Da vedere, cosa può
diventare un festival musicale ricavato da un tendone della
protezione civile dove è stata concepita la chiesa. Abbiamo
trasformato uno stage nella capanna di Betlemme (o viceversa?) e la
gente si è raccolta, s'è commossa, ha ballato, ha esultato con
Hiroshi, Amaury Cambuzat, Killing Cartisano, The Niro, Andrea
Franchi, Paolo Benvegnù, Il Parto Delle Nuvole Pesanti,
Radiodervish. Andavano, venivano. Mangiavano. Tornavano. Si
abbracciavano. Altre lacrime, non più quelle di un anno fa. È stata
una festa lunga una giornata e non poteva riuscire meglio, siamo
contenti, Simone Tardella ed io, perché è così che ce la eravamo
immaginata; forse nemmeno, forse è stata anche più bella. Quello
che non saprete, è che avevamo cominciato a pensarci appena finito
#ancheiosonosanginesio. Quello che non saprete, è la fatica gioiosa
di sempre, di Simone e mia. Quello che non saprete sono gli incontri,
le confidenze, le promesse con questi artisti amici, che mi fanno
sentire a casa quando li incontro, li conosco, li ritrovo: c'è una
intesa immediata, spesso ci si conosceva già a distanza, ci si
seguiva reciprocamente e questo porto di montagna che è San Ginesio
è il fisiologico approdo di traiettorie partite chissà quando.
Nella festa, però, una spina di pena. Nessuno tornava a esibirsi a
San Ginesio da prima del sisma; e, quando hanno constatato ciò che è
rimasto, tutti allo stesso modo ci son rimasti male (lo stesso era
successo a fine aprile, coi partecipanti al primo festival). Ho visto
nei loro occhi, nelle parole, una costernazione, un dolore vero. Ho
visto nei loro concerti un cuore speciale, figlio di quel dispiacere.
Vi ho rispettati ancora di più, perché anche voi eravate San
Ginesio. Non è colpa vostra, amici, se la sorpresa vi feriva, è che
da queste parti i cari colleghi (miei, non vostri), capitano poco; se
ci vengono, è per mettersi in posa, spararsi il selfie sulle rovine.
Tutta l'attenzione è implosa su Amatrice, ma neppure questo è
esatto, si è concentrata sul sindaco di Amatrice, ex uomo di
Alemanno, ora in pieno riciclo – e voglio vedere se non gli pioverà
addosso una candidatura sicura, per meriti acquisiti. È lo stesso
uomo-ovunque che mitraglia appelli, allarmi, dichiarazioni tonanti,
sempre all'insegna della più fumosa banalità, e che in occasione
della vergogna sul fotomontaggio di Anna Frank (una vergogna che, mio
malgrado, ho potuto soppesare da vicino, trovandola perfettamente
fisiologica), non ha avuto scrupolo di bofonchiare: aho, 'a curva nun
se tocca. E non c'erano dubbi. L'attenzione è andata tutta lì, al
massimo a Norcia, però l'amore è andato a San Ginesio. Amore umile,
sincero, convinto. Cosa porterà il futuro nessuno può dirlo, sta
scritto che l'uomo è beato proprio perché non lo conosce, però una
cosa si può dire: questo posto non s'è arreso, si è permesso di
esistere contro tutte le evidenze grazie a tanti amici che lo hanno
raggiunto per lasciarvi il loro talento. Questo posto ha vissuto di
musica, di amore vero in un anno. Nessuno dimenticherà quello che è
stato fatto qui, nessuno perderà neppure un volto, un suono, un
istante. Un abbraccio. Un saluto. Tutto fu versato per vivere, e va
serbato nell'anima come una riserva di coraggio. Qualsiasi cosa
succeda, saprete che questo è successo. Che in un anno la
disperazione definitiva si è tramutata nella festa proiettata. Non
eravate soli e non lo sarete, qualsiasi cosa accada. Troverete ancora
chi vi sosterrà, e se fra questi vorrete anche me, io non potrò che
ringraziarvi.
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