Passa ai contenuti principali

SENZA GIORNO NE' NOTTE


Stamattina t'ho portata in cammino fino alla finestra, e oltre, nel sole estivo del tuo compleanno, di questa fine ottobre che pare fatta apposta per ristorarti, farti piangere di stanchezza e di sollievo sulla mia spalla che non capisce, non sa decidere se sia un momento meraviglioso o atroce. Ma io sono stanco, forse più di te. Mi sento addosso, forse più di te, le settimane senza respiro in una vita senza scampo, dove niente basta mai, dove l'apnea è condizione genetica, stasi esistenziale; è fatale. Sono stanco, non voglio continuare. Non voglio camminare io, e non voglio confessarmi. Non più. A nessuno mai più. E nessuno voglio raggiungere ormai, tutto mi pare estraneo, tutti sono al di là d'una lastra dove scivolano sguardi, compassioni, comprensioni; parole. Non c'è significato nel mio eroismo straccione e non c'è nella mia meschinità comune, non c'è gloria in questo resistere più di quanta non ne alberghi nella resa. Ho esaurito i perché, sono a secco di sogni, sperare mi irrita, disperarmi m'annoia. Sono arido. Isterilito. Spento. Sono qui che ti guardo e non provo niente. Mi guardo e non provo niente. Non c'è domani che mi aspetta, non c'è ricordo che mi scaldi, solo questo moto perpetuo nell'immobilità di una ipotesi, questo frullo di pensieri che muoiono in volo, sparati da una realtà di frantumi. Tutto è frantumi e sono stanco di camminarci sopra, di calpestare me stesso, questo sole che ogni giorno non sorge per me, non tramonta con me, questa notte che non serve perché non è parte di me.  

Commenti