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IL MARE SI FA D'INCHIOSTRO


Quest'anno l'inverno non finisce mai e non è un modo di dire, è davvero insostenibile per me. Già in questa stagione muoio (e morirò di questa stagione), ma c'è per l'occasione qualcosa di peggio, il sole, il mare, quel poco sollievo che la mia condizione mi dà, sono stati spezzati lo scorso 25 agosto quando mia madre ha avuto un ictus. Da quel momento siamo precipitati tutti in una zona grigia fatta di ospedali, di corsie, di letti, di emergenze, di scazzi, di isolamenti, di attese, e in un attimo era novembre. E le cose non sono migliorate di tanto, data la totale assistenza di cui lei bisogna. Adesso mi sento come se il mio inverno durasse già da 5 mesi, e invece non è neanche a metà. Fortuna che torno a Sanremo, perché lì una settimana passa come in una bolla e, quando rientro, è subito tempo del reading in teatro e a quel punto già riesco a scorgere, da lontano, marzo. E quando arriva marzo, è fatta. Non importa quanto freddo possa fare, quanto si faccia attendere primavera: l'importante è che marzo c'è, gli appartieni e la luce è diversa, e si protende, e sui rami le gemme, ed io le scruto con l'ingenuità irredenta di ogni volta e tutto il resto. Ma adesso sono ancora nel tempo che non scorre, nelle notti che calano di colpo. È difficile nei posti piccoli come questo, perché non si accendono di sera, perché tutto resta così buio e puoi vedere l'inverno come una coltre densa che ti avvolge mentre la penetri. Non succede niente. Il mare è in bianco e nero, si fa d'inchiostro, e è tutto. Porto a spasso mia madre, in macchina, ciò che non ha mai voluto fare prima, “ma adesso non ho più niente da fare in casa, non posso fare niente” e allora andiamo a caso e lei si diverte come una bambina, mi ringrazia di continuo, fosse anche solo una sosta a far benzina. L'unica cosa straziante è che non ricorda niente dei posti che incontra, e che l'hanno vista invecchiare. Non sa mai dove siamo, non si orienta più. Ed io parlo, parlo, ma a volte ho il sospetto di essere matto, a volte solo patetico. Parlo, come a tenere accesa quella fiammella di mente che subito si smorza. Poi vengono le sei, la riporto a casa, c'è una pillola da prendere. E questo è il mio inverno che non finisce mai. In un posto che mai sarà il mio, in una vita che non credevo finisse così. Un giorno, una mattina, uscirò fuori ascoltando l'aria che è sempre quella ma è cambiata, e qualcosa nelle mie fibre mi dirà che è un'altra stagione del mio tempo, non dare retta al calendario. E io mi illuderò per un attimo ancora che vale la pena vivere. Ma quanto ci vuole se il tempo non c'è più, quanto se la mia fuga in sogno non ha sbocchi?

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