Pubblicare
o non pubblicare? In un'epoca fagocitata dall'intercettazione, la
questione diventa ineludibile e si può formulare anche così: se ho
una notizia, la do o non la do? Il comandamento del buon giornalista
dice sì, la dai sempre e comunque ma è un comandamento falso,
talmente bugiardo che nessuno lo piglia alla lettera: viene il
momento in cui la soffiata, perché dietro c'è sempre e comunque un
maneggio, riguarda qualcuno che ti sta troppo vicino e allora siamo
tutti bravi a metterci la museruola senza neanche pensarci; lo
consideriamo, anzi, un doveroso scrupolo morale in ragione
dell'amicizia, della colleganza, della parentela (a raggio
larghissimo). Alzi la mano chi ricorda un solo caso di giornalista
che abbia scoperto i santini degli amici degli amici (a meno che
fossero diventati nemici). Ora, non c'è dubbio che sulla
sghignazzata di Vendola il Fatto abbia giocato sporco: l'interesse
era discutibilmente morale, e molti, non solo la “vittima”, hanno
avuto la sensazione di una esecuzione, per questioni, garbugli che a
noi restano inaccessibili ma che nei sancta sanctorum delle redazioni
sono probabilmente meno immaginari. Travaglio l'ha anche scritto: “La
carriera di Vendola è finita”, e siccome a lanciargli l'ordigno è
stato lui, il commento sapeva tanto di missione compiuta, tipo il
bombardiere che rientra alla base e fa rapporto. A chi, lo scopriremo
solo vivendo, magari a nessuno, ma a me non va proprio di fare la
parte dello scemo e mi pare che le trattative non siano tutte
detestabili allo stesso modo. D'altra parte, la questione assumeva
una rilevanza particolare investendo un moralista compulsivo, e oggi
patetico, come Vendola, il quale, non a caso, s'è difeso in maniera
penosa: nessuno più di me ha a cuore eccetera. Come a dire: io
garantisco per me e non mi potete giudicare. Si sentiva, si sente
ancora intoccabile, benché sotto shock. E l'annuncio di querela al
giornale di Travaglio non ha altro senso che quello di una
rappresaglia (che è l'unico motivo per cui, personalmente, ho
espresso solidarietà alla fonte). Non sarà un risarcimento in soldi
a poter ristabilire la credibilità di un politico che l'ha persa per
le sue sole parole e le sue sole sghignazzate. Intempestive,
scomposte, vagamente sinistre anche se non direttamente riferite ai
malati dell'Ilva.
È
anche vero, e qui il problema emerge sotto una terza prospettiva,
che, continuando così, si rischia di travolgere un regime intero,
per immondo che sia, con mezzi non ortodossi, vale a dire
sputtanandone sistematicamente i protagonisti: e fino a che punto
questo sia giusto, fino a che punto il fine giustifichi i mezzi,
questo è davvero arduo da stabilire. Non foss'altro perché fini e
mezzi non appaiono così nettamente distinti.
La
procedura, in ogni modo, è ormai inesorabile: si parte da una
telefonata, la si lascia filtrare e poi si pompa l'effetto. Così
sono stati travolti lo stesso Vendola, la Cancellieri, Berlusconi,
ma, prima ancora, Ingroia, e chissà quanti ne dimentico. L'unica
recente caduta con altri mezzi, è stata la canoista Idem, della
quale emerse una documentazione catastale imbarazzante, insomma ci fu
una inchiesta, per discutibile che fosse. Quando si parla di “metodo
Boffo”, si dice una cosa impropria perché anche Boffo fu segato
sulla base di riscontri cartacei (poi emersi come falsi, va
aggiunto). Ma sembra preistoria. Il presente è quello delle voci,
delle spiate telefoniche, per le quali davvero nessuno può sentirsi
al sicuro. Resta fuori, e forse non è un caso, solo Grillo, anche se
i suoi poveri squilibrati suppliscono egregiamente, facendo
risparmiare molta fatica ai cronisti; ma non c'è dubbio che prima o
poi toccherà pure a lui, perché tutti, a cercarlo, hanno uno
scheletro nel telefono e la pratica della randellata telefonica ormai
è invalsa e abusata da tutti i giornali e per tutti i bersagli,
anche se poi ci si palleggia l'indignazione. Dietro, naturalmente, ci
sono apparati giudiziari, questo è evidentemente anche agli
sprovveduti. Ora, il punto è che a questo punto conta poco, per non
dire niente, l'oggetto della telefonata: che siano faccende di
rilevanza penale oppure semplicemente sconvenienti sotto il profilo
etico e istituzionale, l'importante è travolgere, spezzare le gambe,
mettere fuori gioco. Domanda minore: chi stabilisce cosa sia
(giornalisticamente) rilevante? Perché qui assistiamo a un
cortocircuito: lo diventa, spesso anche penalmente, ciò che viene
prima squadernato: non il contrario. E questa sorta di “democrazia”,
manda un odore curioso. Domanda maggiore: senza un freno, dove si va
a finire? Prevarrà, domani, l'unico candidato che non telefona, o
che sa telefonare meglio degli altri, non necessariamente il più
onesto o politicamente abile? A me sembra una domanda non più
rinviabile, a maggior ragione se constato che il dibattito sulla
regolamentazione dell'utilizzo delle intercettazioni è stato
completamente dimenticato – mentre non è lecito illudersi su un
rigurgito di dignità o di correttezza da parte dei giornalisti, che
– non prendiamoci in giro con la retorica della schiena dritta,
della libertà e del lettore “unico padrone” - sono regolarmente
strumenti di altre logiche, logiche politiche nelle quali essi si
pongono ormai come interlocutori di pari livello rispetto ai
politici: non di rado, anzi, i ruoli coincidono e si confondono.
Come
se ne esce? La soluzione sarebbe facilissima: basterebbe che chi
telefona fosse meno spregiudicato (o se non altro più accorto) sul
piano della gestione delle proprie prerogative, e più dignitoso nel
modo di rivolgersi, di esprimersi, perfino di sorridere.
Corrispettivamente, basterebbe che i giornalisti si mettessero una
mano sulla coscienza e fossero in grado di rispondere a una
questione: lo pubblico perché credo nella verità, oppure perché so
benissimo a chi conviene? Ma aspettarsi questo doppio livello di
decenza, equivale alla professione di fede delle miss Mondo, che,
quando vengono elette, annunciano invariabilmente un sogno nel
cassetto che coincide con la pace nel mondo. E questo è precisamente
il motivo per cui non se ne uscirà, almeno fino a quando Sansone non
sarà caduto insieme ai filistei. Sotto una valanga di telefonate.
Commenti
Posta un commento