Notte da tregenda, la
cervicale che fa gli straordinari, i gatti che fanno i diavoli, e,
alle 5,45, con l'albachiara già splendida, suona il citofono: mi
affaccio, c'è una coppia, lei vestita strana, da festa, da
discoteca, ma non proprio, assurda per le sei di mattina. Due
tossici. Farfugliano una bugia e li mando via, non riescono a farmi
compassione i drogati, mi rompono i coglioni, ci ho sempre visto il
vittimismo della dannazione, non capisco che bisogno ci sia di
peggiorarsi la vita con tutto quello che c'è già di brutto al
mondo. Dopo due anni che 'sto posto di merda l'ho ripulito, ancora
vengono. Pensare che gli sbirri mi mentivano senza vergogna, ma no,
ma quale spaccio, a noi non ci risulta, tutto a posto, e certo,
davamo i numeri, qui c'era un supermercato della merda e i visionari
eravamo noi. Insomma li mando via ma non dormo più. Quando è ora mi
levo, un caffè ed esco, lungo il vialetto c'è un sole già estivo,
abbagliante, mi fa sudare e ho un deja-vu, mi ritrovo bambino quando,
stordito dalla luce, potevo sentire il mare che sta oltre, dietro la
ferrovia. Ma adesso sto salendo da mia madre, penso che bella fine si
fa, senza gloria, senza felicità, penso che dovrei essere
gratificato, in senso evangelico, tutte queste belle cose, i figli
che si curano della vecchia mamma, il libro cuore, Gesù che contento
prende nota, invece sono saturo, non ne posso più, non me ne frega
più un cazzo, faccio quello che faccio perché lo debbo fare. Poi al
portone trovo uno di una casa a fianco, un omone che è stato
sfortunato, il figlio travolto bambino da una macchina e da allora,
da anni, è un vegetale che si lamenta, ma lui lo adora di un amore
senza compromessi, quasi irragionevole. Sorride sempre, si è
abituato alla non vita del figlio che poi è anche la sua e mi
rivolge frasi che non usano più: come sta mamma? Tu lo sai che,
qualunque cosa, anche di notte, basta mi citofoni. Lo ringrazio,
faccio le scale, giro la chiave, pronta?, pastiglia, puntura,
andiamo? E non c'è altro. Di questa vita, non c'è altro. Delle occasioni perdute per non essere così, per non vivere così, non c'è altro. Non lo so
perché ma casco in un ripianto di mercato del sabato, di bancarelle
e verdura in terra, di un tempo dove il sabato era già festa e non
dovevo preoccuparmi di niente.
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