Lo Stato è
rapace, ma se c'è una cosa ancora più odiosa è la cialtroneria dei
cantanti milionari che evadono il fisco. Con escamotages penosi, come
comperare un monolocale all'estero e dire che vivono lì. Il cantante
Tiziano Ferro, uno di quelli che sulla propria omosessualità, che
non interessa a nessuno, ha puntellato la carriera, ha scritto libri,
è stato appena condannato in via definitiva perché con la scusa di
vivere in Inghilterra aveva sottratto al fisco patrio tre milioni di
euro, sei miliardi di lire. Prima di lui praticamente tutti, quasi
tutti e più sono sensibili, più si appellano ai sentimenti, alle
ragioni del cuore, più fanno filare i piccioli. Cantanti, sportivi,
curiosi personaggi come Briatore, uno che stava nelle agende dei
mafiosi italoamericani, nelle compagnie di giro per spennare i gonzi
a poker insieme a Emilio Fede, e adesso dà lezioni di etica via
Twitter. Ma da un Briatore ce lo si aspetta. Dai cantanti sensibili
pure ce lo si aspetta, ma averne conferma è più grottesco, più
patetico venendo da poveri figli che hanno dovuto superare una dura
lotta contro il mondo che non li accettava, che li condannava. Un
altro di questi qui, uno i cui accenti bigotti si sono fatti
ridicoli, raccomanda in musica di pregare e sorridere, vaneggia di
Dio che gli chiede il bis, dice che lui è uguale a te ma chi lo
ascolta non fa viaggiare oltre frontiera un paio di milioncini di
euro, dei quali questo profeta dei poveri ha detto di non sapere
niente secondo la regola oggi di moda: nessuno sa mai un cazzo di
quello che fa, e sì che riguarda le cose primarie della vita, i
risparmi, le case, la sfera privata. Ma come sono distratti questi
fari di civiltà spicciola che insegnano al popolo riconoscente
l'eterna favola del perdente, del marginale che ce l'ha fatta contro
tutto e contro tutti, senza fare le scarpe a nessuno, senza evadere
dalle proprie responsabilità.
Un tempo per
reati come l'illecita esportazione di capitali o le false
fatturazioni si rischiava la galera, i comuni mortali sgamati si
prendevano lo stigma del ladro. Gli artisti no, loro sotto la
maschera hanno un'altra maschera, non si confessano ma si assolvono
da soli, senza vergogna, chi ha un palco dove salire si sente sempre
al di là del bene e del male. Perché quello che davvero fa ridere è
che questi falsi Peter Pan giocano sul fanatismo dei creduloni che a
tutto prestano fede e tutto perdonano sempre, e non pensano che a
ripianare i buchi lasciati dal loro idolo, senza alcuno scrupolo,
saranno come sempre loro, cani di nessuno, lì apposta per adorare,
comprare, bersela. Poi questi martiri di cartone sono perfino capaci
di fare le vittime, di recitare il ruolo dei perseguitati, che gli fa
vendere un altro botto di dischi, di biglietti. Praticamente
incassano per avere fregato, capitalizzano il frutto delle loro
porcate, chi l'ha detto che il delitto non paga? Loro sanno che
verranno sempre creduti, sanno che in questo Paese di adepti un po'
deficienti nessuno si permette l'eresia di un sospetto, nessuno ha il
coraggio di strappare l'ultima maschera; poi, per vociare, per
pacificare l'indignazione ci sono le mode farlocche come quella di
Grillo, al quale non a caso questi artisti dell'evasione si dicono
sempre molto vicini, molto solidali, perché signora mia non se ne
può più, perché finalmente c'è chi fa i nomi dei ladri, perché
era ora che qualcuno scuotesse le coscienze, perché ci vuole una
rivoluzione, perché io sono come te.
anche gli stones,solo che oltre ad essere più bravi e più simpatici non hanno mai fatto la morale a nessuno .
RispondiEliminaDa qualche tempo a questa parte, noto che di Zero non parli, ma alludi spesso. E non capisco bene perchè: insomma, non mi sembri il tipo timoroso di esporsi (a chi, poi ?).Però la domanda non è questa, la domanda è:al di là della parabola artistica e al di là di certe recenti uscite infelici del cantante, la tua idea è che sia stato un bluff da sempre ? Stiamo parlando di uno totalmente costruito ? ( la retorica dei perdenti, gli Zeri del mondo ).
RispondiEliminaUn artista è sempre costruito, cioè impegnato ad essere chi è: si chiama carisma, e senza non c'è arte. Il guaio è quando la costruzione da bugia cui si crede, diventa un pretesto, un modo di amministrare se stessi.
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