla reciprocità. Si legge molto faidate in queste ore, ma, per limitarci a un sospetto, proprio la reciprocità che molti pretendono dall'Islam, semplicemente non ha senso per un musulmano: non può seguire il cristianesimo su un terreno che gli appare letteralmente irrazionale. Altri equivoci vertono sui concetti di rivelazione, di derivazione dal Libro, di monoteismo e così via. Davvero terreni d'analisi tremendi. Per questo, contrariamente a molti spiriti illuministi, io sarei affatto in favore dello studio delle religioni (non “della religione”) nelle scuole: non certo concentrato nella ridicola ora di religione che usa oggi, e che è un prolungamento del catechismo cattolico. Attenzione. Non sto propalando il valore retorico della cultura secondo il populismo di sinistra, alla “Che tempo che fa”. Sto dicendo l'esatto contrario e cioè che mi parebbe opportuno un serio studio comparato, ancorché sintetico, dei maggiori sistemi religiosi, anche, se non anzitutto, allo scopo di mettere i risalto i punti inconciliabili, le frizioni, le specificità da cui derivare consapevolezze laiche, cioè per quanto possibile equidistanti e distaccate, sui motivi di tensione tra le diverse confessioni, che tutt'oggi ridimensioniamo, sbrigativamente, a volgari proiezioni politiche applicate all'economia-Bignami; quando è se mai vero il contrario e comunque c'è molto, infinitamente più di simili volgarizzazioni. Non ha senso parlare di dialogo, di convivenza, se non si conoscono almeno i nodi dai quali partire. E non ha senso ostentare di prescindere da questo immane retaggio, che peraltro non prescinde da noi, che condiziona, e non potrebbe essere altrimenti, la nostra stessa sostanza sociale. Insomma, ci piaccia o non ci piaccia, con queste cattedrali di cultura siamo costretti a fare i conti: altrimenti, tanto per cominciare, non ha alcun senso recarsi ad apprezzare gli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni e sentirsene, in qualche modo, figli. Così come non è possibile capire la follia che nel nome di una entità che nessuno ha mai visto manda bambini a farsi esplodere, a giustiziare altri bambini, altri umani.
Ma tutto questo non si avrà mai, perché l'imperativo era, resta quello di allevare gli studenti fin da piccini nel solco di un multiculturalismo religioso velleitario e insensato, del tutto avulso da ogni realtà. Non può esistere tolleranza (più o meno reciproca) dove manca conoscenza. Si continuerà insomma, a dispetto di ogni accadimento, a privilegiare un sincretismo frigido e deresponsabile, per non dire irresponsabile, rigorosamente senza approfondire niente. Del resto il primo a spingere in questa direzione è l'attuale pontefice, che a me pare sempre più figura clamorosamente inadeguata, un pope pop che, nel bel mezzo di una settimana traumatica per lo scontro fra religioni, non trova di meglio che intrattenersi con Angelina Jolie, salvo subito dopo consigliare alle puerpere di tirar fuori tranquillamente le mammelle in piena funzione liturgica e allattare i pupi, che non possono aver fame per venti minuti. Chi scrive queste prescindibili righe non è credente, anzi è non credente, ed ha particolarmente apprezzato, negli ultimi tempi, uno scritto dello studioso liberale Bruno Leoni sulla incompatibilità del Vangelo con una prospettiva etica-economica matura. Ma continua a ritenersi affascinato dalla potenza del pensiero e angosciato dalla sua inconsistenza, specie quando espressa, paternalisticamente, ai più alti livelli di dignità. 

Commenti

  1. alla proposta dell'ora di storia delle religioni, la mia reazione è stata subito un no secco.
    il risultato sarebbe degno della partita della pace di papa francesco: un niente velato di buonismo e impacchettato per le boldrini di questo mondo.
    il tuo ragionamento è troppo serio e razionale per essere applicato alla scuola italiana, purtroppo.
    vit

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  2. Interessante l'idea dell'ora delle religioni ma concordo con chi mi ha preceduto che tale interessante idea non è fatta per la scuola italiana, scarsa e del quasi inutile. Non forma, non trasmette esperienze, non prepara per il mondo del lavoro, il liceo non ti forma per l'università e l'università è fatta solo da baroni. Mi fermo qui altrimenti si va fuori tema.
    Tornando all'argomento, volevo aggiungere un mio umile pensiero sul Papa.
    Sarà forse che si comporta in questo modo "terraterra" per rendersi simpatico alla gente più umile e ordinaria in modo tale da "isolare" gli estremisti di qialsiasi ideologia?

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  3. Temo che sia solo pochezza. Anche un papa può soffrirne

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  4. Stavo appunto per scrivere che in questo caso non sono d'accordo con Massimo, che questo è un grande Papa e incarna valori profondi, e sovente dimenticati, della Chiesa quali appunto la semplicità e l' umiltà, quando viene fuori questa cosa del pugno a chi parla male della mamma. Al di là del linguaggio, mi pare proprio sbagliato e inopportuno il concetto.
    Francesco
    Francesco

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