Sotto casa mia stanotte
hanno distrutto due piante ornamentali che avevamo piazzato per il
decoro della via e anche per scoraggiare i soliti che usano la nostra
abitazione come discarica. Qualcuno li ha visti, in tre o quattro,
verso le quattro del mattino, sicuramente usciti da un locale
notturno dei paraggi, sicuramente alterati, esaltati. La mattina
scendo e trovo queste due povere piante distrutte, vasi rovesciati, la
terra sparsa al suolo, una pianta sparita, gettata chissà dove,
l'altra capovolta, soffocata nel suo stesso terriccio. La cosa mi ha fatto effetto come me
lo fa vedere un animale torturato: le piante, esseri senzienti a loro
modo, sono le creature più inermi dell'universo, non possono neanche
muoversi, ma sembrano sorriderti mentre le guardi che respirano: che
senso ha avuto quella distruzione così vigliacca, così gratuita?
Anche in questo caso dobbiamo scomodare le solite categorie del
disagio, della miseria, della mancanza di opportunità, insomma “è
colpa nostra”? O magari è colpa loro, delle piantine, se la sono
cercata, belle come erano, nella loro prima gioiosa fioritura? Mi
sono sentito montare dentro una rabbia, per questa feccia
sconosciuta, così squallida, così miserabile. Chissà cosa credono
d'aver fatto. Mia moglie ne ha fatto una piccola malattia e la
capisco, si era occupata di tutto lei, le cresceva con un amore
infinito, ogni volta che uscivamo o rientravamo mi diceva: guarda,
hanno messo nuove foglie, nuove gemme, stanno arrivando i fiori.
Tutto spazzato via, tutto distrutto. Che trasgressione, che
ribellismo! Mi sarebbe tanto piaciuto beccarceli, ci ho visto la
degradazione del paese e di un Paese di merda, che non ha più rispetto per la tenerezza e la bontà, che non sa più avere cura di
niente e i suoi vandali li perdona, li vezzeggia, capisco benissimo
chi un bel giorno si stanca e comincia a fare le ronde, al diavolo i
progressisti vista Colosseo o Battistero e guardie armate che
disdegnano col ditino alzato, queste sono case di poveri, piante di
poveri, ma anche loro hanno diritto a vivere però.
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