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LA ROMA DEI GIUSTI


Non mi pare proprio corretto, ovvero mi pare esemplare, il modo in cui chi benpensa rilegge i fatti di piazza Indipendenza, cioè il solito regime fascista impersonato dalla polizia a danno dei migranti vittime delle guerre e di ogni nefandezza occidentale; c'è pure l'improvvida frase dello sbirro cattivo, anche quella pronta per essere amputata da ogni contesto, che, nella fattispecie, era una pioggia di bombole, corpi contundenti sugli agenti, insomma il solito temporale metropolitano che dovrebbe vedere le divise ferme a fare da bersaglio fisso senza reagire. Non mi pare giusto tralasciare, come fosse un dettaglio di nessun peso, che questa gente stava da gran tempo in uno stabile perfettamente abusivo, con una foresta di bombole pronte ad esplodere, senza allacci regolari, in una polveriera destinata ad allargarsi ogni giorno di più e ad accogliere e confondere infiltrati dell'Isis; che aveva rifiutato, anche con arroganza, qualsiasi soluzione abitativa diversa; che avevano invaso il suolo pubblico trasformandolo in un bivacco infrequentabile. Sì, mi pare molto Christian Raimo, e quelli come lui che mettono via credenziali antagoniste da spendersi nei giornali e ai premietti letterari, ma non molto onesto, lo storyteller di Roma che non sa accogliere, dei migranti abbandonati dalle istituzioni, perché semplicemente non è così; perché piazza Indipendenza è il logico e inevitabile sbocco della politica di inclusione senza filtro; perché accogliere è umano, integrare utopistico, mantenere a vita assurdo (e comunque non è un dovere, come non lo è la ybris tutta italiana di salvare da sola l'Africa intera, quantomeno a parole). Quindi, non è decente rinfacciare al mondo il concretizzarsi dell'unica ricetta predicata da chi poi s'indigna: cecità, irresponsabilità, illegalità di massa. Non è proprio vero che i poveri migranti fossero disperati all'idea di dover lasciare il loro alloggio precario (e illegale): aizzati dai soliti burattinai, pretendevano altri alloggi nel centro della Capitale, e quindi sono scesi in guerriglia. A riprova che il modello Barcellona, “no turisti, sì profughi”, è contradditorio e letale. Non è decente, considerare le escandescenze dei migranti, o refugees, o come li si voglia chiamare, del tutto appropriate, giustificabili, anzi sacrosante, cioè estendere pure a loro il costume nazionale dell'illegalità di massa, si chiami occupazioni, abusivismo, insomma “fatto compiuto”. E qui casca l'asino. Perché, e anche su questo glissano i cari indignati a vita, anche dalla vacanza da dove non smettono di cinguettare furiosi, dietro queste masse di profughi ci sta la mafia dei centri sociali, ci stanno i boss delle occupazioni che mandano avanti quelli, se ne servono per mantenere tutti gli immobili abusivamente nel loro controllo, e pretendono anche il pizzo, oltre a tutta una serie di doveri accessori, e non direi proprio entro i confini delle legalità. Di tutto questo, dai Raimi, neanche una parola. Più facile, più a presa diretta gli slogan su Roma che non è più la loro città (la loro? Nel senso della proprietà? Invece una Roma fatta di bivacchi pericolosi e intransitabili, quella è abbastanza congeniale, è abbastanza “loro”?); che non sa accogliere, che manda i celerini a pestare con gli idranti. Tanto, se poi nella Babele okkupata si nasconde qualche ragazzotto con 500 litri di acetone per far saltare la “loro” Roma, o per falciarne a più non posso con le macchine impazzite, a loro sai che gli frega. Anzi, è un deciso passo avanti verso la dissoluzione non più procrastinabile del capitalismo.  

Commenti

  1. che questo sia il problema Massimo non ci sono dubbi. Ma ci fosse qualcuno, nemmeno tu,
    che proponga una soluzione concreta realistica.

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    1. Oh, no, io la soluzione l'ho indicata e come, e più volte: giro di vite. Certo che se non la accetti, se rifiuti la possibilità, è inutile parlarne.

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