Se c'è una cosa che ci
salva la vita è andare incontro all'estate con la Vespa. Adesso è
il tempo giusto, tra poco sarà tardi ed io comincerò a disperarmi
piano perché le sere già vengono prima. Non sai che fare, è tardi
per il mare, per immaginare una soluzione, così non resta che salire
senza meta e partire infilandosi nell'universo per spiarlo meglio,
come faceva Nanni Moretti. I viali che conosco a occhi chiusi. Il
gran traffico del mare. Guardiamo su i balconi, cercando di rubare i
segreti delle stanze. Quel vecchietto, sempre seduto sulla soglia,
conta le stesse macchine. È solo, ecco come si finisce poi, io
voglio morire prima di così. Quel posto ha chiuso, ma un altro nasce
al suo posto. Un'altra vita, tutta diversa. Su e giù per strade
automatiche, i soliti paesi, ma c'è quella luce, quell'aria che
annuncia estate, quella luce del pomeriggio estenuato, non cede
ancora alla tenebra, splende di pura gioia, rimbalza sui balconi, sui
marciapiedi, contro l'intrico boscoso delle piante, sugli zingari che
montano il luna-park, sopra il cartellone di un concerto, addosso al
ronzio di motorette che grondano gioventù stupida e sensuale. Di
colpo dico a mia moglie una cosa consumata, mille volte già detta:
ma sai che non ci sono più le canzoni! Le canzoni sirene, che
chiamano l'estate, non quegli aborti di adesso, la trap, il rap, quei
suoni liofilizzati senza senso. Le canzoni sirene, che disegnavano
sere innervando le attese, e dopo i sogni, e i risvegli, gli ultimi
giorni a scuola, accendevano l'immaginazione del mare incombente con
le sue false avventure. Le canzoni che battezzavano l'estate. Roba da
ragazzi, dici tu, ma intanto le canterellavano anche i genitori, Dio,
uscivano dalle autoradio, dalle finestre, dai giardini, era
un'aggressione d'amore e hai voglia a dire sciocche, commerciali. No.
Erano gioielli, diademi senza sbavature. Una ce n'era in un disco, e
non era l'antipasto, era il piatto forte. Non serviva a dire, ecco,
poi potrai goderti tutto il resto, era quello il resto, la carta
d'identità di un'età che cambiava. Tutto il disco ruotava intorno
ai quei tre, quattro minuti d'eternità. Questione di suono, di
vibrazioni: a rifarle, non venivano uguali, non c'è niente di peggio
di un rifacimento dell'autore stesso. Il ritratto di Dorian Gray alla
rovescia. Erano figlie del tempo, ne diventavano madri. Uscivano
tutte insieme, puntuali tra maggio e giugno, una sfida all'ultima
intuizione; e le chiamavano canzonette. Poi tutti non si sono bastati
più, le cose sempre più difficili, sempre più astruse, volevano
essere chiamati autori, compositori, poeti ed erano sovrani di noia,
irriconoscibili. Inascoltabili. Adesso non c'è più Disco per
l'Estate, Festivalbar, Cantagiro, perché non c'è più il tempo, non
c'è più l'estate. Perché un'estate senza canzoni non esiste. E non
esiste ed io con lei mi sento non esistere. Mi sento talmente lontano
da me, da farmi spavento. Già oggi ho portato a spasso mia madre ed
era un viale di rimpianti. Adesso m'inghiotte una impotenza e rotolo
nel vento. Vado con la Vespa e mi frullano tutte in testa, mi
trafiggono d'amore, mi esplodono in faccia centomila flashes,
m'inchiodano a quella maledetta malinconia, camicia di forza
dell'anima, quell'angoscia sottile ch'è mia, mi nutre e m'avvelena,
mi fa scrivere e piangere, che come loro non è mai invecchiata.
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