25 anni di iscrizione al mio Ordine professionale mi hanno fruttato una pergamenta scrausa e l'arroganza di chi non sa spiegarmi a cosa serve questa proiezione burocratica, almeno per me.
Voilà la pergamena con
cui hanno celebrato i miei 25 anni di mestiere. Fa pena. Fa schifo. È
squallida, un quarto di secolo a galoppare di qua e di là meritava
un minimo di decenza coreografica, non 'sta robaccia da lettiera per
gatti. Fa schifo perché mi è costata all'incirca 3000 euro sta
cartaccia, e per cosa? Rispondete, su, voi che martedì alla riunione
dell'Ordine urlacchiavate scandalizzati davanti alla mia
insofferenza, voi a dire che sparavo sul pianista. Forza, compagni: a
che mi è servito versare 120 euro ogni fine gennaio? Zero via zero,
lo sapete benissimo. Ma state lì, col vostro finto scandalizzarvi
dei corsi di formazione “che non sono a pagamento”, salvo
correggervi, “a parte per i primi tre o quattro mesi, cinque euro,
forse di più”. Forse un cazzo: ne chiedevate 10, e fino al 2015 la
solfa andava avanti, me ne ricordo benissimo perché, non intendendo
sottostare ad un ricatto così umiliante, mi concentravo su quelli on
line e i colleghi di altre regioni mi domandavano: ma come è
possibile, ma come si fa, da noi non succede. Eh, ma c'era da
sostenere l'ordine regionale, senza un euro in cassa; e glielo
dovevano dare gli straccioni sottoprecari a 3 euro al pezzo, quando
va bene. “Sì ma solo per tre o quattro mesi”. E poi le
millecinquecento euro l'anno per contributi in vista di una pensione
che non avremo mai. E poi tanti “fatevi dare nel culo”, buoni per
ogni evenienza. Tutta qui, la gloria di essere iscritti? E ancora
parlate? No, io mi sono rotto i coglioni di tutto questo declamare al
vento. E mi debbo anche sentir dire che due o tre euro per una pec,
la posta elettronica certificata, “non sono niente”, perché
altrimenti gli invii per raccomandata mi costano di più. Ma stiamo
scherzando o davvero siamo diventati matti? Non debbono costare a me,
Cristo d'un Dio. Non al prato basso delle migliaia già oltre il
limite di sottovivenza, perché è immorale pretendere anche un
centesimo in più ed è davvero squallido che a queste riunioni
patetiche nessuno si alzi a dirlo: tutti lì a fare la claque, ma per
chi? Tre euro di qua, due di là, poi viene il momento del “rinnovo”
della pec, gli eurini salgono, eccetera. Ci siamo passati, ci
passiamo tutti i giorni, non prendiamoci per il culo. Allora,
signorini: a che ci serve, questo fantsmagorico Ordine? A cosa, se
quando pongo problemi diversi, la concorrenza sleale, il dumping,
l'esercizio abusivo della professione, il vostro logorroico numero
uno mi risponde che loro “non hanno gli strumenti per intervenire”?
Se è così, allora: a casa, tutti, via. A fare qualcosa di più
utile, altro che questi corsi obbligatori che basta andarci per
capire la consistenza: corsi di sci con l'ex ministro Frattini (li
documentò Sergio Rizzo sul Corriere), corsi di varia umanità, in
cui ci si parla addosso, in cui spiegano sempre i soliti che sanno
niente, si discetta di eccellenze enogastronomiche, di emergenze
terremoto, se capita di “new media” dei quali non sapete un
cazzo, non sapete neppure chi controlla cosa, non sapete che i
colossi del web stanno fagocitando le fonti e le attività di
produzione delle notizie eccetera. Basta entrare, firmare, firmare,
uscire, ed ecco i crediti. E non basta, cari, cavarsela in corner
pleonastico, “c'è la legge, sono obbligatori per legge”. La
legge fu voluta dalla solita UE, e difatti basta il primo corso on
line per capire la ragione: sono corsi di indottrinamento, quando è
splendida l'Unione Europea, quanto è indispensabile, quanto è
giusta, quanto è interessante. Ma per favore. Per non parlare dei
corsi organizzati da esterni, ma patrocinati o comunque con l'avallo
dello spettabile Ordine, che arrivano a pretendere anche settanta,
cento euro per frequentarli; e sono, tanto per cambiare, non corsi di
formazione giornalistica, ma di indottrinamento politico e
ideologico. Questi hanno tutte le risposte, tranne che per le cose
che contano davvero. I giornalisti non sono medici o architetti o
avvocati, non hanno pazienti né clienti: hanno lettori, assimilare
questa categoria alle altre delle arti & mestieri è sbagliato.
C'è la legge? Beh, la legge è sbagliata, e le leggi sbagliate si
contestano, si mettono in discussione. Non si accettano solo perché
originano tutta una burocrazia a contorno.
Quanto costa agli ordini
questa carovana tuttora disertata da un terzo degli iscritti, i quali
non possono perdere neppure un giorno del loro forsennato inseguirsi
la coda? La verità è che più gli ultimi vengono trattati da
straccioni – pergamena canta – e più applaudono; plaudono
perfino quando qualcuno propone di tassarli, i corsi, “due tre
euro, non di più, per finanziare le borse di studio delle scuole di
giornalismo”. Applausi. I tagliati fuori, i bruciati che finanziano
le scuole di quelli che li rottameranno. Certo, il livello è questo,
specie in provincia, stupido io che ci perdo tempo: che possono fare
questi se non battere le mani come le foche le pinne? Per me non sono
neanche interlocutori, sono aspiranti che sperano di entrare in
chissà quale giro. Ma è il livello ad essere generalmente
mortificante, specie dai 40 anni in giù. Basta andare ad un Sanremo
per rendersene conto. Un livello abissale, incredibile, e pretendete
di sanarlo coi corsi ludici. Come ripulire l'oceano pacifico con una
fiala di cloro. Ripeto, scemo io che ho perso una mattina per 5
miserabili crediti e ho visto solo dei sommersi applaudire
entusiastici i salvati quando si sentivano dire che dovranno
sacrificarsi ancora un pochino per la causa comune. Ne ho tratto una
profonda impressione: non esiste più neanche il sospetto della
protesta, della decenza, del volere ribellarsi ad uno stato di cose
mortificante. Il '68 fu una colossale farsa collettiva, però quant'è
lontano, e il 2018 però è anche peggio. Molto peggio.
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