Errore mio. Entro in una
bottega e la garzona si lamenta di “questo inverno che quest'anno
non finisce mai”. Credo di trovare un'alleata, errore mio, e mi
metto a schiamazzare contro i ballisti del clima, contro il
riscaldamento globale che non c'è. Un cliente timidamente mi dà
ragione, “ma veramente anch'io nutro dei dubbi...” ma la garzona
mi guarda come le avessi pisciato sulla merce: ma come, ma cosa dice,
bisogna preoccuparsi il futuro dei nostri figli hanno dato la vita
hanno dato la vita hanno dato la vita. Errore mio, che non calcolo il
potere di condizionamento della fottuta televisione. No, guardi,
rispondo, non c'è nessun futuro in pericolo, c'è solo una grande
truffa nella quale siete caduti tutti. Ma quella è irremovibile,
ancora più scandalizzata, ma come? Allora a ottobre? Che c'era
ancora il sole? Grazie al cazzo, ottobre è primo autunno,
l'ottobrata, l'estate di san Martino, le ho inventate io? Allora a
gennaio? Che si andava in maniche corte? E non è vero, è
allucinata, perché io ricordo benissimo, e la cronaca mi soccorre,
che ho portato a casa mia madre dall'ospedale il 6 di novembre e si
crepava di freddo, c'erano cinque o sei gradi, proprio come oggi;
ricordo che la prima ondata di gelo è arrivata subito a inizio
dicembre, poi un'altra, poi a gennaio altra folata artica, nevicate
dappertutto, poi all'inizio di febbraio son partito per Sanremo e
nevicava a Milano e nevicava anche a Sanremo e da allora, salvo
qualche rado giorno di tregua - “ecco! Visto? Primavera in
anticipo! Allarme siccità! Si sciolgono i pinguini all'equatore!”
- è stato sempre Burian, solo Burian, e non smette. Oggi, primavera,
fuori pare Islanda; fra dieci giorni è aprile, non novembre, aprile
e con tutta probabilità non cambierà. Però tutto 'sto freddo non
c'è. Però il riscaldamento globale c'è. Allora cosa cazzo si
lamenta la garzona? Eh, ma che fai, non ti preoccupi? Preoccuparsi è
popolare, è di sinistra, se no sei qualunquista fascista trumpista.
Sempre tutti pronti a rompere il cazzo se fa un grado più del
solito, ma nessuno dice che siamo a dieci, dodici gradi sotto la
media stagionale, dodici, no uno. Nessuno dice che tra quattro giorni
cambia l'ora e sembra ancora dicembre e il risveglio naturale non c'è
mai stato. Piove da settimane, il
Paese è macerato ma giuraci che al primo giorno di solicello dopo
mezz'ora cominciano a rompere i coglioni con l'allarme siccità. Stiamo nella cappa del freddo da cinque mesi, questa è la
verità. “No ma io faceva caldo andavo in giro in maglietta”.
Errore mio: col popolino non si parla, non si discute, lasciamolo
fare ai cantanti in disarmo che ostentano populismo per vendere due
dischi. Però, da cronista, ascoltare il popolino rintronato dalla
televisione fellona è sempre istruttivo.
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