C'è questo ragazzino,
che incontro ogni volta, dai lineamenti irregolari, deve abitarmi
vicino, ed è sempre così solo, così triste. Si vede che è triste,
si sente addirittura. Porta pantaloni alla moda dei giovani, col
cavallo basso, e porta scarpe alla moda, ma è sempre così isolato;
non l'ho mai visto in compagnia di qualcuno, mai visto qualcuno che
gli rivolgesse la parola ed ha lo sguardo di un animale ferito,
offeso. Vorrei fermarmi, parlargli, ma potrei essere come minimo suo
zio e non capirebbe: a volte quella che chiamiamo solidarietà è
solo una sgraziata intrusione, non sono io a poter colmare una
desolazione che forse non è neppure più disperazione, lui mi pare
uno che nel deserto c'è cresciuto e non conosce altra vita, altra
frequentazione che se stesso. Ha lo sguardo arreso, i lineamenti
irregolari, i brufoli, e nessuno si ferma con lui; sono sicuro che
anche a scuola è lo stesso. Lo vedo, estate e inverno, cambiare
indumenti, vestirsi come uno che va incontro al destino, e invece il
destino non esiste per lui, non c'è stato mai. Gli uomini sono
crudeli, razzisti, sempre, non c'è bisogno di guardar tanto lontano,
gli uomini ad ogni età sono spietati come animali ma loro lo sanno,
conoscono il peso del loro disprezzo ed io lo ho sempre constatato e
mi ha sempre attanagliato il difettoso, lo spelacchiato che rimaneva
indietro, chiuso nel suo bozzolo di silenzio. E se si sforzava di
sfondare quella gabbia d'isolamento era anche peggio, non gli veniva
perdonato, ma alla fine tutti si arrendevano, capivano, non
insistevano. Ha uno sguardo così triste questo ragazzo, sono così
anonimi i suoi passi, così impalpabili. È solo ovunque vada, il
mondo non si accorge di lui.
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