Lo dicevo io che 'sta
vitaccia consuma. E così, tra un Sanremo e un reading teatrale, un
articolo e un intervento, ci ho dovuto infilare pure una
gastroscopia. Esperienza che mi auguro di non dover ripetere. “Lei
vuole l'anestesia totale? Molti la chiedono”. Ma no, che anestesia
totale, facciamolo e ce la leviamo. Alla fine mi hanno detto: lei è
stato bravo. E che dovevo fare, lì bloccato da 4 mani femminili e un tubo a scendere, se non subire? Bòn, per farla breve
ho ulcerazioni allo stomaco e all'esofago. Via di terapia
farmacologica immantinente. Come canta Mick Jagger, “è questo
demonio di vita che ti tiene in suo potere”. Tre anni fa, una
storia infinita dal dentista per rimettermi 10 denti, alla fine siamo
diventati amici, ero sempre là. Cominciai con un intervento
chirurgico, mea culpa, mea maxima culpa di Max che si tiene le cose
fino a che non ci crolla sotto, e il giubbotto di pelle tutto
chiazzato di sangue ce l'ho ancora: “Mai faticato tanto, mai visto
uscirne tanto, te ne avrò tolto 2 litri”. Queste cose non mi fanno
paura e le sopporto con una certa strampalata disinvoltura , altre no, mi spaventano, ma farmi macellare
per rimettermi in sesto mi va bene, anche perché di solito me le
cerco. Non sono mai stato uno che si cura, un salutista, ho ereditato
da mio padre una attitudine compulsiva autodistruttiva, la mia
fortuna è di essere capitato a fare il giornalista invece che il
chitarrista, altrimenti duravo poco. Già casco a pezzi così. Poi li
rimetto. Fin che si può. Adesso voglio portare un po' a spasso
questo reading teatrale, che è una cosa davvero carina, fatta bene,
emozionante (a giudicare dalle reazioni della prima sera), nella
quale rifluisce la vita spremuta, sprecata, assorbita, perduta.
Voglio dire che quello che scrivo, che leggo, è anche figlio di
quelle sedute dal dentista, di quegli allegri massacri che mi sono
cercato. Anche lo stomaco sottosopra me lo sono cercato, in parte,
col nervoso, le medicine buttate giù a caso (a cazzo), un modo di
vivere del tutto sconsigliabile; altre cose non dipendevano da me, e
ho potuto solo accettarle, sopportarle. Adesso vado avanti, spero
sulle tavole di un palco: ci ho ripreso gusto. Fin che si può.
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