Se stasera sono qui è
per portarvi un tesoro. E' tornata Giorgia Del Mese col nuovo
"Moderate Tempeste" e che disdetta regali solo 5 brani:
fossero stati il doppio, sarei a raccontarvi di un disco dei dieci
anni. Lo è lo stesso. Giorgia ha messo da parte la militanza
arrembante, come non mi stancavo di chiederle, ma non lo ha fatto per
me, lo ha fatto perché non poteva fare altro che questo per
sprofondare nei mari di dentro, negli abissi del dolore; nella
rivoluzione che parte dalla sofferenza, che scava via tutto, che
tutto scarnifica fino a lasciare l'anima nuda di piaghe. Perché le
tempeste, moderate non sono mai. E allora non vi dirò di questi 5
momenti uno per uno, perché in realtà è un solo brano dall'inizio
alla fine, ti trascina giù, dove ribolle la pozzanghera di un male
puro. Ostinato. Immedicabile. Trasparente. Nobile. Un dolore bello.
Già. La vita non smette mai di chiedere il conto, e il conto che
Giorgia ha dovuto pagare da ultimo è di quelli che non si finiscono
mai di scontare; lei ha messo tutto qui dentro, senza un verso di
troppo, senza un suono di troppo, spietata catarsi, con una violenza
che parla la voce della poesia più brutale, per fare solo due nomi:
Beaster, degli Sugar (Bob Mould), l'ultimo Nick Cave. Però più
vario e più lieve insieme; più originale e spiazzante, perché la produzione, mai men che
geniale, di Andrea Franchi assicura una sorpresa ad ogni istante. Ma
questo è un disco che non cerca sorprese. Non cerca un cazzo. Bussa
alla tua coscienza, non smette finché non apri. Moderate Tempeste fa
paura, perché dice tante verità che non ti confidi. Perché è la
musica che faresti tu, se ne fossi capace. Ma non ne sei capace.
Adesso non sono più solo belle canzoni, è qualcosa che prescinde da
tutto ciò che non sia urgenza. Bisogno di testimoniare il tuo
sgomento, come un martire che giunge alla serenità del colmo: tutto
ciò che ti era richiesto di fare, di dare, è raggiunto. Alla fine,
l'arte è una faccenda mistica. Ti vedo Giorgia, e ti trovo più
scavata e più bella di prima. Ti ascolto, e m'illudo di essere degno
della tua arte anche se non sarò mai artista come te. Ma chi può
esserlo? Ma questo disco è anche per me: è per noi, che sappiamo la
voce del dolore e sappiamo che non si sfugge e sappiamo che, quando
sei poeta, non sai che vivere di quel dolore e non puoi che
trasformarlo in sublime confessione. Affinché qualcuno lo raccolga.
Affinché non caschi per terra, e qui si lasci morire derelitto.
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