Una conferma, irrilevante
sul piano personale, indicativa in una prospettiva più generale.
M'ero ritrovato coinvolto in un gruppo whatsapp di vecchi compagni di
liceo in vista di una cena di ritrovo dopo tre o quattro decenni
(ormai slittata a chissà quando) e la cosa, lì per lì, non m'era
dispiaciuta: certo, di quel periodo conservo ricordi non sempre
preziosi, molti restano crudeli a dispetto delle stagioni. Ma mi
piaceva l'idea di ritrovare, in adulti genitori e perfino nonni in
qualche caso, presenze che avevano riempito la mia vita per cinque
anni, cinque intensi, appassionanti, indescrivibili, indimenticabili
anni. Ho avuto un destino diverso, io, ho dovuto lasciare presto la
mia città, che non ho mai smesso di rimpiangere come un amore
spezzato, e, da allora, non ho più frequentato nessuno, ho mancato
tutti gli appuntamenti. E allora non era male, mi dicevo, profittare
di questa occasione, condividere una reclusione che ci strangola
tutti: a un paio, ho anche telefonato, mi piace di più, se c'è una
cosa che la cattività ci ha insegnato è a riappropriarci della
nostra voce, che contiene emozioni. Che non mente ed è più viva di
una striscia sullo schermo. Passa il passato, resta la curiosità di
vedere cosa siamo, di specchiarci in quei vecchi ragazzi. Nel gruppo
non partecipavo quasi mai, ma mi divertivo a intercettare pensieri e
vecchi cimeli - con questi gruppi micidiali, si finisce
inesorabilmente risucchiati nel vortice della nostalgia. Bene, oggi,
mi è capitato di segare una dal mio profilo social: all'ennesimo
commento ottuso, bovino, non ce l'ho fatta più; e non l'ho fatto
solo per esasperazione, ma anche per tutelare quest'anima semplice,
che non mi pare cambiata affatto dal liceo, se mai peggiorata: la
faziosità tetragona di chi vanifica qualsiasi ragionamento,
qualunque replica. E questa, in fama di sensibile, ha pensato bene di
andarsi a lamentare sul gruppo, attribuendomi parole mai espresse: la
mia vergogna sarebbe di essere in difesa della Lombardia, dunque
leghista, sordo agli avvertimenti di non so che luminare svizzero;
no, era lei, se mai, ad attribuire, in modo del tutto strampalato,
smanie stragistiche di anziani ai soliti in fervente attesa di
galera. Non solo stupida, quindi: di più scorretta, anche un poco
meschina. Niente di notevole, però mi ha fatto un favore. Perché,
senza volerlo, dall'apparente tenerezza collettiva dei giorni scorsi
è sgorgato immediatamente lo stesso disprezzo di allora, quando
tutta la scuola rideva del mio essere "un terrone",
imbarazzante, goffo, uno vestito "con la giacca da controllore"
(era, in realtà, un giaccone smesso da mio padre), un nasone
deforme, un Pippo Franco, un Battiato, uno sfigato; un perdente,
patetico, ridicolo. Adesso tornava tutto fuori, comprese certe
vecchie caricature che all'epoca mi facevano soffrire. E tornavano le
risatine, stavolta affidate alle emoticon, e non mancava lo scrupolo
classista, "beh, anche lui ha diritto di dire la sua anche se è
una cazzata", ah, che degnazione, senza neppure verificare.
Precisa a quando, in quel modo lieve e maligno, mi si facevano pesare
le origini umili, quella famiglia mezza terrona, mezza contadina,
senza pedigree, senza letture giuste alle spalle, quei genitori che
non citavano Gaber, che, magari, non si interrogavano
sull'opportunità delle Brigate Rosse in quella fase di chiaro
regime. E' stato un attimo, ho rievocato tutto. La gente non cambia.
Non possono. Qualcuno, certo, ha provato, debolmente a difendermi,
ossia compatirmi; altre erano più sprezzanti e, ironicamente,
trattavasi di gente che nella regione comandata dai barbari ci
lavora, credo, piazzata in altre epoche, con altre tessere: perché
non si dimettono, al posto di operare per dei chiari stragisti?
Ma l'antico nasone non
c'è più, il terrone vestito male ha vissuto così tante esperienze,
è abituato a sottoporsi ai processi di migliaia di lettori, può
solo sorridere di certe attitudini che conosce fin troppo bene e che
racconta ogni giorno sui giornali. Solo che stavolta la trascurabile
faccenda mi riguarda, dunque è di prima mano.
Mi sono cancellato dal
gruppo senza far rumore, mi perderò una rimpatriata che forse non
aveva senso, o magari sarebbe stata divertente; di sicuro mi
risparmierò un amarcord più amaro che Che, nel definirsi al di
fuori dei conformismi, è di un conformismo che neppure trenta o
quaranta calendari volati via possono scalfire.
Commenti
Posta un commento