Ieri sera, Moda e Motori,
la sfilata di auto storiche e di alta moda lungo l'intero Novecento.
Ho condotto, illustrando una trentina abbondante di modelli pregiati
– e di modelle meravigliose. Quest'anno, dopo tanto organizzare,
abbiamo preferito una versione più minimalista, lasciando spazio
alle vetture e agli abiti. Di conseguenza, ho scelto un approccio più
essenziale, parlando meno, intervistando di più e offrendo al
pubblico più musica, con le canzoni contemporanee ai vestiti ed ai
veicoli: dal 1918 al 1995, a volo sulla corrente della nostalgia.
Quest'anno faceva fresco, si stava bene, io ero in forma come mai
nelle precedenti 11 edizioni, eppure sono arrivato sfinito. Certo, è
durato di più, circa 150 minuti, perché ho riservato uno spazio
adeguato ad ogni vettura e a ciascuna indossatrice è stato concesso
tutto il tempo per il suo piccolo défile. Insomma ero cotto. Fortuna
che il pubblico ha gradito, come e più di sempre. Non so quanti
fossero, qualche migliaio certamente, ma quando alla fine vengono a
cercarti, a dirti che non si sono annoiati un attimo, quello è il
segnale. Quello è anche il momento che no, non cancella ogni fatica,
ma la motiva, la colma di senso. Sono bravo in quello che faccio, ho
tutta l'esperienza che mi serve, so come gestire un evento
complicato, so ammortizzare gli imprevisti e gli incidenti, ho
centinaia di esibizioni sulle spalle, posso catturare il pubblico in
4 minuti di reading o tenerlo in pugno per 150 minuti di show.
Stabilisco un contatto emotivo, il pubblico se ne accorge e risponde.
A quel punto, posso muovermi come voglio – difatti non osservo una
posizione prestabilita, me ne sono sempre fregato e sempre me ne
fregherò. Vado dove mi pare, oscillo tra le due ali di folla, è
importante non lasciare spazi vuoti d'attenzione. Beh, anche
quest'anno è andata bene, mi pare. Lo spettacolo c'è stato, ed è
stato di alto livello. Tutti si sono divertiti. Tutto è filato via
bene. Solo che alla fine ero cotto.
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