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VORREI SAPESSI


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D'estate mi piace rendere più stretto questo legame con chi mi legge: so che sono tanti quelli che l'estate non ce l'hanno, la spendono in casa, la sera, la radio, qualche replica, la compagnia dei gatti. Vorrei sapeste che la vostra solitudine io la conosco fin troppo bene. Vorrei dirti, una volta di più, che non mi sono mai interessato di militanze politiche, di manovre, di autopromozioni e invece ho difeso, fin dalla prima manciata di parole, la mia utopia, unica e sola: esserci, tenere compagnia. Perché la solitudine è la madre di tutte le malattie, è quella che le racchiude tutte. La solitudine consuma, umilia, è ingrata, è ingiusta. Fa sentire diversi. Sbagliati. Destinati. È un mostro dagli occhi bugiardi: ad imporla sono sempre quelli pieni di valori, di indignazioni. Gli animali sono sacri per me, ma ho conosciuto gente che tratta gli animali come persone e le persone peggio che come animali; che si sconvolge per una cicca di sigaretta gettata in terra, ma non si fa alcun problema a gettare in terra un essere umano; che vuol salvare l'umanità, cambiandola, ma non si preoccupa di cambiare se stessa. Gente che dalla vita ha avuto tutto, e lo ha sprecato in droga e puttane. Gente che ha sempre avuto un'altra occasione, e non la meritava. Gente che ferisce nel nome dell'amore e del rispetto, che non spreca una telefonata per chi è abbandonato, derelitto, rassegnato. Gente che tradisce i tuoi sforzi d'amore. Io ci sono, tu sai. Col poco che posso, ma ci sono. Se mi cerchi, sai che sono qui: ormai, il senso di una vita è solo questo. Vorrei raggiungerti di più, girare come un tempo, ma non dipende da me: spero di riuscire a rimettermi in strada, con un piano elettrico, per raccontarvi ancora le mie storie di dimenticati, di offesi dalla vita e dagli altri, di morti senza poter gridare “aiuto”, perché tanto nessuno li sentiva. Non so come, ma lo vorrei tanto. Verrei dovunque, ma non ho alle spalle impresari, agenti, manager. E allora, per il momento, scrivo, liberando queste parole come farfalle senza meta. Spero si infileranno nei vostri telefoni, o portatili, nei vostri cuori. Per farti sapere che la tua solitudine io non la scippo, non la sfrutto. La rispetto, perché la conosco. La conosco, perché l'ho affrontata. La affronto ancora. E ne soffro, e di più sto male se penso che non posso spegnerla per nessuno. Però posso provarci. Posso suonare alla tua porta con discrezione, proporti una compagnia da buttare, se vuoi. Perché so quella disperazione che non si dibatte più, resta lì, sdraiata con te, e a un certo punto insieme andate a letto, ed è una danza d'ombre. So l'estate che non esiste, che l'aspetti sapendo andrà sprecata, ancora e ancora. Forse non serve a niente, sono solo un illuso. Forse questo mio cerotto di parole non lo vuoi: io te lo allungo, perché è la mia solitudine che si medica con la tua solitudine.

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