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PAESE DEI BALOCCHI



Venerdì una radio di Roma mi ha intervistato a proposito di Corinaldo e Sfera Ebbasta e in chiusura lo speaker mi ha congedato nell'unico modo in cui si poteva chiudere un conversazione simile: “Speriamo venga fatta giustizia”. Scordatelo, ho risposto, tra una settimana nessuno ne parlerà più e continuerà tutto come prima. Io mi sbagliavo, non serviva una settimana, il circuito del divertimento tossico è senza tregua, non prevede ripensamenti o falsi cordogli. E la libera informazione è per lo più prezzolata allo scopo di schermarlo, di vittimizzarlo, di agitare polvere, in modo che niente possa disturbare questi tenutari di moderni paesi dei balocchi. Con qualche eccezione di facciata, come il telegiornale che stasera ha mostrato uno di quei servizi con cui i giornalisti fingono di fare il loro mestiere: si sono introdotti in un paio di discoteche importanti occultando le telecamere e hanno filmato la solita liturgia: i ragazzini che farciscono il locale al doppio della capienza, il trapper che arriva tre ore dopo l'orario stabilito, pasticche e alcool a grandine, a cascata, e sono tutti minorenni, i buttafuori che se mai sono buttadentro, il servizio d'ordine inadeguato, l'ambiente lasciato a se stesso, il cinismo di chi si augura non succeda niente ma solo per non avere intralci nella sua fabbrica di stordimenti. Bravi, adesso sì che lo sappiamo. Ma servirebbe ben altro fronte, compatto, di chi fa il nostro mestiere, altro che il garantismo moralista di facciata che nasconde una sostanziale connivenza. Per quanto mi riguarda, in un paio di articoli, e davvero ringrazio chi me li ha pubblicati, ho scritto (e poi ribadito a voce) tutto quello che sapevo essere reale, sapevo essere vero, prima fra tutte la totale impunità del circuito delle discoteche, in mano a malavitosi più o meno organizzati ma sempre prontissimi ad ungere tutte le ruote che vanno unte, dagli enti coinvolti alla polizia, dai controllori alla magistratura. Lo stesso dicasi per i locali improvvisati, gli scantinati, le suburre dei centri sociali eccetera. Buoni ultimi, queste sottospecie di cantanti che si prestano senza scrupoli. Smentite non ne temo, così come non mi fanno né caldo né freddo i commenti, le maledizioni, le provocazioni degl'imbecilli che su questo giro ci campano – o ci crepano, a scelta. Non sono moralista, non me ne frega niente, non ho neppure figli da difendere. Sono analitico, faccio il mio dovere: le cose stanno così, piaccia o non piaccia. Stanno nella totale impunità di un sistema marcio, nell'indifferenza generale che fa continuare tutto come sempre, nella sostanziale inutilità delle indagini, delle inchieste che non cavano un ragno dal buco e, se lo cavano, è un ragno inoffensivo, non vale neppure la pena di spezzagli le zampe.

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