Sono stato coinvolto nel
concerto di Simone Cristicchi qui a Fermo e il concerto di Cristicchi
non è un concerto, è riduttivo chiamarlo concerto: è uno
spettacolo, fatto di tante stagioni – quelle del protagonista, che
non lascia fuori niente della sua vita, fatto di atmosfere
altalenanti, cangianti, ora rarefatte, ora violente, mentre la musica
oscilla sempre, è imprendibile, un momento è autoriale, un altro
folk, stornello, vaudeville, ma attenti può scoppiarvi tra le mani
una sfuriata punk. Con un suono strepitoso, emesso da una band da
levarsi il cappello, pieno, pulito, cristallino in un luogo, la Villa
Vitali, che scenograficamente è bello assai, ma enorme, dispersivo e
complicato nella resa sonica. Ma Simone, ormai lo conosco, è una
garanzia, è una figura poco prendibile di artista, uno che concede
molto, moltissimo all'emozione ma non rinuncia a ragionare, a
costruire secondo logica; così, nello spettacolo affiorano
collegamenti deliziosi (che il pubblico, per lo più, non sa
cogliere), per esempio sulla questione istriana, tra gli omaggi a
Endrigo e Laura Antonelli (un momento tra i più lancinanti) e una
escursione nell'opera teatrale che Cristicchi ha dedicato al tema,
“Magazzino 18”, e che tanta gloria e problemi gli ha portato; io
stesso sono entrato in uno di questi legami, che riguardavano
l'atroce vicenda di Antonio, il pensionato di Manduria torturato da
un branco di vigliacchi: ho letto la mia traccia e poi Simone ha
continuato con “Ti regalerò una rosa”, rendendo il tutto
perfettamente sensato. Sono cose che non fai per caso né a caso, e
devi anche saperle incastrare bene, meglio sono calibrate e più il
pubblico non le coglie. Però le avverte, per vie misteriose. Simone
è un miscuglio di dionisiaco e apollineo, e le due ore e passa di
show lo estenuano anche molto, fisicamente. Dico la verità: sono
rimasto colpito per il livello definitivo, sotto ogni aspetto, non
ultimo quello di una produzione assai ricca: questo ritorno al tour
musicale dopo sei, sette anni prevede una dovizia di mezzi dove tutto
è necessario e tutto è opportunamente sfruttato. È uno spettacolo
da non mancare, assolutamente, perché ne esci appagato, arricchito.
Quanto a me, vorrei
concedermi una riflessione marginale. Io sapevo cosa andavo a
proporre, sapevo che la mia traccia è forte e che l'avrei saputa
rendere. Potevo sentire il silenzio, la sospensione durante l'intera
lettura, e potevo capire, dopo, l'applauso, forte, violento,
liberatorio che ne è seguito. È un brano cui tengo molto, e ogni
volta sconvolge anche me. Ho trovato poi gente che è venuta ad
abbracciarmi, con le lacrime: la narrazione rievoca un fatto talmente
orrendo che chiunque abbia un cuore al posto di un bidone
d'immondizia, non può non starci male. Ho cercato di renderlo con
poesia, cruda poesia. Ho fatto il mio dovere. Penso d'esserci
riuscito. Penso, e vengo al punto, d'aver dimostrato che si può
passare dal giornalismo, dall'informazione, dalla pagina di carta o
di luce alla luce di un palcoscenico anche in modo serio, degno,
senza perdere niente in professionalità e in potenza. Anzi. Non è
obbligatorio, voglio dire, dover pagare i pegni della pornografia
televisiva, della volgarità litigiosa da talk show, del feticismo
dei piedi, dei guinzagli o le museruole, delle confessioni sconce. Io
racconto tutto dei miei mari di dentro, senza pudore, ma cerco di
farlo in un modo, ancora una volta, poetico, nel quale possa
rispecchiarsi chi legge. Nessuno può vedermi consegnato a uno
squallore di giornata. Poi ti dicono: ah, ma tu devi essere più
visibile, devi girare di più. Sì, ma dipende dal prezzo: fino a un
certo limite sono disposto a pagarlo, oltre no. Alla mia dignità non
rinuncio, proprio perché so quello che valgo. Io posso salire su un
palco con di fronte due o ventimila persone, e non ho problemi
comunque a portarle con me, dove voglio io. Ho lavorato tanto sulla
voce, sulla interpretazione, sulla impostazione, ho studiato sempre,
e adesso sono maturo. Ma arrendermi alla volgarità imperante, che
travolge troppi miei “colleghi”, questo no. Se invece ci sarà
chi è disposto a offrirmi uno spazio, come Simone ieri, come gli
amici di Nervesa in maggio, per dire a scommettere su di me, io sono
sempre pronto a partire. E a ripagare.
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