Pensa, dieci anni che non
sei e mi dimenticavo: troppo da correre dietro ai quasi vivi, padre mio, e
mi sfugge la tua assenza. Dieci anni e non credevo possibile
scordare. L'ultimo respiro che ti lascia pupazzo, l'ultimo battito
del polso in mano mia. Dieci anni, cento anni, un giorno. Certe
mancanze non passano. Pensa, io qui tutto uguale, uno schifo, la vecchia fatica più bianca, la solita disillusione che ti feriva: non so come, avevi più interesse
tu alla vita, forse perché ti lasciava, perdeva i pezzi di te.
Pensa, ancora qua a rimpiangere chissà cosa e perché, cosa non
siamo stati, non abbiamo avuto. Le occasioni buttate. Pensa che nel
frattempo tutto è peggiorato. Che ne ho pieni i coglioni, padre mio,
vorrei tanto sparirmi e sia finita, che il silenzio del buio abbia un
riscatto. Invece c'è ancora gente che mi aspetta, crede di vedere in
me cosa non sono. Pensa, che nausea scrivere, questo veleno che mi
nutre. Scrivere a chi non c'è mai stato, e i suoi ricordi spengono
con me.
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