Avvertenze e modalità
d'uso: questo
non è uno scritto sullo ius soli ma sullo ius cazzi:
il mio, di sottoprecario a vita che ha fatto collezione di elogi
almeno quanto di mortificazioni e si è sempre vergognato di
rivendicare qualsiasi cosa e allo Stato ha dato tutto, ma dallo Stato
non ha avuto niente, ripeto: niente, ripeto meglio: NIENTE. Liberale
prima inconsapevole, poi sempre più convinto, la litania del “ci
deve pensare lo Stato” mi ha sempre fatto orrore e ho preferito
fare il passo secondo la gamba e se la gamba non ci arrivava io
rinunciavo. Ho rinunciato anche a formarmi una famiglia, a cercare un
figlio perché sapevo che sarebbe cresciuto in mezzo a troppe rinunce
e frustrazioni, per colpa mia. Adesso però sento, vedo moltitudini
scaricare qui i loro figli, anche quelli che non hanno ancora, e vedo
le sacre istituzioni incoraggiarli perché lo ius soli “è una
battaglia di civiltà”. Ma certo, lo facessero, non è un problema
per me, io la considero più che altro una falsa soluzione ad un
falso problema e cioè il pretesto per una sinistra che ha (perenne)
bisogno di ricompattarsi, in una strategia miope, di cortissimo
respiro, ma va bene così. Solo che sento, vedo moltitudini provenire
da continenti dove la natalità, a dispetto delle terribili
aspettative di vita, è comunque in progressione geometrica, anche
perché nessuno li fa riflettere. Irresponsabili per sconoscenza, non
però al punto da non imparare, appena sbarcati, la fatale litania:
adesso ci deve pensare qualcuno, ci deve pensare il mondo, ci deve
pensare lo Stato. A tanto vengono addestrati da istituzioni locali,
sovranazionali, perfino di quello Stato estero che si chiama Vaticano
e che di suo non pensa mai a niente ma pretende ci pensino tutti gli
altri (esattamente come fa l'Unione Europea). Per il solo fatto di
essere sbarcati si ha sempre ragione, solo diritti, non un'ombra di
dovere: già integrarsi è fatica che va risparmiata, se uno dà di
matto o di candelotto la colpa è di chi lo ospita. In aggiunta, mi
sento dire che se non posso sostenere l'andazzo, se non ci arrivo,
debbo vergognarmi in quanto xenofobo, razzista e responsabile delle
morti e degli affogamenti dei disperati, che sono colpa mia, non dei
regimi tribali e teocratici che rendono la vita impossibile, colpa
mia che, evidentemente, debbo avere nell'albero genealogico qualche
conquistador del 1600 (io però non ne trovo, discendo da rami
eternamente poveri). Un po' come nella solidarietà sociale del
gruppo pop Radiohead, che chiede 300 euro per un concerto di
beneficenza e se non ce li hai sei una merda. A questo
punto conveniva pure a me togliermi ogni remora e poi dire: ci deve
pensare lo Stato. Invece ho aspettato troppo, ho perso il turno,
tocca al mondo, cazzo voglio io, schifoso privilegiato? Ora,
l'anatema è chiaro, meno la soluzione per uscire dall'impasse: se è
vero che anche io, privilegiato col frigo perennemente vuoto, sono
vittima delle ingiustizie e delle disuguaglianze, che fare per
riprendermi ciò che mi spetta? Dovrei forse imbracciare il fucile e
darmi alla guerriglia, magari infarcita di pensierini giulebbosi alla
Che Guevara? Sospetto che, in quel caso, mi giungerebbe via telefono
la famosa epistola di papa Francesco ai centri sociali: vai avanti,
sono con te. Ma io non sono così e ho sempre fatto il passo secondo
la gamba. Pure, mi sento dire che l'80% di tasse reali che già pago,
da quest'anno anticipandole rispetto a crediti che forse non
riscuoterò mai, non bastano e dovrò pagarne di più per via dei
migrantes, anzi dei refugees, come usa dire oggi. Io, d'altra parte,
avendo avuto il privilegio di nascere qui, non posso refugeermi da
nessuna parte e per di più sono in fama di porco egoista: pazienza
se lo ius soli dilaterà ad impossibilia questo circolo sedicente
virtuoso, c'è sempre modo di trovarli i soldi, come diceva quella
giovane ricercatrice ricca, marxista, che “opera a Parigi” ed è
convinta che si debba aumentare le tasse. Per esempio, sappiamo
benissimo che l'iva nel 2018 aumenterà, altro che se aumenterà,
altrimenti l'Unione Europea non autorizzava il salvataggio di Stato
delle banche venete, eccetera.
Ci deve pensare il mondo,
ci deve pensare l'Europa, ci deve pensare l'Italia, (pro quota) ci
debbo pensare io. Che non ho mai potuto permettermi un contratto, una
certezza, un figlio. Ma io non voglio la telefonata di papa
Francesco, mi accontento di molto meno, per esempio perché le
istituzioni patriottiche, continentali e la stessa Chiesa non
combinano per sfoltire le procedure e soprattutto i costi di una
adozione internazionale? Oggi andare a prendere un figlio della
guerra costa tre o quattro anni di scartoffie e 50mila euro
dichiarati, ai quali si aggiungono le mazzette da versare a:
funzionari governativi, funzionari territoriali, funzionari europei,
funzionari del paese d'origine, preti (che in merito hanno sempre
l'ultima parola), operatori sociali, ong, vedi caso tutti quelli in
prima linea per lo ius soli. E così i figli della guerra là nascono
e subito là muoiono: lì lo ius soli non ci arriva, la corruzione
non ci arriva perché ce la mangiamo tutta per mantenere il mondo
qua, e quindi il problema è a suo modo risolto. Centomila solo in
Siria, e li curiamo con le foto su Twitter e le litanie spartachiste
di papa Bergoglio. Ahi ahi ahi, no ius soli no party.
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