C'è un tramonto romano
che m'incanta e mi schiaccia, eterno e sporco, fatale e fatalista,
non me lo ricordavo così. Sto incapsulato in un pullman che mi
riporta a casa, al mio mare, la maglia dei Rolling Stones
gloriosamente conquistata dalla mia amica Ollie è madida di
un'umidità monsonica, sono stanco. Guardo fuori la vita e sento che non smette di
giocare con me. Ho passato la giornata con Daniela, la mia piccola
amica vegana di fatto ma non più di nome, l'hanno crocifissa per una
fetta di torta, 'sti dementi; l'ho conosciuta a Sanremo (dopo esserci
probabilmente sfanculati a suo tempo via Facebook) e adesso andiamo
tramando comuni imprese – maggiori dettagli seguiranno. Essendo la
mia piccola amica, come detto, vegana, giustamente mi porta al
ristorante vegano del suo amico ed io la seguo docile ma non
convinto: beh, ammetterò d'aver mangiato benissimo antipasti che non
so cosa fossero ma tutti molto saporiti e poi un'amatriciana vegana
che sarà pure un ossimoro ma vi consiglio di provarla. Alla fine ho
reso al ristoratore l'onore delle armi: “Non dirò più che il cibo
vegano sa di moquette o di piedi puzzi”.
Dopo ci siamo spostati
verso un bar mi pare in zona Prati, e anche vicino alla Rai, via
Teulada, via Asiago, ho riconosciuto la casa di Camilleri che
intervistai una decina d'anni fa presentandomi in un ritardo osceno
e, per farmi perdonare, me ne uscii con l'imitazione di Catarella
“Dottori, ci scusassi, mi scappò!”. Qui molto generone,
cialtroni dello spettacolo e anche politici maledetti, uno in
particolare del PD, ha appena preso una bastonata epocale ma è tutto
tronfio, scoppia di sé, maestoso e felice d'essere al mondo.
S'ammazza di lavoro, è rimasto a tavolino tutto il giorno. Pure noi,
però col computer perché avevamo da fare. Poi chiediti perché a
questi non li votano più nemmeno i topi. Questa è gente che del
popolo, delle politiche sociali, se ne strabatte come più non
potrebbe, gli preme solo di sé e hanno un'arroganza naturale
clamorosa.
Al bar, mentre la
cagnolina Ariel, che ha un'intelligenza e un'espressività mancante a
molti umani, si divertiva a vagolare il marciapiede, io ho sparlato
violentemente di molte conoscenze comuni augurando per ciascuna una
morte repentina, personalizzata, ma soprattutto spietata. Perché è
giusto! Sono passate in fretta le ore e non me ne sono accorto perché
mi piace lavorare senza aver l'aria di farlo, solo devo avere la
gente giusta per le mani, che ride molto, si diverte con me, si perde
e si disperde e alla fine tutto ha senso e non importa quanto abbiamo
divagato. Ormai ho l'esperienza giusta per sapere che, al momento
giusto, tutto ci tornerà utile. Stiamo seminando, tutto qua. È
venuta l'ora di tornare e siamo ripassati davanti a via Asiago e io
mi sono messo a cantare “Viva la Rai/Se sarai buono il tuo Mazinga
ti farai/Oppure no dipende dal funzionario Rai” perché la serata
romana mi rendeva molto felice. Abbiamo riguadagnato la macchina e
qui Daniela, che è una ragazza molto buona, si è trasformata nella
Strega del Mare. Ha ingranato la marcia e le sono venuti degli occhi
rossi inquietanti e le zanne mentre insultava tutto ciò che si
muoveva nel traffico, in particolare: una corriera, due spacciatori
ossigenati di passaggio e una suora ballerina tailandese. Ma il
massimo è stato quando ha polemizzato, gridandole “stronza
maledetta”, con la app di Google map che si era impallata. Lì ho
capito che siamo ad un livello preoccupante, ma soprattutto
disperato! Tutti! Le ho chiesto: Daniela ma qui a Roma fate sempre
così quando guidate? Lei ha sorriso. Ha infilato telefonando un
rettilineo sotterraneo a velocità suicida e, di colpo, ecco le
mitiche buche di Roma! Stavo parlando, per darmi un tono, mi sono
temperato la lingua come una matita ma soprattutto ho la zona
scrotale come avessi attaccato le 3 cime di Lavaredo senza sellino.
Lei mi ha lasciato al terminal di Tiburtina ed è ripartita con Ariel
rassegnata sul sedile di dietro gridando “Banzaiii!”.
Eccomi, sono incapsulato
nella corriera, si muove e per un attimo scorgo la vecchia sede del
Mucchio, quando era il giornale antagonista più affermato, andavamo
come treni, tutti ci venivano dietro e io ero scatenato. In questo
terminal ho lasciato tante attese, frammenti di me, sfinimenti,
gloria e irritazioni, malinconie sanguinanti sotto cento tramonti.
Non è che siano passati 20 anni a farmi paura, è che la vita resta
indietro e capisco che non l'ho capita, non ci ho capito niente.
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