L'amica che non sento da una vita mi rintraccia: “Ma come, ti ribecco dopo anni, su un giornale importante, e mi sei diventato un vip?”. Lo dice tra scherzo e rimprovero, affettuoso ma rimprovero. Vip? Sì, per dire conosciuto, perfino famoso. La cosa mi lascia stranito: non è una dimensione congeniale, non per me, ne avverto tutta l'ambiguità e perfino la dimensione patetica. Cosa vuol dire vip? Che c'è più gente che mi scrive? Che qualche lettrice mi manda foto esplicite? Che mi siedo al tavolino per un calice di prosecco e al tavolino di fianco mi individuano, si mettono a parlare, mi raccontano tutta roba che so già, visto che l'ho scritta io? È questo? O un invito a una festa, roba che ormai non significa niente per me? O chissà quali frequentazioni e conoscenze, proprio io che le fuggo come gli appestati, anche perché non mi hanno mai dato un cazzo, o l'odio demente che fa da contrappeso all'esaltazione demente? Cosa è questa nuvola impalpabile che lascia ...