Scocca il tempo a Natale,
hai visto che luci spente, hai visto, l'anno scorso quel negozio non
c'era, quello non c'è già più e mi gridava la schiena, quanti
Natali addosso, il doppio di quanti avrò, il peso di questa vita che
la spendi a buttarla, a sopravviverle stenti, dalle vetrine chiamano
posti atroci, beffardi, più lontani a Natale. Ogni Natale. Tagli.
Sono miraggi i giorni, cicatrici e rottami, te ne accorgi a Natale,
ogni volta è qualcosa che non puoi più aspettare, ogni anno
ingrigisce i riscatti mai avuti, un orgoglio archiviato, ti deprivi e
ti eviri, disimpari a sognare. David Bowie era saggio, lancinato dal
tempo che ti striscia, ti mangia, alla mia età s'è accorto che
contava le assenze, lapidi da sfiorare. Ci ha fatto un disco e dopo,
dopo un po' s'è ammalato. Più lui mi sento vicino che Il libro
contro la Morte, ah, Canetti, che cerchi, che ti resta da dire, tutti
quegli aforismi, così vani, pesanti. Ma io so che il tempo è un
vuoto, qualcosa che manca al punto che ciascuno ha il suo: e questa,
solo questa è la morte e non la puoi scambiare, non puoi fingere e
ridere e se lo fai sei un vigliacco. Fin che c'è vita, spera! Ma è
l'esatto contrario, vita che scorre è vita che si perde per sempre,
è rimpianto e imbarazzo e sto ancora pulendo ciò che resta di cose
ingombranti e cattive, tolgo spazio al superfluo, ospito nuove
illusioni: mi ripeto che il tempo, invecchiando migliora perché
ormai lo conosco, me lo scavo ogni istante: sono miserie pazze,
sgocciola ancora evapora sempre come bambino, cadono prima le sere,
scrosciano in fretta i Natali. Poi siamo saliti sul treno e c'era la
tristezza degli uomini che guardano da nessuna parte, nelle loro
giacche spente, nelle bottigliette sfiatate, perché il treno sa
essere il più spietato dei posti.
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