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DISILLUSIONE



Al di là di tutto, bandiere, schieramenti, faziosità, al di là delle militanze e del tifo interessato, io, debbo pur dirlo, da cronista riscontro per l'imminente omelia del capo dello Stato un sentimento diffuso di scetticismo, disinteresse, distacco, disillusione – ecco la parola giusta. Molti mi hanno detto: io non mi sogno nemmeno di ascoltarlo, io non lo sento vicino, tutt'altro. Attenzione, lo ribadisco: il fastidio non promana da chi segue più o meno maniacalmente le cose pubbliche, politiche, le faide di potere, sale su dai normali, dai mediamente distratti e mediamente informati, da quelli che un giornale lo sfogliano ma da equidistanti, che non vivono di queste schermaglie, che hanno ben altro di cui preoccuparsi. Mi par di cogliere un atteggiamento generale di sfiducia, di compatimento verso questo presidente, percepito come un vecchio guardiano di quel che resta dell'ancient regime – senza che quello sorgente, forse già segnato, ispiri gran che di meglio. Uno che, ci si aspetta, in modo mellifluo suggerirà inevitabilmente, inesorabilmente di votare più Europa e in essa più PD cioè quelli che l'han messo dove sta; e che hanno ridotto, piaccia o non piaccia, l'Italia così come sta. Uno che neppure per scrupolo vorrà mostrarsi rappresentante di tutti i suoi connazionali, ma solo di quelli dalla sua parte; uno che stasera predicherà di accoglienza, di eguaglianza, con un vago ma evidente senso di gelido disprezzo per chi non concorda. Uno, insomma, che continua la discutibile serie di inquilini del Quirinale coi loro commiati annuali di insistita, interessata, ambigua retorica. Con gli applausi di quelli da prima alla Scala, certo, ma l'indifferenza sospettosa di tutti gli altri, ed è meglio non calcolare le proporzioni. Un mediocre, ecco come mi sembra venga sommamente considerato, che dirà cose mediocri per difendere un blocco di potere incrostato mediocre, con la scusa di deplorarne uno attuale altrettanto mediocre.

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